Con Trump, la malattia dell’Europa appare ancor più grave
Ora che Trump è ri-diventato presidente degli USA e ha da subito mostrato i muscoli e ridisegnato la politica mondiale, cosa farà l’Europa? Bella domanda! Piaccia o non piaccia la direzione intrapresa, Trump è un treno in movimento che sa dove vuole andare. A confronto, l’Europa è come un’auto d’epoca ammaccata e ferma, a motore spento.
L’Europa appare essere vecchia, divisa e senza visione. Ha perso pezzi (vedi la Brexit), i suoi motori (Germania e Francia) attraversano gravi crisi politiche ed economiche, vive un inverno demografico strutturale e l’invecchiamento inesorabile della popolazione, si ritrova con una guerra ai suoi confini (Ucraina), è attraversata da rigurgiti nazionalisti che fanno riemergere fantasmi (antisemitismo, xenofobia, …) che sembravano essere stati esorcizzati e che invece sono vivi e vegeti. Il sogno europeo emerso dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale, ammesso e non concesso che sia mai esistito, è sfiorito. L’intero castello del modello sociale europeo pare vada verso la sua progressiva insostenibilità facendo affiorare tensioni e polarizzazioni che portano a tirare fuori dal cassetto slogan come “ognuno per sé” se non proprio il “tutti contro tutti”.
La presidenza Trump, in energica controtendenza rispetto alle politiche climatiste, internazionaliste, genderiste e globaliste, non può che rendere ancora più evidente la crisi europea.
Qual è il malessere europeo? Su questa domanda si sono cimentati molti, dai papi romani ai sociologi, opinionisti ed economisti di grido. All’indomani dell’inaugurazione della presidenza Trump, la rivista Evangelical Focus ha ospitato un interessante forum di leader evangelici europei sul tema.
Intorno al capezzale del malato Europa, ci sono tre sintomi che devono essere presi in considerazione.
1. Sui valori europei, l’Europa ha proceduto per sottrazione o per tradizione, ma non assimilando la sua base plurale che include il protestantesimo. I sottrazionisti (laicisti e secolaristi) hanno voluto escludere la religione dalla cultura europea; i tradizionalisti (cattolici e ortodossi) hanno voluto rivendicare la natura “cristiana” del continente. Lo scontro tra loro ha portato allo stordimento dell’Europa e alla situazione di stallo attuale. L’Europa è plurale, il che significa che le sue radici (comprese quelle evangeliche) devono essere tutte valorizzate. Nel conflitto tra sottrazionisti e tradizionalisti, il pensiero sociale evangelico europeo non è stato ben rappresentato nel dibattito, anche per colpa degli evangelici che non gli hanno dato voce in tutte le sedi possibili.
2. Sulla forma istituzionale dell’Europa, si è proceduto a strappi, in modo confuso e senza visione complessiva: prima il “mercato” europeo, poi la “comunità” europea, infine l’“unione” europea. Sono state tutte mezze scelte, senza architettura che tenesse insieme politica, difesa, economia e società. Il risultato è stato la crescita della burocrazia europea senza sciogliere il nodo dell’identità politica dell’Europa. Il modello che avrebbe potuto offrire una prospettiva (quello federale) non è stato mai veramente considerato, tanto meno implementato. Oggi l’Europa è un coacervo di cose senza futuro. La procrastinazione delle scelte di fondo oggi chiede il conto, lasciando in eredità un progetto incompiuto e, peggio ancora, bloccato.
3. I leader europei attuali appaiono di una statura piccola piccola, non all’altezza della situazione. Macron è un narcisista vuoto, senza visione d’insieme; la Germania vive una crisi profonda di leadership; la Meloni è troppo schiacciata sulla narrazione “nazionale” per averne una “europea”; la Von der Leyen è una amministratrice dell’esistente ma poco più. Altri leader non sono pervenuti. L’Europa ha una burocrazia elefantiaca (parlamento, commissione, consiglio, corti, ecc.), tante competenze ed eccellenze nei vari settori, ma non ha una leadership adeguata in grado di guardare al futuro indicando una strada in avanti.
Questi sono i tratti (tra gli altri) della malattia europea. Con la sua irruzione, Trump non ha fatto ammalare l’Europa, ma ha solo messo ancor più in evidenza la malattia esistente. Gli evangelici europei hanno un compito da svolgere che non può più essere rinviato: la cultura evangelica ha qualcosa da dire e testimoniare all’Europa sull’Europa per l’Europa? O è anch’essa parte della malattia che ha paralizzato l’Europa?