Alberto Asor Rosa (1933-2022) e la cultura “macchiavellica” dei Gesuiti

 
 

Insieme a Natalino Sapegno e Carlo Salinari, il nome di Alberto Asor Rosa (1933-2022), da poco scomparso, fa parte della triade di storici della letteratura italiana su cui quasi tutti gli studenti superiori e universitari degli ultimi cinquant’anni si sono imbattuti. Dagli Anni Settanta in poi, è stato praticamente impossibile evitare i loro “profili” (Salinari), “compendi” (Sapegno) e “sintesi” (Asor Rosa) della letteratura italiana. Tutti e tre marxisti, anche se Asor Rosa “eterodosso” ed inquieto, sono state figure dell’egemonia della cultura di sinistra negli studi letterari.

Di Asor Rosa, in particolare, oltre alla Sintesi di storia della letteratura italiana (1972), è da apprezzare la raccolta Genus italicum. Saggi sulla identità letteraria italiana nel corso del tempo (1997) in cui si cimenta col tema dell’identità italiana attraverso gli scrittori che hanno fatto la letteratura italiana, da Boccaccio a Italo Calvino, da Guicciardini a Dino Campana. Molti dei tratti idiosincratici della cultura italiana trovano nella letteratura uno specchio rivelatore di sé stessi.

Più storico della cultura che filologo, nel decennio caldo degli Anni Settanta, Asor Rosa si è concentrato sul Seicento, secolo nodale che vede l’inizio del declino della cultura italiana nel contesto europeo. Paolo Sarpi e Galileo (entrambi appartenenti alla prima metà del Seicento) sono gli ultimi esponenti di una cultura italiana dal respiro cosmopolita: non è un caso che entrambe le figure esprimono un abbrivio culturale “religioso” ma non aderente ai canoni restrittivi del cattolicesimo del tempo. 

Il libro chiave di questo periodo e di questa attenzione è La cultura della Controriforma (1974) in cui Asor Rosa è attratto dai dispositivi ideologici e dalle pratiche egemoniche messe in campo dalla cultura cattolica per controllare, talvolta reprimere e comunque provare a dirigere la modernità emergente. Da buon gramsciano attento al tema dell’egemonia culturale, Asor Rosa studia le modalità dello spirito controriformistico, in modo particolare quello dei Gesuiti. 

Com’è noto, i Gesuiti erano nati come ordine nel Cinquecento (1534) per cercare di contrastare la diffusione della Riforma usando le stesse “armi” della Riforma: la cultura alta innestata su una spiritualità profonda. Ora, nel secolo successivo, i Gesuiti sono all’avanguardia nello spingere la cultura cattolica ad andare oltre lo spirito censorio e condannatore. Nella loro abilità di cercare strade nuove, fortemente legate al magistero e all’istituzione cattolica e al contempo segnate da creatività e apertura alla sperimentazione, i Gesuiti provano a trovare un punto di equilibrio tra la cultura religiosa d’impronta controriformistica e la tradizione rinascimentale “laica”. Non l’opposizione frontale, ma l’assorbimento avvolgente è il tratto del gesuitismo. Il risultato sperato è l’uscita dall’isolamento della cultura ecclesiastica rispetto alla modernità, nel tentativo di mantenere un ruolo egemonico per la chiesa cattolica all’interno della situazione mutata e in mutamento. In un certo senso, i Gesuiti sono più “macchiavellici” del laico Macchiavelli: più astuti, più spregiudicati, più furbi del “principe” della cultura italiana che pensava di emanciparsi dalla tutela del cattolicesimo. Come nel Cinquecento avevano imparato la lezione della Riforma per combatterla sul suo terreno, così nel Seicento hanno imparato la lezione del Principe per non retrocedere di fronte all’avanzata della modernità. 

Tutto ciò ha affascinato il gramsciano Asor Rosa, pure lui interprete di un’altra cultura dell’egemonia: quella marxista. In questa lotta per l’egemonia, i Gesuiti sono una “élite” del cattolicesimo che prova a non soccombere e a rilanciare l’aspirazione al primato spirituale e culturale della chiesa cattolica.

Asor Rosa non solo ha studiato i meccanismi dell’egemonia cattolica ad opera dei Gesuiti del Seicento, ma è stato interprete dell’egemonia di sinistra sulla cultura italiana. L’Italia è stata stretta tra queste due egemonie: cattolica e marxista, non sviluppando un tessuto plurale e veramente aperto e rimanendo semmai soffocata dalla morsa.