La “super-lega” del calcio ricorda i “super-spirituali” di Corinto?
Si è squagliato in meno di due giorni il faraonico progetto di creare una “super-lega” del calcio europeo. Capitanata dalla Juventus e dal Real Madrid, la “super-lega” voleva creare un campionato d’élite a cui partecipassero le 12 più ricche squadre di quattro Paesi diversi, staccandosi dalle rispettive federazioni nazionali e dalla UEFA. Nelle intenzioni dei proponenti, queste squadre – vere imprese multinazionali – si sentivano schiacciate a dover competere nei campionati nazionali e anche nelle coppe europee con decine di altri club dalle minori qualità sportive e dalla minore capacità di movimentare il business del calcio. Il sillogismo della “super-lega” era:
il calcio richiede tanti soldi in vista di fare ancor più soldi;
il modo migliore per aumentare i profitti è lavorare sull’offerta in modo da creare un prodotto competitivo diverso da quello tradizionale;
dunque la “super-lega” è il contenitore necessario per produrre questo business chiamato calcio.
Il progetto è fallito subito dopo essere stato annunciato. Piccate rimostranze politiche, veementi reazioni del mondo del calcio e delle opinioni pubbliche, mal di pancia interni al gruppo proponente, lo hanno affossato sul nascere. Nel nostro mondo, il calcio è una cosa maledettamente seria. Si può toccare quasi tutto (religione, politica, costume), ma quando si tocca il calcio … apriti cielo: la gente reagisce con passione.
In questi giorni si sprecano dotte e meno dotte analisi finanziarie, politiche e sociologiche sul fallimento della “super-lega”. Non entro in questi dibattiti. Come lettore della Bibbia, tuttavia, non posso non pensare ad un’altra “super-lega” che venne promossa nella chiesa di Corinto e di cui parla l’apostolo Paolo nella sua Prima lettera a quella comunità. C’erano nella città greca dei credenti che si credevano “super-spirituali”, in possesso di doni più visibili ed impattanti, sperimentanti una qualità superiore di vita cristiana che li distaccava dai credenti “normali”, ordinari. Per loro, mischiarsi con gli altri era come regredire ad uno stadio inferiore. In loro c’era il desiderio di formare dei circoli esclusivi, al di fuori delle regole comuni, in cui vivere i loro standard aumentati di spiritualità. Paolo li descrive come “già sazi, arricchiti, senza di noi già regnanti” (1 Corinzi 4,8). I “super” si credevano sapienti, forti, onorati (4,10): una lega di persone auto-proclamatesi speciali che pensava che gli “altri” fossero una zavorra al pieno sviluppo del loro potenziale e che si riteneva fuori dalle regole di vita che valevano per gli altri credenti. L’eresia di Corinto era una forma di gnosi che mirava a creare una chiesa ristretta di “illuminati” nella chiesa di Gesù Cristo.
Uno dei modi in cui Paolo affronta la rottura dei super-spirituali è di paragonare la chiesa ad un corpo che è formato da diverse membra (12,12-31). Nella vita di un corpo, il piede non può pensarsi senza la mano, né l’occhio può fare a meno dell’orecchio. Se il corpo fosse tutto un piede, senza mani ed occhi ed orecchi, sarebbe un mostro, non un corpo sano. Nessun membro può dire di non avere bisogno dell’altro. Nella vita del corpo “le membra del corpo che sembrano essere più deboli sono invece necessarie” (12,22). Anzi, un corpo sano riserva maggior “onore” e “decoro” alle parti che sembrano averne meno (12,23-24). L’eresia dei super-spirituali voleva dividere la chiesa in classi di maturità e prestazioni, mettendo a repentaglio l’unità del corpo e privandosi delle benedizioni fisiologiche di essere parte di un corpo composto da diverse membra. La vita della chiesa è sempre attraversata da questa tentazione gnostica a dividersi per classi, invece di accettare la fatica di vivere come corpo guidato dal Capo (Gesù Cristo) e collegato al proprio interno con parti diverse da sé, eppure tutte funzionali al benessere di tutti.
Si può dire che la “super-lega” del calcio si sia ispirata ad un’antica idea gnostica: quella di creare un club di super-squadre a scapito di campionati giocati con squadre ordinarie e meno dotate? Forse. La vecchia eresia gnostica è dura a morire. Anche in contesti secolarizzati come il calcio contemporaneo, la ricerca esclusiva dell’incremento del business diventa un idolo che spinge a creare mostri, spezzando la vita di “corpi” fatti di squadre che sono diverse e che, in fondo, hanno bisogno le une delle altre per il bene dello sport.