Europa tra oggi e domani (I). I tre shock che hanno cambiato il continente
Un continente sotto shock, anzi sotto tre shock. Così appare l’Europa dopo che, nel giro di due anni, ha visto susseguirsi uno dopo l’altro dei colpi pesanti che ne hanno scosso la routine. Su questi tre shock e sul loro impatto immediato e a lungo termine si è soffermata la decima edizione del “Forum sullo stato dell’Europa” tenuto a Parigi (6-7 maggio).
Il primo shock ha riguardato la Brexit nel 2020. E’ stata la prima volta che un Paese dell’Unione Europea sia uscito dall’Unione. I trattati prevedevano ovviamente la possibilità di fuoriuscita, ma nessuno avrebbe mai potuto prevedere che la maggioranza dei cittadini di un Paese membro decidesse di disunirsi dagli altri. L’Europa era nata e si era sviluppata con un racconto di sé stessa paragonabile ad un “destino” inesorabile volto solo ad allargarsi, ma non a ridursi. Lo schiaffo della Brexit ha mostrato la vulnerabilità del progetto europeo ed il suo essere soggetto alle dinamiche della storia che procedono per saliscendi. Vero è che la Gran Bretagna ha partecipato all’Unione con mal di pancia continui, ma la Brexit è stata una “rottura” inaspettata. Uno shock, appunto.
Ancora lo scossone della Brexit era in corso, quando l’Europa è stata colpita da un altro shock: quello del covid. Nel giro di pochi giorni e settimane a partire dal febbraio 2020, il continente intero è entrato in lock-down, gli ospedali si sono riempiti di malati, molti sono morti, le città si sono come assopite. La vita non è stata più la stessa. L’affidabilità del welfare europeo, fiore all’occhiello della comprensione che gli europei hanno di sé, è stata messa a dura prova. Gli standard di vita europei sono apparsi come fragili e precari. Le prospettive di vita hanno cessato di essere dirette verso la crescita, lo sviluppo e l’aumento della ricchezza e si sono invece assestate su scenari recessivi e generatori di debito. Il covid ha mostrato un continente debole, pauroso, attraversato da ansie difficili da trattare.
Come se non bastasse, dopo la Brexit e il covid, è arrivato il terzo shock: la guerra in Ucraina. Vero è che dopo la seconda guerra mondiale ci sono state guerre nei Balcani negli Anni novanta, ma sono state percepite come guerre regionali più che continentali. La guerra in Ucraina, invece, vede coinvolta la Russia, confine rischioso d’Europa e prossimo temuto dell’Europa, e si svolge nel cuore dell’Europa. Vecchi fantasmi mai esorcizzati sono riemersi. E’ stata evocata la “terza guerra mondiale”, la bomba atomica. La guerra ha generato milioni di sfollati e porterà il continente in recessione. L’Europa aveva pensato di reagire alla pandemia con il rilancio e la resilienza del PNRR, ma la guerra ha eroso i benefici del Piano miliardario e, anzi, rischia di far implodere la sostenibilità dell’economia e della società.
Uno, due, tre shock. Dal 2020 a oggi, l’Europa non è più quella che era e non sarà quella che si era pensato che sarebbe diventata. Frastornata da questi colpi, l’Europa barcolla. Cresce lo scetticismo e il pessimismo europeo. Si fanno strada letture rassegnate e disfattiste. Aumentano le spinte nazionaliste e localiste piuttosto che le progettualità comuni. I tre colpi hanno messo in evidenza come l’incompiuta costruzione europea sia a rischio di sopravvivenza. Come un pugile colpito da tre ganci, l’Europa rimane in piedi ma con le gambe piegate. Riuscirà a riprendere una postura dritta? Sarà in grado di rilanciare una prospettiva che non sia solo regressiva ed introversa?
Nella gestione degli shock, quale ruolo hanno le comunità di fede? Ed in particolare: quale responsabilità hanno gli evangelici europei? Hanno una parola di verità, di speranza, di progettualità? Sono risucchiati nell’ansia prevalente o sono portatori di una “notizia” buona per l’Europa?
(continua)