La chiesa, la missione e l'effetto Emergency
[Questo articolo è stato già pubblicato il 11 aprile 2022. In occasione del periodo estivo, la redazione di Loci Communes ha scelto di ripubblicare articoli che ritiene rilevanti, alternandoli a nuovi. Buona lettura!]
Dal 1994 Emergency risponde alle crisi sanitarie causate da guerre, carestie a povertà. Fondata dall'italiano Gino Strada (1948-2021), si può benissimo affermare che è raro trovare un'associazione italiana con un così ampio consenso internazionale. La politica di Emergency è quella di portare nei luoghi un cui vi è bisogno la migliore qualità di trattamento sanitario possibile. Nella loro visione il trattamento medico è un diritto fondamentale dell'uomo ed esso deve essere di eccellenza.
Emergency non solo adotta un'accurata selezione dei suoi operatori, ma costruisce i suoi ospedali che, come affermava Strada, devono essere "scandalosamente belli" per impattare la guerra e la malattia con la bellezza di un ambiente perfetto. Giardini, aree di gioco per bambini, luoghi di incontro per pazienti ed ospiti, stanze dedicate alla formazione del personale locale. Negli ospedali di Emergency, nelle parole dell'infermiere volontario Roberto, c'è tutto quello che serve per "alleggerire la mente".
Non si può parlare male di Emergency e certamente non sarò io il primo a farlo; tuttavia ci sono delle domande che la loro attività suscita. Qual è l'effetto di questa medicina di eccellenza sui sistemi sanitari locali? Il sistema sanitario è un meccanismo complesso che assume delle caratteristiche sociali estremamente variabili in base alla nazione, al contesto sociale ed alla visione. Esso può essere universalistico come i sistemi Beveridge o, come nei sistemi caratterizzati da coperture assicurative, può riconoscere una collaborazione con il settore privato a diversi gradi. Cosa accade quando un'entità esterna come Emergency decide di creare un centro di eccellenza innestandolo in un sistema che non funziona? Chi decide l'accesso alle cure? Chi gestirà il rientro a casa ed il follow up?
Sono domande aperte che certamente trovano risposte diverse ad ogni contesto, ma è facile intravedere il rischio di questo modus operandi sui sistemi sanitari precari ed in via di sviluppo. Anche il Signore Gesù Cristo, nel vangelo di Luca, ci dice che la pezza nuova non si adatta al vestito vecchio (Lc 5,36). Infatti, entrare in modo impetuoso in un sistema complesso, anche con le più buone intenzioni, rischia di sbilanciare, rompere e rallentare il cammino verso uno sviluppo lento ma sicuramente più ampio e stabile nel tempo.
Anche nella chiesa l'effetto Emergency è un rischio reale. La crisi spirituale che attraversa il mondo intero è sotto gli occhi di tutti. Perciò, per la grazia del Signore, molti fratelli e sorelle accolgono ogni giorno la chiamata a servire per l'avanzamento del Vangelo in paesi stranieri. Innumerevoli missioni evangeliche sono pronte a mandare, fondare e creare realtà di élite spirituale. Come Emergency, le missioni evangeliche desiderano fondare chiese ed opere di eccellenza, isole di estrema funzionalità in paesi in via di sviluppo spirituale, dove però il Vangelo non ha ancora trasformato e riformato la società. Si avviano ministeri per giovani, studenti, immigrati, professionisti, famiglie, …
Cosa ne è delle realtà esistenti? Come influiscono queste missioni sulla chiesa locale e sul contesto in via di trasformazione? Che ne è della sostenibilità locale? L'effetto di queste missioni sono piccoli stagni d'acqua in mezzo al deserto che, a discapito di ingenti risorse, permettono la nascita di fragili oasi destinate purtroppo a scomparire al primo sole. Come per Emergency, così per le missioni, l'accoglienza nelle chiese locali instabili e localistiche è spesso accompagnata da deleghe e speranze che purtroppo nel tempo sono destinate ad essere deluse.
È questo il modo migliore di fare missione? Basta avviare un progetto senza farsi carico di irrobustire la rete delle chiese locali che poi dovranno sostenerlo nel tempo?
Nel 2017 un tentativo di fermare questo effetto Emergency è stato fatto dalle Chiese evangeliche riformate battiste in Italia (CERBI) con il documento “Collaboratori nel campo di Dio”. Il testo si prefigge lo scopo di sviluppare una sinergia e collaborazione tra le chiese locali e le agenzie missionarie. Riconoscendo la benedizione della presenza di missionari e dell'opera delle agenzie missionarie, il documento riequilibra il ruolo della chiesa locale nel mandato divino per l'avanzamento dell'evangelo. Attraverso la chiesa locale e nella chiesa i missionari diventano strumenti preziosi che fungono da connettori tra le diverse realtà suscitando movimenti virtuosi, stimolando la crescita e favorendo l'avanzamento del vangelo, sempre in vista della crescita organica e sostenibile della testimonianza locale e non impiantando ospedali da campo che, per quanto eccellenti sulla carta, diventano corpi estranei.