Dio ci guardi dal bla bla bla evangelico

 
 

Greta ha colpito ancora. Qualche settimana fa in visita a Milano aveva detto che gli impegni dei politici per affrontare la crisi ambientale erano “bla bla bla”: discorsi vuoti, parole inconcludenti. Qualche giorno fa a Glasgow, in occasione della conferenza Cop26, ha ripetuto la stessa cosa: la lunga kermesse scozzese è stata riempita di “bla bla bla”, relazioni pompose ma evanescenti, obbiettivi tanto generici da non essere stringenti. Ai suoi orecchi gli allarmi e gli appelli sul clima sono risultati un cacofonico ed inconsistente “bla bla bla”. 

Non nutro particolare simpatia per ciò che Greta rappresenta sui temi ambientali e non so se la sua valutazione negativa del dibattito sull’ecologia sia plausibile. Tuttavia, il suo modo di dire graffiante al limite dell’irriverenza mi ha fatto pensare al peso e alla concretezza delle parole spese nel linguaggio evangelico. Quante delle espressioni udite ai culti sono bla bla bla? Quante delle frasi ascoltate nei sermoni sono bla bla bla? Quanti dei nostri discorsi in generale sono bla bla bla? 

Il problema è antico e la sfida costante. Ad esempio, parafrasando con molta libertà il testo biblico, quando Pietro disse al Signore Gesù: “Se gli altri ti lasceranno, io non lo farò mai”, Gesù gli rispose: “Pietro, quello che hai detto è bla bla bla”. Pietro, infatti, lo avrebbe tradito, come gli altri. Quando il giovane ricco intavolò una seriosa conversazione col Signore sulla vita eterna, Gesù gli disse: “se non vendi tutto e mi segui, questo tuo interesse è  bla bla bla”. E, infatti, il giovane se ne andò perché non voleva mettere in discussione la sua vita. Al profeta Isaia, il Signore aveva detto che le preghiere delle persone religiose, per quanto pompose ma vuote di giustizia, erano per Lui un insopportabile bla bla bla (Isaia 1,15). Gli esempi biblici potrebbero essere moltiplicati. 

Il rischio del bla bla bla è sempre presente e la Bibbia sembra essere molta attenta nel segnalare il vuoto delle parole, il loro scollamento dalla realtà o la loro sterilità. Quando si acquisisce una certa dimestichezza con il gergo evangelico della preghiera, della testimonianza, dell’omiletica, si possono costruire frasi e modi di dire retoricamente ineccepibili e dalla parvenza spirituale. Ma, chiediamoci: quando sono intrecciati alla vita? Quanto concreti sono? Quanto sono riflessi nelle pratiche abituali? Quanto sono tradotti nel cammino ecclesiale? Quale impatto hanno sulla cultura? Quali riscontri hanno nelle nostre prove? 

Bisognerebbe sottoporre ad un test anti–bla bla bla anche la nostra testimonianza dell’evangelo a coloro che non sono credenti. È sempre bello e commovente quando una persona condivide l’evangelo con un amico o una collega. Ma cosa diciamo e come? Presentiamo un messaggio in un gergo del tutto incomprensibile o lo banalizziamo a tal punto da disperderne il colore e il sapore evangelico?

Pensiamo alla vita delle chiese. Di cosa si discute nelle assemblee dei membri o nelle conversazioni fraterne? Di progetti e prospettive della testimonianza, di problemi e di come affrontarli con l’aiuto di Dio, di iniziative concrete, rendicontabili, incrementabili, sperimentabili in vista di eventuali miglioramenti? O le chiacchierate sono piene di bla bla bla superficiali, secolarizzate, che non vengono da nessun luogo e non vanno da nessuna parte?

Che dire dei culti? Quale è lo spessore spirituale delle parole udite unito al loro riscontro nella vita di chi le dice e ai risultati prodotti? Spesso in un culto di due ore si sentono tante parole altisonanti, ma mai un riferimento ad un fatto accaduto nella settimana, a qualcosa di concreto, un dato di realtà. Potrebbe essere un culto celebrato a Palermo o ad Aosta, nel 1980 o nel 2021, ma non farebbe differenza. Il bla bla bla evangelico lo può rendere una bolla fluttuante senza agganci né riscontri. 

Che Greta abbia ragione nell’apostrofare i politici con: “state dicendo solo bla bla bla” è tutto da dimostrare. Che le nostre vite di fede abbiano in pancia tanti “bla bla bla” sembra essere un dato fattuale senza possibilità di essere smentito. Dunque, “non essere precipitoso nel parlare e il tuo cuore non si affretti a proferir parola davanti a Dio; perché Dio è in cielo e tu sei sulla terra; le tue parole siano dunque poche” (Ecclesiaste 5,2). Dio ci guardi dal bla bla bla evangelico e ci permetta di usare la lingua “con i fatti e in verità” (1 Giovanni 3,18).