Fede e cibo (I): “Just follow the food” e le Giornate teologiche 2023

 
 

“Just follow the money” è la soffiata rivelatrice che nel film Tutti gli uomini del Presidente viene rivelata dalla torva voce di un informatore segreto dalla penombra di un parcheggio sotterraneo al giornalista investigativo del Washington Post, interpretato da Robert Radford, il quale farà emergere il famoso scandalo del Watergate. Sempre da un colonnato, ma alla luce del sole dell’auditorium dell’IFED di Padova, e dalla tersa voce britannica di Andrew Fellows è arrivata la pista ancor più epifanica che si può parafrasare con “Just follow the food”. Sono infatti giunte puntuali anche le Giornate Teologiche 2023 sul tema “Fede e cibo”. Giunte alla 35ma edizione e alla presenza di più di 250 persone, quest’anno più che mai hanno mostrato il proprio contenuto nutritivo per la mente e i cuori degli evangelici italiani.

Anche il moderno lettore non necessariamente evangelico potrebbe trovare intriganti gli spunti di riflessione proposti dall’oratore di quest’anno, che in questo tema si è inserito con la sua esperienza pluridecennale presso L’Abri in quello che lui stesso ha definito un ministero apologetico dell’ospitalità. Infatti originariamente avviata in un rifugio delle alpi svizzere francesi, l’Abri è un contesto che ha saputo accogliere senza pregiudizi le domande sincere di una generazione di uomini e donne travolte dai dubbi del postmodernismo, recependo soprattutto nella convivialità del pasto condiviso quell’intuizione di Lutero che prolunga la teologia dalle aule ai Discorsi a tavola.

Il sospetto che il cibo abbia un ruolo centrale nella Scrittura sarebbe evidente al lettore che volesse pedinare gli spostamenti che Gesù opera nelle narrazioni neotestamentarie. Infatti come ricordato da Fellows con le parole di Robert J. Karris “Nel Vangelo di Luca, Gesù, o sta andando a un pasto, o è a un pasto, o viene da un pasto”.

Tale sospetto è sicuramente corroborato dall’ampia diffusione delle accezioni al cibo che si trovano in tutta La Scrittura di cui il Salmo 104 è un esempio emblematico. Ancor più corroborante è la direzione che questo tema sembra prendere: la Parola di Dio parte in Genesi 1 mostrando il creato come una grande tavola da pranzo imbandita dal Creatore e si conclude in Apocalisse 19 con un banchetto nuziale organizzato da Cristo.

Qual è dunque il profondo mistero creaturale in cui entra il credente quando si accinge a ringraziare Dio per il cibo che sta per prendere?

Andrew Fellows ha offerto alcune tracce che portano a cogliere il vero significato del cibo nella Scrittura, reso recondito dai depistaggi della cultura contemporanea.

In primo luogo, il credente ringrazia Dio per il cibo, perché esso è un dono di delizia e gioia da parte Sua. Come un promemoria sensoriale, nella sua piena materialità e senza spazi per ideali astratti, il cibo risponde al Salmo 34 rendendo sperimentabile la bontà di Dio e mettendo alla prova la Sua creazione per verificare che è reale.

In secondo luogo, il credente diventa un saggio consumatore di cibo quando impara ad apprezzarlo come dono di nutrimento. Nell'età della convenienza e della comodità alimentare, è invece facile trascurare che Dio ci nutre amorevolmente e che tutto il cibo è un segno della Sua cura e provvidenza. In questa prospettiva la mercificazione odierna mina la leva economica del dono insita nel fatto che il cibo è un dono costoso, che per poter nutrire noi, qualcos’altro deve morire. In questo modo anche il rimando al nutrimento più costoso in assoluto del sacrificio di Cristo enunciato in Giovanni 6 rischia di essere sterilizzato.

Infine, un mangiatore saggio apprezza il cibo come il dono di Dio in vista di una vita condivisa. Fellows ricordava in questo senso la radice stessa della parola compagno (cum panis) ovvero colui con il quale si condivide il pane. Il cibo va condiviso con gli altri allo scopo di avere comunione e questo è il motivo per cui il cibo e il mangiare sono accompagnati dalla tavola. Nella profonda intimità della condivisione del cibo la comunione si sviluppa orizzontalmente con le altre persone e verticalmente con Dio. In una cultura che invece si priva nei propri standard edilizi di tavole, sedie e sale da pranzo, sostituite da divani e porta tv giganti, anche la pista della convivialità rischia di essere inquinata da surrogati poco fedeli al suo scopo originale.

Fellows ha quindi unito questi punti facendo emergere il disegno sottostante. Il cibo rimanda a qualcosa di più dei singoli indizi forniti. Il cibo non è solo delizia, non è solo nutrimento e non è solo condivisione, né l’insieme di queste cose. Il cibo, oggi, non è che un semplice assaggio di quello che sarà, domani, il banchetto finale alla presenza di Dio. Citando C.S. Lewis l’oratore ha concluso affermando “Se trovo in me un desiderio che nessuna esperienza in questo mondo può soddisfare, la spiegazione più probabile è che io sono stato creato per un altro mondo. Se nessuno dei miei piaceri terreni soddisfa quel desiderio, ciò non dimostra che l’universo sia una frode”. Se seguiamo il cibo, nel suo significato più penetrante, non sarà una frode ad emergere, ma il piano più delizioso, nutriente e conviviale dell’unico vero Presidente alla cui tavola Egli ci ha chiamato per essere suoi ospiti e compagni graditi.

(continua)