Chi sono i tuoi eroi? Gerolamo (331-420) ne aveva 135
Nel 420, milleseicento anni fa, moriva Gerolamo, il Padre della chiesa che tradusse la Bibbia in latino. Nativo della Dalmazia, condusse una vita da monaco in giro per l’Europa, concludendola a Betlemme dove si dedicò all’opera di traduzione dei testi biblici ebraici e greci che lo ha reso celebre. La sua traduzione fu soprannominata “vulgata” perché animata dal desiderio di rendere accessibile la Bibbia al popolo in una traduzione comprensibile. L’impatto di quest’opera sulla vita della chiesa latina è stato quindi notevolissimo, costituendo per lunghi secoli la fonte principale della predicazione, dell’evangelizzazione, della catechesi e della liturgia. Il Concilio di Trento (1545-1563) la elevò a traduzione “ufficiale” della Chiesa di Roma, l’unica autorizzata ad essere impiegata. Questa decisione fu usata come arma per contrastare la diffusione della Riforma protestante che, al contrario, aveva promosso la traduzione della Bibbia nelle lingue vernacolari, proprio per renderla accessibile al popolo. La tragica ironia fu che, dal XVI secolo in poi, la traduzione di Gerolamo (che era nata con l’obbiettivo di diffondere la Parola di Dio), fu usata ed abusata per ottenere l’effetto contrario.
Il centenario di Gerolamo è l’occasione non soltanto per ricordare il padre della “vulgata”, ma anche per famigliarizzarsi con un’altra sua opera: Gli uomini illustri (San Girolamo, Opere scelte, a cura di E. Camisani, Torino, Utet 1971, pp. 101-215). In questo scritto modellato su un’opera analoga dello scrittore romano Svetonio, Gerolamo descrive brevemente la vita di 135 uomini illustri dal tempo del Nuovo Testamento (Pietro, Giacomo, Matteo, …) fino a sé stesso, l’ultimo della serie in ordine cronologico. Il criterio di “selezione” è la distinzione e la fama acquisita dai personaggi scelti negli studi biblici e letterari. Questi uomini appartengono alla cultura ebraica, greca e latina, a testimonianza dei tre mondi culturali e linguistici abitati da Gerolamo e il carattere cosmopolita della sua cultura. L’opera è stata usata come una specie di impressionistico e schematico repertorio della storia della letteratura cristiana antica. Evidentemente, Gerolamo voleva sottolineare l’importanza della produzione letteraria cristiana e lanciare il messaggio che la cultura cristiana del tempo nulla aveva da invidiare a quella pagana precedente e contemporanea. In un certo senso, Gerolamo vuole perorare la causa della presentabilità del cristianesimo nel contesto del mondo greco-romano del suo tempo.
Le biografie più estese sono quelle di Paolo, Filone, Origene e (immodestamente) la sua. Gerolamo si considera un “uomo illustre”, rientrante ancora in vita nella storia già secolare di scrittori cristiani che hanno lasciato una traccia importante. Oltre al modello svetoniano, Gerolamo può avere avuto in mente anche il capitolo 11 della lettera agli Ebrei (che peraltro non attribuisce direttamente a Paolo, ma ai circoli paolini). In questo capitolo, la grande schiera di testimoni della fede è presentata come composta da donne e uomini che hanno lasciato un segno nella storia della salvezza. Proprio per questa ragione, sono anche “eroi” da cui trarre ispirazione nella corsa della vita cristiana. Nel pensare alla fede cristiana, Gerolamo la considerava una fede storica in grado di fare memoria del passato, una fede comunitaria in grado di valorizzare i contributi di tante persone nel campo letterario, una fede viva in cui identificarsi e a cui contribuire con i propri talenti.