Un “padre” dell’evangelismo spagnolo. A dieci anni dalla scomparsa di José Grau (1931-2014)

 
 

“Battista spagnolo, occhiali spessi, sorriso affabile, bonarietà contagiosa”. Così Marco Brunacci lo descrive nell’articolo “José Grau: la chiesa annuncia il regno di Dio che viene” (Idea IV, n. 1, 1979, p. 5), all’indomani della sua partecipazione ad un convegno a Poggio Ubertini. A dieci anni dalla scomparsa, anche in Italia è utile ricordare la vita e l’opera di José Grau (1931-2014), il massimo teologo evangelico spagnolo del XX secolo. Autore, editore e animatore della scena teologica spagnola del Secondo Dopoguerra, Grau è oggi riconosciuto come un “padre” da un’intera generazione di pastori, autori e personalità dell’evangelismo spagnolo. 

Il suo maggiore contributo è stato quello di introdurre in Spagna il pensiero evangelico-riformato. Attraverso un’instancabile opera pubblicistica, Grau ha non solo tradotto, ma ancor più contestualizzato per il mondo spagnolo la teologia riformata e contribuito in modo originale su temi quali la teologia biblica, la teologia storica e l’apologetica. Le sue opere principali sono i due volumi sul cattolicesimo (scritta quando aveva 30 anni e ancora oggi un’opera di storia del dogma che non ha pari nella pubblicistica evangelica mondiale) e sul fondamento apostolico, un libro sull’autorità della Scrittura quale vero metro di misura del messaggio apostolico. 

Oltre ai libri sul cattolicesimo, il contributo di Grau fu anche di pubblicare negli Anni Settanta un commentario all’Apocalisse e al profeta Daniele. In queste opere, per la prima volta in spagnolo, si suggeriva una visione escatologica non dispensazionalista. Per questa ragione, fu anche criticato aspramente: alcuni lo definirono un “agente dell’anticristo”. Questi libri furono tuttavia provvidenziali per un’intera generazione di giovani che crebbe avendo strumenti diversi rispetto a quelli dispensazionalisti soltanto. 

Negli Anni 60-70 Grau tradusse e pubblicò molti libri che circolarono anche in Italia: Francis Schaeffer, Martyn Lloyd-Jones, Hans Burki, Leon Morris, Ernest Kevan. Alla traduzione faceva precedere un’introduzione che contestualizzava il discorso all’ambiente spagnolo. Dopo la traduzione, tramite la sua attività di pubblicista ed insegnante, questi libri avevano un prolungamento in una voce spagnola nella vita delle chiese. In Italia, al contrario, questi libri furono tradotti sì, ma non veramente assimilati. Mancò una figura che rappresentasse teologicamente la voce evangelica riformata e che fosse pronto a pagare il prezzo della controversia. Gli ambienti ecclesiali e studenteschi che lessero questi libri li accantonarono ben presto senza averli veramente capiti.

Commentatore biblico, teologo appassionato soprattutto della teologia della creazione e del regno, fine polemista e critico culturale (che spaziava da temi quali la politica, il cinema, la sociologia), Grau ha aiutato il mondo spagnolo ad aprirsi all’evangelismo mondiale (partecipando a Losanna 1974 e come referente di molte iniziative internazionali) e a superare la sindrome del neo-fondamentalismo che era l’orientamento principale. Oggi riconoscono il debito a Grau i principali protagonisti dell’evangelismo spagnolo, dall’Alleanza Evangelica Spagnola, all’editoria, dalla formazione teologica ai dirigenti delle chiese e delle opere. Se il mondo evangelico spagnolo è complessivamente più avanti rispetto a quello italiano di una decina d’anni, lo si deve anche all’influenza di Grau sull’attuale leadership evangelica spagnola iniziata negli Anni Settanta. 

Mentre l’eredità di Grau è sicuramente visibile nell’editoria spagnola, un suo lato debole è di non aver incoraggiato la costituzione di un centro di formazione teologica all’altezza. Pur essendo un erudito dalla cultura enciclopedica, Grau non era un accademico e questo ha impedito di imbastire progetti accademici di alto profilo. Inoltre, il mondo riformato spagnolo, pur conoscendo collaborazioni importanti tra singoli pastori o gruppi e avendo chiese locali sparse su tutto il territorio, non ha una rete ecclesiale forte in grado di rafforzare la testimonianza complessiva. Grau è sempre stato coinvolto nella chiesa locale, ma il suo non essere pastore ne ha forse limitato l’influenza in questo campo. 

Come si è detto all’inizio, Grau visitò anche l’Italia. Nel 1979 fu l’oratore principale ad un convegno a Poggio Ubertini sul regno di Dio. Nel succitato articolo di Idea, ad una domanda sul nucleo essenziale del messaggio del regno, Grau rispose così: “questo è l’essenziale: che il Signore venga riconosciuto come Signore dal suo popolo. In pratica vuol dire che il Signore deve essere riconosciuto come Signore della totalità dell’esistenza e non solo dell’anima. Questo si comprende studiando il Regno che viene e la sua dimensione universale”. Amen.