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Evangelici contro il razzismo (III). "Nessuna discriminazione razziale nei diritti" (Chicago 1986)

Dopo Berlino (“Una sola razza”, 1966) e Losanna (“Senza distinzioni di razza”, 1974), è venuto il momento di analizzare un altro documento evangelico contemporaneo che condanna il razzismo: la “Dichiarazione di Chicago sull’etica biblica” (1986) che tocca il tema del razzismo come possibile criterio di discriminazione dei diritti umani 

Quella del 1986 è la terza dichiarazione che, tra la fine degli Anni Settanta e la seconda metà degli Anni Ottanta, è stata elaborata nel corso di altrettanti congressi internazionali appositamente convocati e tenuti nella città di Chicago. La Dichiarazione del 1978 ("Dichiarazione di Chicago sull'inerranza biblica", Dichiarazioni evangeliche I, pp. 132-145), ha inteso consolidare una teologia evangelica della Scrittura all’insegna dell’indissolubile legame tra Gesù Cristo e la Scrittura nell’ottica dell’inerranza (veridicità) del testo biblico. Quella del 1982 sull’interpretazione della Scrittura ("Dichiarazione di Chicago sull'ermeneutica biblica", Dichiarazioni evangeliche I, pp. 177-182) ha voluto sottolineare l’importanza di un’ermeneutica evangelica all’insegna del principio dell’analogia della fede. Quella del 1986 (“Dichiarazione di Chicago sull’etica biblica”, Dichiarazioni evangeliche I, pp. 316-338) ha inteso suggerire piste per un’ubbidienza evangelica alla Scrittura nel contesto delle questioni etiche, sociali e politiche del nostro tempo. 

La trilogia di Chicago ha avuto un suo movimento teologico interessante: al riconoscimento dello statuto ispirato e inerrante della Bibbia, è seguita l’indicazione di una sana e corretta interpretazione della Scrittura, che è sfociata nell’applicazione dell’insegnamento biblico negli svariati campi della vita. Si potrebbe dire che Chicago ci ricorda che senza una teologia della Scrittura non si può pensare alla sua messa in pratica e, viceversa, senza l’applicazione, la riflessione teologica (anche la più rispettosa dell’autorità biblica a parole) rimane sterile e, in fondo, inutile. 

Dopo aver collocato l’etica nella rubrica della vita cristiana che confessa il Dio uno e trino della Scrittura, il messaggio della salvezza in Cristo soltanto e la fiducia nell’opera dello Spirito Santo, la “Dichiarazione di Chicago” disegna il profilo dell’etica biblica su temi quali il carattere santo della vita umana, la centralità del matrimonio e della famiglia, il vissuto della sessualità umana, il riconoscimento del ruolo e dei limiti dello Stato, i criteri della giustizia, del lavoro, dell’economia e della cura dell’ambiente. Tra questi ambiti sociali su cui l’etica biblica deve esprimersi ed impegnarsi, c’è una sezione intitolata “Discriminazioni e diritti umani”. 

Dopo aver ribadito che “Dio ha creato l’uomo e la donna a sua immagine e ha concesso a ogni essere umano dei diritti fondamentali che devono essere salvaguardati, mantenuti e promossi”, ecco il punto in cui si citano le discriminazioni razziali:

La denuncia è contro l’uso strumentale (o l’abuso) delle differenze anagrafiche, di salute, economiche, di provenienza, di religione e altre che vengono trasformate in “criteri di discriminazione” nel godimento dei diritti umani. I diritti sono inalienabili perché iscritti nell’essere creature di Dio a Sua immagine e somiglianza. Essi non possono essere oggetto di privazione o di impedimento a causa delle differenze (qualunque esse siano) presenti nell’umanità. Pensare a legislazioni penalizzanti per un gruppo rispetto ad altri, o a trattamenti di sfavore, o a vere e proprie discriminazioni basate sulla razza è contrario all’etica biblica. L’evangelo impone di impegnarsi per rispettare l’uguaglianza di ogni persona davanti alla legge in quanto creatura di Dio e vincola i credenti in Gesù Cristo a farsi promotori della giustizia in modo che nella società e nella chiesa non vi siano discriminazioni basate sul colore della pelle o sulla provenienza etnica. 

(continua)


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