Discepolato per giovani “Iron man” (II). Evitiamo la giovanilizzazione della chiesa
Mark O’Connell, autore del premiato To Be a Machine, sintetizza così la visione post-umana: sradicare l'invecchiamento come causa di morte; usare la tecnologia per aumentare i nostri corpi e le nostre menti; fonderci con le macchine per conformarci ad immagine dei nostri ideali superiori. Nelle parole di un adolescente, questo significa essere un “Iron Man”.
Abbiamo visto in precedenza che la riflessione evangelica sul tema dell’IA e del post-umanesimo, se pur agli esordi, riconosce l’importanza di affrontare la sfida tenendo insieme le convinzioni dottrinali con pratiche di vita coerenti, la fede e le opere. In questa cornice biblica si possono abbozzare proposte di discepolato che incoraggiano le responsabilità dei genitori e della chiesa locale in uno sforzo congiunto e integrato?
Partiamo dalle prime: le convinzioni dottrinali. Certamente se questo è il contesto culturale nel quale le famiglie e le chiese evangeliche sono chiamate oggi a svolgere il loro compito educativo e ministero pastorale, tale contesto va ascoltato e compreso con empatia affinché possa esserci una risposta apologetica e pastorale rilevante. Ma la sua rilevanza sarà pari alla solidità e alla profondità biblica con cui sarà affrontato. Se si vogliono accompagnare i giovani in un cammino di fede e discepolato maturo, si avrà a cuore di fornire loro gli strumenti per un ascolto consapevole della cultura tecnocratica e postumana che li circonda e che li influenza, radicando al tempo stesso la loro identità personale nelle dottrine fondanti del cristianesimo e nella storia della chiesa.
Facciamo alcuni esempi. I giovani, in modi diversi, potrebbero essere coinvolti nella preparazione e conduzione di incontri sulle principali dottrine bibliche (creazione, peccato, incarnazione, redenzione, nuova creazione) aiutandoli a far interagire queste dottrine con le questioni pratiche che il post-umanesimo pone loro, servendosi di libri a nostra disposizione come Fede consapevole di Alain Nisus (Torino, La Casa della Bibbia, 2018) o 2084 di J.C. Lennox (Roma, ADI Media 2021). Allo stesso modo la conoscenza della storia della chiesa è una risorsa di fondamentale importanza per la formazione dei giovani; in particolare ripercorrendo la storia delle eresie, essi riconosceranno come molte delle questioni contemporanee in gioco siano già state affrontate in passato dal popolo di Dio che ci ha lasciato strumenti per riconoscerle di nuovo nelle loro vesti contemporanee (abbiamo già accennato all’idea proposta da De Chirico del transumanesimo come una forma di gnosticismo tecnologico). Altro strumento utile a questo proposito può essere il libro di Tony Lane, Compendio del pensiero cristiano (Formigine, VdB 1994) per adattare un percorso storico in base all’età.
La critica dirà che tali cose non sono adatte ai giovani, che abbiamo bisogno di attrarli con altro a Gesù e poi verrà il resto. Nel presentare la crisi di una fede giovanilistica nel contesto americano, Bergler (From Here to Maturity, Grand Rapids, Eerdmans 2014) mostra come molto spesso anche coloro che danno valore alla crescita spirituale vedono però la dottrina o la teologia come “nemiche dell'autentica spiritualità" e da adulti si ritrovano "bloccati in una versione cristianizzata di narcisismo adolescenziale”, quella che lui definisce la “giovanilizzazione della chiesa”, uno stato di perenne adolescenza. Se i giovani non sanno articolare la propria fede ci saranno conseguenze drammatiche sul futuro della chiesa “matura”. Uno scenario simile è osservabile anche in Europa, ponendo la chiesa di fronte alla responsabilità di investire nella propria maturità proprio partendo dai più giovani, che esigono da noi adulti di essere considerati più che semplici consumatori di divertimento.
Proviamo a fare qualche esempio concreto. Una delle prime ed essenziali preoccupazioni che il post-umanesimo esprime è quella della morte e della sofferenza: “Devi rifiutarti di morire!” afferma. Yubal Harari nel suo libro Homo Deus fa eco a queste parole affermando che gli esseri umani muoiono sempre a causa di qualche inconveniente tecnico, perciò, è di una soluzione tecnica che hanno bisogno e non di attendere la Seconda Venuta di Cristo. Come potrà questa giovane generazione di credenti rispondere alle questioni morali ed etiche che il post-umanesimo propone loro se non avremo scardinato l’avversione nei confronti della teologia e non li avremo aiutati a porre delle solide basi bibliche e storiche per una fede autentica, attenta e matura?
Dall’indagine UNICEF del 2020 emerge che i giovani ritengono gli esseri umani imperfetti e suscettibili di razzismo, ma affermano invece che l'uso dell’IA potrebbe favorire attitudini umane più positive. Un simile sentimento di ottimismo salvifico emerge anche dal report delle Nazioni Unite del 2022: se lo spreco alimentare è ritenuto un crimine nei confronti dei più poveri, gli avanzamenti tecnologici sono ritenuti in grado di risolvere queste lacune della nostra società. È evidente ancora una volta che senza una profonda comprensione della dottrina dell’uomo e del peccato e senza la consapevolezza delle idolatrie che hanno caratterizzato la storia biblica e umana, non saranno in grado di vedere l’impossibilità dell’IA ti affrontare il cuore della debolezza umana e rispondervi con l’Evangelo di Cristo. Come può un essere umano debole, perché corrotto dal peccato, costruire uno strumento tecnologico a sua immagine che sia privo di tale debolezza?
Perciò bisogna famiglie e chiese locali devono investire nella costruzione di una visione del mondo biblica fin da giovanissimi. Solo così non si correrà il rischio di separare ciò che si crede dalle pratiche che ne conseguono. Ma quali sono le pratiche che contraddistinguono la vita dei discepoli e della chiesa in contrapposizione alle pratiche postumane già piuttosto pervasive?
(continua…)
Della stessa serie:
“Discepolato per giovani “Iron man” (I). Per l’IA ci vogliono dottrina e disciplina” (7/11/2023)