Le 6 insidie del liberalismo e perché sono pericolose per la fede evangelica
Il liberalismo teologico è un movimento di pensiero sorto nel 18° secolo il cui scopo fu di “adattare” la fede cristiana a ciò che il pensiero moderno riteneva credibile. Da un lato, la modernità aveva spinto la fede a pensarsi dentro il mondo del sentimento e non più in quello della ragione; dall’altro, aveva provocato la fede a spogliarsi dei suoi contenuti dogmatici per rivestirsi di ciò che la filosofia e la scienza del tempo ritenevano plausibile. Il risultato del liberalismo fu un radicale cambiamento: la fede si accomiatava dal suo credo storico e diventava un’esperienza religiosa che al massimo poteva ispirare una moralità altruistica.
Da subito, il liberalismo fu considerato un “cavallo di Troia” nella chiesa: apparentemente innocuo ma realmente devastante. I suoi effetti sono stati catastrofici: la teologia ha perso le sue istanze veritative e le chiese che lo hanno abbracciato si sono svuotate. La fede evangelica ha preso subito le distanze ritenendolo un pericoloso scivolamento verso una forma di suicidio della chiesa. All’inizio del terzo millennio, ha ancora senso parlare del liberalismo? Certamente. Ad affrontare il tema è stato un seminario del teologo evangelico ungherese Ádám Szabados al recente European Leadership Forum di fine maggio tenuto a Wisla (Polonia). Molta acqua è passata sotto i ponti della teologia, ma per Szabados sono 6 le insidie che il liberalismo ancora presenta alla fede contemporanea. Si tratta di piccole, grandi tentazioni che, se seguite, conducono al pendio scivoloso dell’abbandono della fede biblica. Eccole in rapida successione:
1. Subordinare l’esegesi a teorie scientifiche controverse. Quando si prende per buona la teoria del big bang, come fosse un dato indiscutibile di partenza e non una teoria indimostrabile, o teorie che negano la possibilità del soprannaturale e si piega la lettura biblica ad esse, ci si incammina in un terreno pericoloso. Non abbiamo tutte le risposte e la Bibbia non risponde a tutti i nostri interrogativi. Eppure, invece di cedere ai sedicenti dogmi della scienza che è sempre probabilistica e mai definitiva, è meglio fidarsi dell’intelligenza della fede basata sulla Scrittura ed esercitare la “pazienza della fede” (H. Blocher).
2. Praticare un atteggiamento snob nei confronti della cultura biblica antica. Quando si pensa che noi moderni siamo più avanzati, più illuminati, più profondi su tutta la vita rispetto alla vita arcaica e “primitiva” degli autori della Bibbia, eleviamo i parametri della cultura dominante attuale a criterio di validazione di tutto. La cultura non procede per progressi certi, ma è un magma in movimento. Su molte cose, i sapienti della Bibbia la sapevano meglio di noi e la Scrittura è più vera e profonda di qualsiasi altro testo.
3. Dare eccessiva importanza alle traiettorie ermeneutiche a scapito del contenuto dei testi. Avviene quando, ad esempio, si pensi che la traiettoria di liberazione dal peccato e dall’ingiustizia che c’è nella Bibbia debba necessariamente implicare che la fede sposi tutte le cause che fanno di una qualche “liberazione” la loro bandiera: la liberazione dal “genere binario”, la liberazione degli stili di vita sessuali e relazionali, ecc. Anche se l’esodo è una grande traiettoria biblica, non tutte le sedicenti liberazioni sono tali. Sono i testi biblici che devono governare la loro comprensione.
4. Fare dell’esperienza la norma dei principi morali. Succede quando si antepone l’ascolto dell’esperienza propria od altrui all’ascolto della voce di Dio nei testi della Scrittura. Si pensi, ad esempio, ai temi della sessualità. E’ tipico del liberalismo anteporre l’ascolto dei vissuti di omosessualità o transgenderismo, rimanerne colpiti e, a questo punto, relegare la Scrittura a fonte secondaria e, alla fine, irrilevante. Oppure quando si ascolta la testimonianza di persone virtuose di altre religioni e si marginalizza la Bibbia quando dice che senza Cristo nessuno sarà salvato.
5. Assolutizzare certe metafore bibliche a scapito di altre. A tutti piace pensare al Signore Gesù come al nostro “amico”, ma chi vuole sottomettersi a Lui come il proprio “Signore”? A tanti piace pensare alla croce come generoso dono di sé, ma chi lo apprezza come sostituzione penale per il perdono dei peccati? Tutti vogliono una chiesa che sia una “famiglia”, ma a non tutti piace che sia “colonna e sostegno della verità”. Le metafore bibliche vanno prese insieme e non in modo selettivo.
6. Imporre una logica egualitarista sulla visione del mondo biblica. Oggi va molto di moda pensare in termini egualitaristi, cioè all’uomo e donna che fanno tutto in modo intercambiabile, senza più distinzioni di ruoli nella famiglia e nella chiesa. Se così accade, si relativizza l’insegnamento biblico secondo il quale Dio ci ha creati uguali e distinti, affidando responsabilità prevalenti all’uno o all’altro, senza però appiattire le differenze.
Insomma, il vecchio liberalismo è vivo e vegeto in mezzo a noi, in forme diverse dal passato ma dalle conseguenze altrettanto pericolose.