Giornalismo evangelico. Spunti da un corso di World Magazine

 
 

Nonostante alcuni tentativi, non si può certo dire che il giornalismo evangelico in Italia sia una realtà ampia e solida. La strada da fare è ancora lunga e c’è bisogno che le chiese promuovano una visione che generi un meccanismo per cui l’offerta degli evangelici che potrebbero scrivere incontri la domanda degli evangelici che potrebbero leggere. Dal 21 al 26 agosto 2022, a Cracovia in Polonia, si è tenuta la prima edizione del WJI Europe (World Journalism Institute). Ad organizzarlo è stato il magazine americano WORLD con l’intento sia di espandere i propri orizzonti anche sul vecchio continente, sia di incoraggiare le vocazioni nel giornalismo evangelico. L’intensa settimana è stata fitta di sessioni che hanno messo in risalto l’importanza di un giornalismo cristiano e della figura del giornalista cristiano. Ecco alcuni spunti raccolti. 

Prima di tutto le stesse parole “giornalismo cristiano” e “giornalista cristiano” in italiano probabilmente significano poco all’orecchio dei più oppure sono cariche di un significato diverso. Negli USA se dici “cristiano”, due volte su tre vuol dire “evangelico”. In Italia il giornalismo cristiano è immediatamente ricondotto a quello cattolico fatto di settimanali diocesani, riviste popolari (Famiglia cristiana), quotidiani (Avvenire), ecc., oppure al gruppo di vaticanisti che seguono le vicende della Curia romana. Ripensare al significato di questi termini vuol dire avere in mente che il cristiano è colui che vive e segue la Parola di Dio ogni giorno, in ogni momento della sua vita e che vive la sua vocazione per la gloria di Dio. Non si tratta di formare vaticanisti o esperti in materia religiosa, quindi, ma si tratta di far maturare credenti in Cristo con la consapevolezza che anche il campo del giornalismo è sotto la sovranità di Dio e che può essere vissuto come vocazione.

In secondo luogo, il giornalismo spesso ha la pretesa di rincorrere l’oggettività. Essere imparziali e porsi fuori dai temi sembra essere l’essenza del buon giornalismo. In realtà, si tratta di un’aspettativa vana. Nessun campo è mai neutro e ogni persona ha una sua religione e un suo credo. Che sia lo scientismo, il razionalismo, il progressismo, un credo religioso o un’ideologia politica, ognuno ha una sua visione del mondo. Le notizie riportate subiscono sempre la visione del mondo di chi le scrive o dell’organizzazione che decide di riportarle. Il giornalismo cristiano, quindi, non è una contraddizione in termini. Riportare le notizie secondo una visione del mondo cristiana vuol dire esplicitare il proprio “bias” e con onestà fornire un servizio alla chiesa e alla cultura che necessitano di una lettura del mondo biblica. 

Il giornalismo cristiano, quindi, deve proclamare la verità biblica tra le altre presunte verità proclamate più o meno apertamente. Questa ambizione è attuabile in quanto, e nella misura in cui il cristiano assuma che la Scrittura abbia l’autorità finale su tutte le vicende del mondo. Questo concetto è il punto fermo e centrale di un autentico ed efficace giornalismo cristiano, se pur suscettibile di tante incomprensioni. Il giornalismo cristiano, infatti, non è quello che semplicisticamente liquida la complessità del mondo con qualche versetto estrapolato in modo più o meno appropriato, ma sa che la Scrittura è la Parola di Dio e come tale ha autorità sul mondo che Lui ha creato. E’ nel mondo di Dio che accadono i fatti di cui il giornalismo rende conto e discute. 

Il giornalista cristiano è chiamato a tenere in considerazione che la Scrittura fornisce alcuni comandamenti in modo esplicito sui quali non c’è possibilità di compromesso, come ad esempio gli omicidi, l’adulterio o i matrimoni omosessuali, ma anche a considerare che la Bibbia fornisce molte indicazioni sulle vicende del mondo contemporaneo in modo implicito, o deducibili attraverso l’approfondimento della teologia, delle vicende storiche, e della visione biblica degli esseri umani. Il giornalista cristiano, quindi, non è solo colui che usa le sue capacità di scrittura, ma è chiamato a vivere ed abitare la Parola, all’approfondimento e al nutrimento della sua vocazione attraverso un cammino di fede che precede il resto. 

Un giornalismo cristiano, quindi, vive e si confronta con la complessità e le difficoltà del mondo senza presentarlo né come un luogo disperato e con toni apocalittici, né tralasciando la narrazione del male e della corruzione. Una visione biblica bilanciata riconosce che il mondo è il frutto della buona creazione di Dio che geme a causa della caduta, ma in cui si vedono gli spiragli della redenzione finale grazie all’opera di Cristo nella potenza dello Spirito Santo.

Date queste premesse, in che modo il giornalismo cristiano può diventare una realtà in Italia? Nonostante tutti i punti sicuramente migliorabili, il modello del magazine WORLD funziona ed è una realtà in crescita perché ci sono credenti evangelici che consapevolmente e con intenzionalità hanno voluto e vogliono usare la propria vocazione nel campo del giornalismo per scrivere promuovendo una visione del mondo cristiana e che non hanno considerato inconciliabili i due aspetti. 

Dall’altro lato il giornalismo cristiano è reso possibile dal fatto che ci sono lettori evangelici che non considerano secondario l’aspetto di ricevere le notizie senza sapere da chi e come sono filtrate. 

Questa intenzionalità rende possibile la sostenibilità di un’impresa che si basa sulle iscrizioni e le donazioni e che offre la possibilità ad una voce evangelica di esistere tra le altre. 

In Italia le chiese evangeliche e le agenzie para-ecclesiali incoraggiano le vocazioni anche nel campo del giornalismo? La conoscenza del mondo che ci circonda e la lettura di esso è un tema caldo? La necessità di una visione del mondo cristiana è considerata importante o c’è la tendenza a vivere in compartimenti stagni? Chi fa giornalismo è portatore di una visione del mondo evangelica? Ci sono agenzie stampa del mondo evangelico? Quante riviste circolano? Ampliando lo sguardo al web, quanto prevale l’individualismo del post rispetto alla collaborazione professionale per promuovere una visione evangelica ampia? Sono domande aperte che indicano quanto la strada per la crescita del mondo evangelico italiano passi anche dalla crescita del giornalismo evangelico.