La libertà religiosa in Cina: non solo una questione cattolica
Due anni dopo il primo accordo con la Cina (Repubblica popolare cinese), il Vaticano lo ha appena confermato per un secondo periodo. Questo accordo, peraltro non pubblico e di cui nessuno conosce i termini, cerca di affermare l’autorità del Papa sulla chiesa cattolica romana in Cina nella difficile situazione per il Vaticano di legittimare e riconoscere altresì i vescovi nominati dal governo cinese che erano già scomunicati dalla chiesa. Recentemente (21 ottobre) è stata convocata una conferenza stampa alla Camera dei Deputati dove è stato mostrato un documentario dalla regista Elisabetta Valgiusti sulla libertà religiosa in Cina e Hong Kong, con particolare riferimento alla situazione dei cattolici. La domanda di fondo del documentario è stata la necessità di capire il significato di questo accordo per la chiesa cattolica. Quale segnale il Vaticano sta dando al mondo per quanto riguarda la libertà religiosa? Quale è e quale deve essere la risposta giusta dalla chiesa confessante?
Il significato dell’accordo cinese-vaticano ha delle implicazioni molto pericolose, non solo per la chiesa cattolica ma anche per i cristiani non cattolici. Non più di un mese fa in Italia abbiamo celebrato il 150mo anniversario della Breccia di Porta Pia, un evento grazie al quale il potere politico del papato ha subito una consistente riduzione. Quella “breccia” è stata significativa per il fatto che la Bibbia è diventata disponibile a tutti i romani nella lingua italiana, ma anche perché è stato un passo verso la separazione tra stato e chiesa.
In Cina lo stato e la chiesa (e per estensione le religioni) non possono relazionarsi in modo indipendente l’uno dall’altro. La Cina è un paese basato su una ideologia comunista che nega la libertà religiosa. Secondo il grande leader cinese Mao Zedong (1893-1976), la “religione è un veleno”. Ciò non ha tuttavia impedito che, dopo la sua morte, il popolo abbia avuto la libertà di offrire in modo zelante la devozione alla sua imagine, che di fatti si può trovare in tante case e spazi pubblici. Questo accordo è figlio di una politica di pacificazione tra la Cina e il Vaticano: la prima lo ha sottoscritto per curare la sua immagine verso il mondo occidentale; il secondo per sostenere la sua rilevanza nella sfera politica. Se torniamo a una fede/chiesa/religione strettamente unita allo Stato, rischiamo di avere una fede che non si basa più sull’insegnamento della Sacra Scrittura, ma che vacilla alla mercé dei capricci di un regime politico alla ricerca di una giustificazione religiosa per i suoi evidenti abusi dei diritti umani.
Con questo accordo, il Vaticano sta dando un segnale di non dare molta importanza alla libertà religiosa e alla chiesa perseguitata. Il più grande schiaffo in faccia è che adesso in Cina ci sono circa 4 milioni di cattolici che professano la loro fede in segreto. Inoltre, non possiamo ignorare il fatto che ci sono 70 milioni di protestanti cinesi che praticano la loro fede in segreto. Se l’impatto dell’accordo sarà devastante per i cattolici, lo sarà anche per gli evangelici che sono stati già perseguitati da anni o per i mussulmani che soffrono nei campi di rieducazione cinesi. Il prezzo della volontà del Vaticano di affermare la sua rilevanza politica sarà pagato da milioni di persone che non potranno vivere la loro fede liberamente.
La chiesa di Gesù Cristo è chiamata ad alzare la voce per quelli che non hanno voce. La chiesa deve interagire con la politica per promuovere la libertà religiosa perché essa è un diritto umano, anzi la madre di tutti i diritti. Come ha recentemente sottolineato l’incontro dell’Alleanza Evangelica Italiana con l’Ambasciatore USA per la libertà religiosa, i fronti della difesa e della promozione della libertà religiosa sono molti nel mondo. Nel documentario della Valgiusti, il Cardinale Joseph Zen di Hong Kong ha espresso un’opinione molto critica sull’accordo: “Spero che imparino (il Vaticano) qualcosa della storia, dai secoli di esperienza e diplomazia che vantano spesso…. cosa ha ottenuto la chiesa firmando un accordo con Napoleone? Niente. E cosa ha ottenuto firmando un accordo con Hitler? Niente. E ancora oggi purtroppo, ancora oggi, subiamo il danno del marxismo nella chiesa”.
Come evangelici, se vogliamo mantenere una testimonianza fedele nel mondo dobbiamo avere una bussola fedele. Il “Sola Scrittura” non è un mantra che confessiamo, ma qualcosa che crediamo e che ci guida nella vita. La nostra fede è solida, i nostri comportamenti non cambiano con la politica, la bussola rimane fissata al vero punto cardinale, cioè Gesù Cristo. Cosi quando viene una situazione di questo tipo possiamo tornare alla Scrittura a domandare insieme con l’apostolo Paolo: “infatti che rapporto c'è tra la giustizia e l’iniquità?” (2 Corinzi 6,14). Continuiamo a pregare e a lottare per la libertà religiosa nel mondo.