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Il “dream team” della Controriforma, 400 anni dopo la loro canonizzazione

Era il 12 marzo 1622 quando, in San Pietro, papa Gregorio XV proclamò santi quattro personalità che si erano distinte nel rilancio della Chiesa di Roma durante e dopo la Riforma protestante. Si trattava di quattro giganti della Riforma cattolica e figli spirituali del Concilio di Trento: i gesuiti Ignazio di Loyola (1491-1556) e Francesco Saverio (1506-1552), la carmelitana scalza Teresa d’Avila (1515-1582), l’oratoriano Filippo Neri (1515-1595). Sono passati 400 anni da quella festa cattolica che elevava a santi (quindi a “mediatori” di grazia e ricettori di culto e di preghiere dei fedeli) quei campioni del cattolicesimo tridentino e anti-protestante.

Il 12 marzo 2022, papa Francesco ha celebrato il centenario alla Chiesa del Gesù, luogo simbolo dei Gesuiti e luogo di sepoltura del fondatore, Ignazio di Loyola, oltre ad essere il posto dove sono esposte le reliquie di Francesco Saverio (il suo braccio destro). Tra l’altro, nella Chiesa del Gesù c’è l’esplosione dell’arte barocca che, con la sua sensualità visiva e la sua acustica penosa, avrebbe abituato decine di generazioni cattoliche ad associare il culto cristiano alla contemplazione di immagini più che all’ascolto della Parola. 

Ignazio costituì la “Societas Jesu” per contrastare la diffusione della Riforma tramite l’educazione della classe dirigente e un’intensificata militanza cattolica. Saverio volle esprimere lo zelo missionario cattolico verso oriente (l’India) prima che l’“eresia” protestante si diffondesse là. Teresa d’Avila spinse il cattolicesimo ad aprirsi all’estasi mistica che era un livello di esperienza spirituale fuori dai criteri del “sola Scriptura”, ma dentro quelli dell’istituzione ecclesiastica romana. Filippo Neri si dedicò alle “buone opere” verso i giovani inventando la forma dell’“oratorio” che sarebbe stato il contesto della trasmissione della cultura cattolica nei secoli.

Insomma, il “dream team” della Controriforma diede seguito alle direttrici espresse dal Concilio di Trento sul piano dottrinale, pastorale, devozionale ed istituzionale. Anche grazie a queste quattro personalità cattoliche, Roma rilanciò la sfida alla Riforma. Nel fare ciò, intensificò la sua contrarietà all’appello che era venuto dalla Riforma (una vita alla sola gloria di Dio, per grazia soltanto, ricevuta per fede soltanto, in base a Cristo soltanto, conosciuto per la Scrittura soltanto) per promuovere una forma di cristianesimo infarcito di tradizioni e devozioni estranee alla Bibbia e intrecciato ad una teologia che considerava le opere e i sacramenti come necessarie per sperare nella salvezza.

Nel 1622 Roma canonizzava i suoi santi eroi della Controriforma e, così facendo, ispessiva ancora di più la distanza che separava l’Italia dal vento di riforma evangelica che spirava nel resto d’Europa. Pochi anni prima, nel 1607, Giovanni Diodati aveva dato alle stampe la traduzione della Bibbia che sarebbe stata messa all’Indice dei libri proibiti in Italia, escludendo il nostro Paese dall’essere impattato dalla conoscenza della Bibbia. Immediatamente prima della canonizzazione, nel 1618-19 si era tenuto il Sinodo di Dordrecht, l’assise riformata europea che avrebbe stabilizzato l’assetto teologico della fede evangelica. Anche questo patrimonio rimase sconosciuto in Italia per secoli, schermato dalla Controriforma romana. L’anno dopo, nel 1623 a Ginevra, sarebbe nato Francesco Turrettini, di famiglia lucchese, autore dellIstituzione della teologia persuasiva, una delle principali opere della teologia riformata nei secoli, solo da pochi anni disponibile in lingua italiana.  

Nella strategia ecumenica del cattolicesimo romano, abbiamo assistito alla “commemorazione” della Riforma nel 2017 (in occasione del 500 anniversario dell’affissione delle 95 tesi di Martin Lutero) e ora alla “celebrazione” della Controriforma (in occasione del 400 anniversario della canonizzazione dei 4 santi anti-protestanti). Nel cattolicesimo romano tutto si tiene: l’uno e l’altro (et-et), anche se sono in contraddizione palese. Nella fede evangelica, invece, sul cuore dell’evangelo è sempre una questione di scelta: o uno o l’altro (aut-aut).


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