Fanino Fanini (1520-1550), martire evangelico a Ferrara
Nel ringraziare per la splendida opportunità di partecipare a questa giornata memorabile per la città di Ferrara, per le chiese evangeliche e per tutte le persone che hanno a cuore la cultura della libertà, voglio soffermarmi su tre parole che sono descrittive dell’eredità che Fanini ha lasciato, pur senza aver scritto libri, e lascia a tutti noi. Sono tre voci che una figura apparentemente minore porta in dote al patrimonio di una cultura e di una comunità religiosa e civile.
Laico. Fanini era un credente, ma non era un prete. Si sentiva investito di una missionarietà dell’annuncio senza essere un ecclesiastico. In altre parole era un laico, appartenente non alla casta dei sacerdoti, ma alla massa dei cosiddetti semplici cristiani. Non era un cristiano passivo, ma come deve essere per chi crede, un uomo rinato a vita nuova.
Fanini bene interpreta una delle istanze centrali della Riforma protestante: quella della riscoperta del sacerdozio universale dei credenti. Cioè: tutti i cristiani, indipendentemente da genere, etnia, provenienza, ordini ricevuti o non ricevuti, sono sacerdoti. Sono autorizzati, legittimati, incaricati a pregare per sé e per gli altri, ad annunciare l’evangelo in ogni sede e di fronte ad ogni uditorio, a partecipare alla missione della chiesa in forme adeguate alla loro vocazione.
Il cristianesimo sia orientale che occidentale aveva via via sacerdotalizzato la chiesa creando una casta di amministratori del sacro e di detentori di potere, escludendo la comunità dei credenti dalle responsabilità della vita cristiana, se non dando loro un ruolo gregario e sostanzialmente passivo. Fanino era un fornaio predicatore, un cristiano testimone, un marito e padre missionario. Non c’era contraddizione tra questi elementi identitari della sua persona.
Il cristianesimo biblico ha spezzato il sacerdotalismo religioso, chiamando ad essere apostoli non sacerdoti, ma pescatori, uomini delle tasse, gente qualunque. Poi ha coinvolto uomini e donne nel ministero. Nel suo Appello alla nobiltà tedesca (1520, lo stesso anno di nascita di Fanini) Lutero si riappropriò di questa comune ed universale vocazione al sacerdozio di tutti i cristiani. Fanino ha capito questo del messaggio di Gesù. Tutti i credenti sono testimoni e missionari e incaricati di rispondere alla loro vocazione. Questo è il loro sacerdozio, senza distinzione di ordini sacramentali e classi sacerdotali.
Beneficio. Una delle opere che presumibilmente Fanino lesse e che contribuirono alla sua conversione alla fede evangelica fu un piccolo ma potentissimo libro che fu un caso letterario nell’Italia del Cinquecento. Si tratta di un gioiello dell’evangelismo italiano, ricolmo di insegnamento biblico e in rete con il vento di riforma che spirava in Europa.
Il Beneficio di Cristo (Trattato Utilissimo del Beneficio di Giesu Christo Crocifisso verso i christiani), scritto da Benedetto Fontanini, fu uno dei più popolari ed influenti libri di teologia pubblicati nel XVI secolo in Europa. Rifletteva il pensiero della corrente religiosa dei cosiddetti spirituali, la quale sosteneva che fosse necessaria una riforma nella Chiesa cattolica traendo ispirazione dalla Riforma protestante.Fu scritto in Sicilia, probabilmente nel monastero di San Nicolò l'Arena presso l'odierna Nicolosi, pubblicato a Venezia nel 1543 ed ebbe un enorme successo per l'epoca, raggiungendo probabilmente la decina di migliaia di copie stampate e fu tradotto in inglese, francese, croato e castigliano. Poco dopo la sua pubblicazione, l'opera fu posta all'indice e la sua diffusione fu combattuta dall'Inquisizione.
Una rapida scorsa al suo indice dà l’idea dello spessore del suo messaggio.
Del peccato originale e della miseria dell’uomo
Che la legge fu data da Dio, acciocché noi, conoscendo il peccato e disperando di poterci giustificare con le opere, ricorressimo alla misericordia di Dio e alla giustizia della fede
Che la remission delli peccati, e la giustificazione, e tutta la salute nostra dipende da Cristo
Degli effetti della viva fede e della unione dell’anima con Cristo
Come il cristiano si veste di Cristo
L'opera fu massicciamente influenzata dalle Institutiones Christianae Religionis di Giovanni Calvino del 1539, di cui incorpora alcune citazioni. Il Beneficio di Cristo sostiene la completa dipendenza dell'uomo da Cristo per la propria salvezza. In particolare i primi quattro capitoli espongono la dottrina della giustificazione per fede. L’operetta fonda la vita cristiana sul “beneficio di Cristo”, ovvero sulla grazia di Dio manifestata nella vita e nell’opera del Figlio di Dio incarnato, Gesù Cristo, morto e risorto per i peccatori. Non le opere umane portano il beneficio della salvezza, ma il beneficio di Cristo è la base sufficiente e definitiva della salvezza.
Questo è il cuore del messaggio dell’evangelo, riscoperto dalla Riforma protestante, a cui Fanino aderì con passione e dedizione. Quel “beneficio” che lui ricevette lo volle far conoscere agli altri, cosicché anche altri potessero beneficiarne. Quel “beneficio”, testimoniato nella sua breve vita, fa parte del patrimonio spirituale che Fanini lascia a noi.
Seme. L’ultima parola evoca la parabola del seminatore che Gesù ha raccontato. Un contadino getta il seme sperando che vada nella terra buona, ma la realtà è che spesso il seme si perde sulla strada oppure cade in terreni rocciosi o inospitali alla crescita. Eppure, parte del seme incontra il terreno buono e, a suo tempo, il frutto arriva.
Fanini ha seminato l’evangelo secondo una comprensione dell’evangelo che al suo tempo era considerata deviante dalla maggioranza, in luoghi che erano considerati off-limits, in un contesto segnato da rigide disposizioni su chi potesse e non potesse seminare la Parola di Dio. Lui lo ha seminato pagando con il prezzo della vita questa sua arditezza e coraggio. Il seme ha incontrato una opposizione frontale. La sua biografia è stata violentata e la sua vita data in pasto ad un meccanismo repressivo inesorabile. Apparentemente, con l’impiccagione e l’arsura del corpo, il seme di Fanini è stato strappato e distrutto. Lui non ha visto il raccolto, ma solo dolore, pena e morte.
Eppure, il seme lanciato non è andato disperso. Dopo 450 anni dalla sua morte, nel 2000 Ferrara gli ha dedicato due convegni: uno con Paolo Prodi alla Scuola Mosti e l’altro con Carlo Bertinelli al Castello estense. Poi nel 2001 il Comune ha intitolato una strada a Fanino Fanini in località Porotto. Oggi la vicenda di Fanino è ricordata con questo convegno alla Biblioteca Ariostea e con la targa pubblica sulla piazza principale di Ferrara, a futura memoria. E’ come se il seme di Fanino, bruciato allora, in realtà non sia mai stato estirpato ma abbia, nei tempi lunghi, iniziato a produrre un qualche frutto.
Il seme non si è perso. Nello specifico della testimonianza evangelica in città, è un segno di vitalità spirituale e culturale vedere che la comunità evangelica ferrarese si sia impegnata per valorizzare sia la memoria di Fanini, sia il tema della libertà religiosa quale capitale culturale e sociale imprescindibile. La chiesa evangelica si pone anche in continuità spirituale con la fede evangelica che fu di Fanini, volendo essere oggi quella famiglia dell’evangelo che Fanino sognava e per cui ha speso la sua giovane vita. Dunque, a distanza di secoli, il seme sta producendo frutti di cui tutti possono apprezzare il profumo e il gusto e da cui tutti possono essere nutriti.
(comunicazione data al convegno su Fanino Fanini, tenuto a Ferrara il 17 settembre 2021, in occasione della dedicazione di una targa a Fanini in piazza Trento e Trieste)