Ritorna l’inquisizione? Jordan Peterson e la “rieducazione” canadese

 
 

La prima volta che ho incontrato il termine "rieducazione" fu durante la mia adolescenza (sono passati tanti anni!) quando lessi Arcipelago Gulag di Aleksandr Solženicyn. Si trattava di un saggio di inchiesta sul sistema dei campi di lavoro forzato nell'URSS, volta a rieducare il prigioniero spesso tramite il lavoro. Dopo la caduta del muro di Berlino, non avrei mai immaginato di rincontrare questo termine. Dove è accaduto ciò? Non nei paesi con regimi totalitari, ma nel civilissimo Canada.

Jordan Peterson, noto in Italia per il suo libro 12 regole per la vita. Un antidoto al caos, My Life 2021, è uno psicologo e intellettuale canadese, attivo su diverse piattaforme di social media, dove si definisce psicologo clinico e fornisce commenti su varie questioni sociali e politiche.

Negli ultimi anni si è fatto conoscere per le sue opinioni controcorrente sull’ideologia queer, la transizione di genere, il femminismo dogmatico e su tutte le altre questioni attinenti al gender e ai suoi derivati.

L’8 agosto la Corte suprema del Canada lo ha "sanzionato", imponendogli di "seguire un corso di mentoring" con il nobile scopo "democratico" di "correggere l'espressione pubblica delle proprie convinzioni per rivedere, riflettere e migliorare la sua professionalità quando rilascia dichiarazioni pubbliche".

Questa sanzione non giunge inattesa, dopo che Peterson ha condotto una lunga e costosa battaglia giudiziaria per la libertà di espressione, e assomiglia ad un atto inquisitoriale.


Dal 2020, infatti, Peterson è entrato in rotta di collisione con l’Ordine degli psicologi che lo ha accusato di derive razziste e sessiste. Nel 2022 il “Comitato per le indagini, i reclami e le segnalazioni” (Cicr) dell’Ordine degli psicologi dell’Ontario gli ha intimato di seguire dei corsi coatti di formazione, a cui Peterson non vuole sottostare. Il Cicr avrebbe riscontrato "che i commenti fatti dal Dr. Peterson sembravano essere degradanti, umilianti e poco professionali". Sembravano o lo erano davvero?

La Corte Suprema ora ha emesso il giudizio che dà torto a Peterson e ragione ai suoi accusatori. Dichiara nella sanzione: “il Cicr ha espresso preoccupazione per il fatto che le dichiarazioni pubbliche del Dr. Peterson potrebbero essere ‘incoerenti con gli standard professionali, le politiche e l'etica attualmente adottate’ dall’Ordine dei medici, ad esempio in materia di transizioni di genere dei minori, a cui Jordan Peterson si oppone. Un certo rischio o un rischio certo? La Corte Suprema, conclude la sentenza-ricatto, "ha respinto la domanda di revisione giudiziaria presentata dal Dr. Peterson e la Corte d'Appello ha respinto la mozione di autorizzazione all'appello".

Tornando ad Arcipelago Gulag, quanto è accaduto in Canada mi ricorda quando il regime sovietico spedì migliaia di dissidenti in cliniche psichiatriche!

Questo caso pone serie domande non solo sul caso specifico ma sul clima culturale generale. In qualunque Paese, possono gli enti di regolamentazione (penso alla scuola[1] , agli ospedali, agli enti pubblici...) violare la libertà di parola dei propri membri, in particolare quando tale libertà di parola non è correlata agli obiettivi statutari di questi enti o all'attività regolamentata?

Senza fornire basi solide, possono decidere come elemento riparatorio, la "rieducazione" oppure una sanzione disciplinare (multa, sospensione, ...)? Secondo la decisone della Corte canadese, "il mancato rispetto del programma correttivo può comportare un'accusa di cattiva condotta professionale". In altre parole, se sei anti woke o critico sulla cultura Lgbtq, vorrebbe dire che sei un "cattivo medico"?

Vista la polisemia dei termini e i doppi sensi possibili, tutti corriamo il rischio di essere banditi, censurati e puniti, per una parola o mezza, uno smile, perfino un "colpevole" silenzio. Non solo, oggi per essere "politicamente corretti" non bisogna essere necessariamente "omofobi": basta dire che si preferisce la famiglia tradizionale a quella arcobaleno! Con parole più chiare: "Il gender non vuole solo una cittadinanza culturale in uno spazio plurale, ma ambisce a cancellare la possibilità per altri pensieri di abitare quello spazio in nome di una 'correttezza' culturale dai tratti arroganti".  

E’ necessario ricordare al legislatore canadese che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 (UDHR) afferma: "Non spetta al governo concedere o negare tale libertà, ma piuttosto la sua responsabilità consiste nel garantirla e custodirla". Nel “correttissimo” Occidente, sta tornando l’inquisizione?

[1] Cfr. Lucia Stelluti, "Educazione sessuale e di genere nella scuola statale italiana" nel fascicolo "Genere/Gender", Studi di teologia - Suppl. n. 13 (2015) pp. 17-31.