Il “travaglio” della libertà religiosa in Italia. A margine della conferenza dell’AEI al Senato
Madre di tutte le libertà. Così è in genere definita la libertà religiosa, a sottolineare il carattere pre-politico (non è concessa, ma riconosciuta) e generativo (da lei dipendono le altre) della libertà religiosa. Quando soffre la libertà religiosa, tutte le libertà sono compresse se non compromesse. Qual è la situazione in Italia, a settant’anni dall’entrata in vigore della Costituzione? Quali sono gli aspetti irrisolti per le chiese evangeliche e le altre comunità di fede?
Per quanto la salute della libertà religiosa sia fondamentale per la salute della democrazia, non sembra esserci grande attenzione dei media, della politica e, in generale, del dibattito pubblico. Anche per questa ragione, la conferenza promossa dall’Alleanza Evangelica Italiana su “Libertà religiosa: tra intese, culti ammessi e criticità” il 13 febbraio scorso è stata di grande importanza. L’AEI si è confermata essere un organismo sensibile alla promozione della libertà religiosa per tutti.
L'evento ha riunito accademici, politici e rappresentanti religiosi per approfondire questioni legislative, educative e amministrative legate alla libertà religiosa (il video della conferenza è qui).
Diversi sono stati gli spunti raccolti. Barbara Randazzo, costituzionalista, ha messo in luce come l’introduzione delle nuove tecnologie stia sollevando sfide inedite e vada ad incidere sui confini della coscienza. Ha inoltre evidenziato come lo strumento dell’intesa, originariamente pensato per adattarsi alle specificità delle confessioni religiose, si sia trasformato in una sorta di fotocopia uguale per tutti, limitando la capacità di rispondere alla complessità del pluralismo italiano.
Giuseppe Rizza, sovrintendente scolastico della provincia autonoma di Trento, ha affrontato il ruolo cruciale della scuola come spazio di incontro e dialogo. Nella sua relazione, ha denunciato come l’insegnamento della religione cattolica rischi di diventare un insegnamento "cattolico delle religioni", aggravando le criticità già esistenti. Lo stato italiano e la chiesa cattolica, invece di rimettere in discussione in radice questo istituto figlio di un monopolio che non c’è più, ne sta modificando i contenuti, ma non le regole del gioco, a scapito della laicità che dovrebbe essere un principio supremo della nostra Costituzione.
Il presidente dell’AEI, Giacomo Ciccone, ha lanciato un forte appello ad integrare il sistema concordatario, definendolo inadeguato a rappresentare la diversità religiosa italiana. Molte chiese evangeliche non hanno o non vogliono la tutela dell’intesa. Lo stesso può dirsi di tante altre comunità di fede. La necessità di una legge quadro sulla libertà religiosa non è solo teorica: casi concreti, come quello della Chiesa evangelica Breccia di Roma e della Chiesa pentecostale di Albano, dimostrano quanto sia urgente intervenire per garantire pari dignità a tutte le confessioni. Evidentemente, l’istituto dell’intesa non è in grado di rappresentare il pluralismo religioso. Ciccone ha parlato di un “difficile parto” della libertà religiosa in Italia. Pur enunciata dalla Costituzione, essa stenta a “nascere” in modo completo. In questo senso, l’Italia vive ancora una fase di “travaglio”.
La sessione finale ha visto rappresentanti di diverse confessioni – ebraiche, islamiche, induiste, cristiane ed altre – esporre le loro difficoltà quotidiane, sia per le comunità che hanno l’intesa che per quelle che non ce l’hanno o non vogliono averla. Dal problema degli spazi per il culto all’ignoranza religiosa, fino alle sfide burocratiche e amministrative, è emersa una realtà di mille ostacoli che rallentano l’effettiva libertà religiosa. Essa è sì fatta di principi altisonanti, ma si scontra con norme farraginose o lacunose, ignoranza diffusa nei corpi dello stato, rigurgiti di sistemi monopolistici che sono superati dalla dottrina e dalla storia.
Gli interventi del Senatore Lucio Malan, esponente della maggioranza di governo, e del Senatore di opposizione Graziano Delrio (già sottosegretario alla Presidenza del Consiglio in governi del centro-sinistra) sono stati interessanti e promettenti. Nonostante le loro diverse appartenenze politiche hanno sottolineato la necessità per il nostro Paese di “rimettere mano” alla questione della libertà religiosa per nutrire e sostenere una democrazia sana e pluralista. Entrambi, infatti, hanno riconosciuto l’importanza che le comunità di fede godano degli stessi diritti non solo di diritto ma anche di fatto. I due senatori si sono resi disponibili a partecipare ad un’iniziativa bipartisan per riprendere il tema di una possibile legge quadro sulla libertà religiosa. Di questa se ne parla da almeno quarant’anni e da svariate legislature. Sin qui, tuttavia, i risultati non ci sono stati. Sarà la volta buona?
La conferenza ha rilanciato un sasso nello stagno del dibattito pubblico che sembra essere disinteressato. Sarà presto messa nel dimenticatoio o sarà un incentivo a muovere qualcosa? Nonostante la condizione di minoranza, gli evangelici si sono resi promotori di un’iniziativa rilevante che mostra la capacità di dialogo con la cultura e la politica, non solo per il bene delle chiese evangeliche, ma per nutrire la salute della democrazia.