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Art(e)vangelo (VI). La “Nuvola” di Fuksas

Nel panorama contemporaneo della città di Roma, la Nuvola di Massimiliano Fuksas, il nuovo Centro Congressi dell’Eur, è certamente un’architettura iconica, al pari delle sue grandi opere barocche. In occasione dell’ultimo incontro di Art(e)vangelo dell’Istituto di Cultura Evangelica e Documentazione, abbiamo cercato di guardare a questa opera secondo le lenti della visione del mondo biblica..

Massimiliano Fuksas è un architetto e designer italiano di fama internazionale, nato a Roma nel 1944 da padre lituano e madre romana, è un “vero e proprio groviglio storico e geografico”.  A tredici anni cominciò a dipingere e a sedici fu aiutante di Giorgio De Chirico dal quale imparò a riconoscere “la forma che sottostà all’informale” e l’artista come colui indaga e rifiuta di cancellare le contraddizioni dell’animo umano, generatrici di riflessione. Si iscrive ad architettura senza interesse ma, viaggiando per l’Europa, comincia ad apprezzare l’arte di progettare. Lavorò nello studio di Utzon (progettista dell’Opera di Sidney) dove apprezzò l’architettura come “scultura abitata”.

È grazie ad una foto della sua Palestra di Paliano che finisce su una rivista francese e passa dall’emarginazione e frustrazione dell’Italia anni ‘80 alla grande vitalità, innovazione e cultura internazionale di Parigi. Qui trova il suo approccio architettonico inclusivo: passione e ragione insieme. 

The Floating Spaceha assunto il nome di “Nuvola” per “volontà” popolare. L’edificio è frutto di una gestazione lunga e complessa, avviata nel 1998, quando il Comune di Roma e l’Ente Eur bandirono un concorso internazionale per dare alla Capitale un nuovo centro Congressi. Sotto la giuria di Norman Foster, i coniugi Fuksas si aggiudicano la vittoria con l’originale modello di una forma sinuosa e irregolare, custodita in una gigantesca teca vetrata. Solo dopo 10 anni di peripezie s’inaugura il cantiere con la posa della prima pietra e l’opera è inaugurata infine nel 2016, per un costo complessivo di quasi 300 milioni di euro, un auditorium di oltre 1700 e sale riunione e congressi per 7.000 persone. La vista più spettacolare del complesso si svela alla sera, quando le strutture lineari si mimetizzano e lasciano spazio alla luce sinuosa della Nuvola che si accende e fluttua nello spazio della Teca. 

Nel suo libro Caos sublime, Fuksas descrive la sua visione dell’Architettura secondo tre capisaldi: essa è arte, non è tecnica, non nasce da sé stessa ma è figlia di altro. Ispirato dalla natura, dal cinema e dalla pittura, il suo lavoro parte sempre da un’idea dipinta, che poi trasforma in un modello per poi usare lo strumento digitale. L’idea, frutto del caso e dell’ingarbuglio di tutta la vita, “l’intersecarsi di percorsi diversi che travalicano nazioni, popoli e religioni”. La Nuvola era un’idea avuta dieci anni prima del concorso mentre era in viaggio. 

L’architettura è inserita in un contesto di cui è parte, con i suoi disordini, imprevedibilità e contraddizioni con cui fare i conti. Perciò deve essere mossa da passione politica e agli architetti spetta di porre questioni che riguardano l’esistenza, aprire discorsi e problematizzare. “Sono queste fratture che io cerco di rappresentare nelle mie architetture” che però necessitano di redenzione. “Se non c’è redenzione -afferma- resta solo il dolore e l’incapacità di capovolgere il proprio destino”. 

Le persone rifiutano la condizione umana quotidiana, cercano di superarla. L’architettura è come una protesi: costruisce un mondo nuovo, diverso, spinto un gradino più in là della realtà conosciuta. “Il mondo ha sempre avuto bisogno di oggetti del valore simbolico” e dalla Controriforma in poi l’artificio è diventato centrale: “noi viviamo in questa atmosfera”. Per Fuksas la Nuvola “è un’emozione trasformata in architettura”. In essa ha voluto mettere insieme due fattori estetici e culturali di Roma: il Barocco (la nuvola) e il Razionalismo dell’EUR (la teca); “il caos imprigionato nel razionale”.

Seguendo i criteri di giudizio indicati da Francis Schaeffer, è evidente come l’architettura per Fuksas sia integrata alle dinamiche della vita. La Nuvola è un’opera architettonica d’eccellenza che mostra armonia tra stile e messaggio: architettura come sintesi di culture, rifiuto delle antinomie, spazio abitabile ma simbolico. 

Nonostante Fuksas rivendichi giustamente la sua indipendenza come artista da altre forme d’arte e di potere, la sua opera deve comunque fare i conti con il giudizio della Parola di Dio. Se osserviamo la Nuvola a partire dalla visione del mondo biblica, è evidente che l’autore pone una certa enfasi sul paradigma della creazione. Lo spunto delle nuvole, perfette nella loro forma indeterminata e cangiante, sono espressione di bellezza e di mutamento ordinato. C’è anche un accenno di redenzione: la Nuvola porta in sé un profondo bisogno di un mondo nuovo che contenga questa bellezza estrema senza che sia distrutta, ma piuttosto vissuta pienamente. La Nuvola è contenuta in una Teca come da forze più grandi che la governano e la preservano. L’autore sembra voler superare questo contrasto apparente, suggerendo una necessaria coesistenza. C’è una tensione implicita nell’opera. 

Se osserviamo l’opera non come elemento statico ma nella sua complessità (idea, elaborazione, realizzazione, contesto) essa porta in sé stessa il marchio della caduta. Ha dovuto fare i conti con le incongruenze del territorio, mala gestione, sprechi. Inoltre, essa è frutto di una sintesi tra culture contrarie: barocco e razionalismo. 

La Nuvola di Fuksas porta in sé quel senso d’infinito che Dio ha posto nel cuore dell’uomo (Ecclesiaste 3,11). Eppure, mentre vorrebbe esprimere trasformazione, essa rimanda iconicamente ad una Roma che non cambia e che vuole tenere insieme tutto e il suo contrario. Si tratta di un’enfasi inconsapevole sulla realtà del peccato. Come si riconcilia questo desiderio di bellezza e complessità ordinata con la realtà del disordine e del peccato? Fuksas dice: “io cerco l’auto-redenzione nelle opere… nel far germinare nuove cose da quelle esistenti”. L’autore cerca la redenzione nell’opera umana e non in quella di Cristo, l’unica che davvero è in grado di prendere le fratture e le incongruenze della realtà e redimerle. Il Grande Architetto, Cristo, sta costruendo una città e la sua architettura non è semplice utopia, ma una speranza certa: una città santa che non avrà più bisogno di alcuna cattedrale, perché Dio stesso è il suo tempio e la sua gloria la illumina (Apocalisse 21,22-23).

Della stessa serie:

“Art(e)vangelo (I). Una bussola biblica per l’arte” (26/1/2024)

“Art(e)vangelo (II). L’arte e la Bibbia in un libro di Francis Schaeffer” (23/2/2024)

“Art(e)vangelo (III). Arte e cristianesimo nella storia” (20/3/2024)

“Art(e)vangelo (IV). Il Giudizio Universale di Michelangelo” (16/5/2024)

“Art(e)vangelo (V). Il Colonnato del Bernini” (23/5/2024) 



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