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Cosa c’entra Bavinck con un’ex-centrale termoelettrica?

Uno è un teologo olandese esponente del Neo-calvinismo e autore della Dogmatica riformata[1], l’altra è la centrale termoelettrica Montemartini a Roma che è stata riconvertita negli anni ’90 in secondo polo dei musei Capitolini. A primo acchito, sembrerebbe che i due soggetti non abbiamo molto da spartire. A parte un accavallamento cronologico, essendo Bavinck vissuto fino al 1921 e la centrale inaugurata nel 1913, cos’ha a che fare il primo con la seconda?

Per capire la loro connessione, bisogna andare a scavare nella prefazione dell’opera di Bavinck[2]. L’aspetto interessante di quest’ultima, lunga a malapena due pagine, ma fondamentale per capire l’assetto dell’intero scritto, è il proposito del teologo olandese di prestare maggiore attenzione agli insegnamenti del passato, non solo quelli strettamente collegati agli albori e sviluppi della sua confessione, ma anche quelli legati all’età patristica e medievale. L’intenzione bavinckiana di guardare al passato per scrivere una teologia per il suo presente (19-20esimo secolo) fu dettata dalla convinzione che l’era in cui stava operando non fosse “suscettibile del dogma cristiano”. Perciò, la soluzione per cessare di sentirsi “isolati e dimenticati”, in un periodo dove i pensieri teologici prodotti erano fondati sulla ragione, sull’etica o sul sentimento, anziché sulla fede nella Parola di Dio (la quale suscita una risposta intellettuale, emotiva ed etica), era quella di “sottolineare la comunione e solidarietà con le generazione passate”. In altre parole, Bavinck riteneva che il suo scritto non avrebbe avuto luogo se non tornando alla storia della chiesa e quindi ai tempi dove era esistita una più alta considerazione della scienza teologica. Senza l’abbraccio solidale dei testimoni del passato, Bavinck avrebbe sofferto il gelo dottrinale del suo presente e probabilmente la Dogmatica non avrebbe mai visto la luce del sole.

Così per l’ex-centrale Montemartini. Inaugurati nel 1913 e dismessi nel 1963, i suoi impianti termoelettrici sono rimasti “isolati e dimenticati” per più di trent’anni, fino al 1997, quando il Comune di Roma ha deciso di rinnovare gli ambienti e adibirli a museo. Anziché demolire e disfarsi dei macchinari, le strutture industriali installate agli albori del secolo scorso sono state valorizzate affiancandole con busti, statue e mosaici di epoca romana. Senza la presenza dell’archeologia romana, non esisterebbe la testimonianza dell’archeologia industriale. Le due entità, così dissimili tra loro, trovano un’armonia insolita negli spazi dell’ex-centrale. Mentre si passeggia tra le sale del polo museale, si può decidere se concentrarsi ora sulla remota antichità ora sulla trascorsa modernità, senza però riuscire a disgiungere i due elementi. In questi ambienti, l’antico non è solo concettualmente ma anche visibilmente in relazione con il moderno e viceversa.  

In un certo senso, Dogmatica ed ex-centrale, oggi non esisterebbero se non ci fosse stata un’attenzione al passato. Un passato che però, in entrambi i casi, è stato studiato, valutato e ripreso criticamente. I reperti della Roma antica sono stati scelti e selezionati tentando di contestualizzarli con l’ambientazione industriale, quindi moderna. E così per gli insegnamenti della chiesa: mentre da una parte, sono letti attraverso le lenti della Parola, dall’altra dovrebbero essere ripresi e contestualizzati tenendo conto “dell’impronta del tempo” presente.

Perciò Bavinck sottolinea che la teologia non vive di ciò che “era considerato vero e valido” ma di ciò “che rimane vero e valido”. Se da un lato i tempi cambiano così come le questioni in ballo, dall’altro, il Signore e la sua Parola mai (Gc 1,17; Eb 13,8). Lungi dall’essere nostalgici, l’invito è di “essere radicati nel passato ma impegnarsi per il futuro” perché il nostro Dio non ha cessato di parlare per mezzo della sua Parola eterna, ma continua a farlo oggi “tanto seriamente e ad alta voce quanto con le generazioni passate”.

Siamo quindi spronati a stare in ascolto del nostro passato in quanto costitutivo del nostro presente. Mentre manteniamo la centralità della Parola, siamo in comunione con i santi e viviamo nell’“elettrizzante” attualità, ricordiamo di dare “spazio” agli insegnamenti dei nostri avi nella fede (Eb 12,1), per comprendere maggiormente le dottrine in cui crediamo, trovare solidarietà nel presente e sostegno in vista del futuro.    

[1] Il secondo volume è stato tradotto in italiano: Herman Bavinck, La dottrina di Dio e della creazione, Caltanissetta, Alfa & Omega 2018.

[2] Herman Bavinck, «"Foreword to the First Edition (Volume 1) of the Gereformeerde Dogmatiek», trad. da John Bolt, Calvin Theological Journal, 45 (2010) pp. 9–10.


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