Cattolicità calvinista, un ossimoro?
La cattolicità è una parola contesa e contendibile. La chiesa di Roma se ne è appropriata incorporandola nella definizione di sé: cattolicesimo romano. Per secoli essere “cattolico” è stato sinonimo di “cattolico romano”. Non più.
Solo per limitarsi alla pubblicistica anglosassone, nel 2017 è uscito un libro di K.J. Collins e J.L. Walls dal titolo programmatico: Roman but not Catholic che sosteneva l’idea che la chiesa romana era sì romana, ma non cattolica. In altre parole, la chiesa di Roma, proprio perché ingabbiata nella sua romanità, era diventata provinciale, si era localizzata perdendo la sua universalità cristiana e la sua pienezza biblica.
Negli stessi anni, si è iniziato a parlare di “cattolicità riformata” (M. Allen, S. Swain), “cattolicità battista” (M.Y. Emerson, C.W. Morgan, R. Lucas Stamps) e “cattolicità anglicana” (G. Bray). Tutti questi tentativi mostrano come la cattolicità sia una caratteristica della chiesa che è rivendicata trasversalmente da tutte le famiglie cristiane. La cattolicità viene associata ad un aggettivo che la qualifica a seconda del tratto che le si vuole riconoscere.
A questo coro di rivalutazioni della cattolicità, si aggiunge ora un’altra voce e una diversa sua declinazione: la “cattolicità calvinista” nel libro Catholic Calvinism, a Vision for Ministry. Essays in Honour of Ian Hamilton, ed. by P. Sanlon, Fearn, Christian Focus 2025. L’occasione è data dal desiderio di onorare il ministero pastorale di Ian Hamilton, pastore presbiteriano scozzese ora emerito e una delle figure più conosciuto del mondo riformato evangelicale della Gran Bretagna. Negli ultimi anni, Hamilton è molto coinvolto nell’insegnamento al Westminster Seminary UK, oltre ad animare iniziative come il colloquio riformato europeo di recente tenuto a Budapest.
Il libro raccoglie 15 saggi dedicati a Hamilton, ognuno dei quali sottolinea un aspetto della cattolicità calvinista che Hamilton ha interpretato nel suo lungo ministero pastorale. In modo particolare, nel suo contributo (pp. 89-104), lo studio del puritanesimo Joel Beeke evidenzia i tratti distintivi del calvinismo cattolico o della cattolicità calvinista.
Beeke inizia riconoscendo che, agli occhi di molti, la cattolicità calvinista è un ossimoro, una contraddizione di termini. L’esperienza che molti fanno a contatto coi calvinisti non è di uno spirito irenico e generoso (cattolico), ma al contrario polemico e divisivo (settario). Questa è talvolta una caricatura, in ogni caso confligge con la natura del calvinismo che è cattolico nel senso datogli da B.B. Warfield: “il senso della nullità umana nell’incontro con la gloria di Dio”. Questa visione di Dio, di sé e del mondo rende cattolici, cioè apre lo sguardo, allarga gli orizzonti, stempera le differenze secondarie.
Inoltre, secondo la Confessione di Westminster del 1647 (art. 26.1), “Tutti i santi, che sono uniti a Gesù Cristo, loro Capo, dal Suo Spirito e dalla fede, hanno comunione con Lui nelle Sue grazie, sofferenze, morte, risurrezione e gloria. Essendo, poi, strettamente uniti l'uno all'altro nell'amore, sono in comunione [nell'esercizio] dei loro rispettivi doni e grazie, come pure sono tenuti a compiere [tutti] quei doveri, pubblici e privati, che conducono [contribuiscono] al loro reciproco bene, sia nell'uomo interiore che in quello esteriore”. La Confessione di fede battista del 1689 dice in modo più sintetico: “Tutte le persone di ogni parte del mondo che professano la fede ... sono santi” (art. 26.1).
Questa è la cattolicità calvinista: l’abbraccio a “tutti i santi in ogni parte del mondo”. Non dice: solo i riformati, solo i battisti, i membri delle chiese calviniste, ecc. Le confessioni riformate dicono: “tutti i santi in ogni parte del mondo”. Per Beeke, la cattolicità calvinista rende capaci di confrontarsi con tutti i credenti con cui vi possono essere differenze su questioni secondarie, mantenendo l’afflato della fraternità e sororità in Cristo e il fuoco sul servizio per il Regno di Dio.
Infatti, l’ermeneutica teocentrica (la teologia dell’alleanza), la soteriologia teocentrica (le dottrine della grazia) e la dossologia teocentrica (il principio regolativo del culto) nutrono l’umiltà e sono al servizio della cattolicità evangelica piuttosto che strumenti di frettolosa separazione.
Non sempre i calvinisti sono stati all’altezza della loro vocazione. L’esortazione del puritano Jeremy Burroughs è valida anche oggi quando scrive: “trasforma lo zelo per le divisioni in zelo per il regno”. Per gli autori dei saggi del libro, il ministero di Ian Hamilton ha invece manifestato questo spirito calvinista cattolico, facendone un tratto distintivo del suo pastorato.