LifeComp e l’educazione europea del futuro (III): area sociale

 
 

Dopo aver trattato gli aspetti introduttivi del LifeComp e la sua trattazione dell’area personale, si passa ora all’analisi delle competenze che costituiscono l’area sociale. L’area sociale del LifeComp è costituita da tre competenze: empatia, comunicazione, collaborazione. Vogliamo usare questo documento come provocazione per riflettere sul discepolato e la vita della chiesa.

Sinteticamente il LifeComp descrive l’empatia come “la comprensione delle emozioni, esperienze e valori dell’altra persona e il provvedere risposte appropriate”[1] e articola questa competenza in tre sotto elementi: la consapevolezza, la comprensione e la risposta.[2]

La comunicazione è sinteticamente descritta come “l’uso di strategie comunicative efficaci, codici e strumenti comunicativi specifici dipendenti dal contesto e dal contenuto”[3]. Anche questa competenza è articolata in tre elementi che sono la consapevolezza della necessità di variare le strategie comunicative in base al contesto e al contenuto, la comprensione e gestione di interazioni in contesti socio-culturali differenti e l’ascolto e interazione con altri con chiarezza e reciprocità.

Infine, la competenza della collaborazione è descritta come “il coinvolgimento in attività e lavoro di gruppo riconoscendo e rispettando gli altri”[4]. L’articolazione della competenza in questo caso avviene ancora su tre elementi che sono l’intenzione di contribuire al bene comune, la comprensione dell’importanza della fiducia e del rispetto e l’equa condivisione di compiti, risorse e responsabilità.

Qui di seguito proverò ad analizzare i principali punti critici e i principali aspetti positivi della trattazione dell’area sociale nel LifeComp. Ogni cristiano è inserito all’interno del corpo di Cristo, cioè la chiesa (Colossesi 1,18), pertanto l’area sociale è estremamente importante e inevitabilmente ha un impatto fondamentale; non esistono, infatti, cristiani solitari[5], eccetto i casi in cui la persecuzione nei confronti dei cristiani è massiccia e pervasiva. Il documento, in quest’area, può essere molto utile da una prospettiva cristiana e pertanto ci si concentrerà maggiormente sugli aspetti positivi rispetto a quelli critici.

Aspetti critici

L’aspetto maggiormente critico del documento pare essere nell’assunto di partenza: “l’empatia è alla radice di ogni comportamento pro-sociale”[6]; l’uomo come essere sociale è descritto principalmente come fatto di emozioni e la “capacità di riconoscere le emozioni nell’altro” è l’aspetto dirimente al fine di avere proficue interazioni sociali. Esperienze e valori sono relegate ai margini del discorso. 

Implicitamente, inoltre, si afferma la capacità umana di leggere correttamente le emozioni altrui. L’immagine che la Bibbia ci dà dell’essere umano come essere in relazione è molto più profonda delle emozioni che esso prova ed esprime. Adamo nel guardare Eva la prima volta la riconosce prima di tutto come simile a sé come lui era a somiglianza di Dio. È nell’essere all’immagine di Dio che la relazione con l’altro trova il suo fondamento e nella relazione con Dio che ogni comportamento pro-sociale è possibile. A seguito della caduta, questo riconoscimento reciproco è rotto, l’uomo si sente nudo e vuole vestirsi (Genesi 3,7; 3,21); volendo nascondere una parte di sé e avendo una visione dell’altro distorta dal peccato, non si può dare per scontato che l’essere umano sia in grado di leggere le emozioni altrui in modo corretto. Le competenze comunicative partono da questo presupposto ed è nella mancanza degli “indizi socio-emotivi e non verbali’’ [7]che si pone la responsabilità di una comunicazione digitale malsana e deviata.

La stessa competenza alla collaborazione è fondata su un principio di “sicurezza psicologica” che l’altro deve garantire. È in questa luce che va letta la richiesta di “contribuire al bene comune”[8] nella consapevolezza che ci sono altre visioni culturali e credi. Come è possibile, in definitiva, capire quale sia il bene comune di un gruppo e perseguirlo se i punti di vista sono differenti perché si hanno differenti autorità nella nostra vita? Per il LifeComp la competenza della collaborazione per il bene comune ha a che fare più con la mia sicurezza psicologica e la risoluzione dei conflitti (intesa come “processo teso a ridurre, terminare, ed eliminare una disputa”[9]), piuttosto che come mettersi insieme al servizio della giustizia anche pagandone un costo personale. Emerge evidentemente una visione idealizzata della convivenza umana che esaspera un aspetto della relazione umana sugli altri. 

Aspetti positivi

Avendo osservato gli aspetti critici ci sono però aspetti che messi al vaglio della saggezza biblica dobbiamo valutare positivamente. Dal punto di vista dell’empatia, un primo aspetto positivo è presente nell’enfasi che il documento dà nel capire le emozioni altrui dopo aver compreso le proprie. Dobbiamo ammettere che a volte risultiamo dei frozen chosen (eletti “ghiacciati”) agli occhi altrui perché abbiamo tra le mani la buona notizia migliore che potesse esserci data, ma siamo emozionalmente freddi nell’esporla. In un’epoca che ormai enfatizza l’emozione sopra la ragione, dovremmo essere in grado di entrare in relazione empaticamente con l’altro per mostrare non solo la parte razionale della fede, ma anche come questa influisce sugli aspetti emotivi. Non essere in grado di comunicare le nostre emozioni e non fare lo sforzo di capire le altrui emozioni, probabilmente ci renderà annunciatori del vangelo poco efficaci e non del tutto fedeli perché perderemmo di vista la totalità della persona che, nella creazione fatta a immagine e somiglianza di Dio, ha anche aspetti emotivi.

Il documento ha, in secondo luogo, il grande pregio di riconoscere che l’area sociale non è influenzata solo dalla comunicazione verbale, ma anche da quella non verbale: “L’abilità di leggere segnali non verbali come il tono della voce, i gesti e le espressioni facciali”[10] è un aspetto chiave nell’area sociale. Dio ha dato all’uomo la capacità di comunicare verbalmente, ma non solo. A questo aspetto dovremmo essere attenti sia nelle interazioni interne alle nostre chiese che in quelle che si rivolgono all’esterno.

Un terzo aspetto positivo del documento sta nel riconoscere che “l’abilità di assumere la prospettiva delle persone non implica necessariamente il sostenerle. Dunque è possibile empatizzare con qualcuno ed essere ancora in disaccordo con le sue attitudini o valori”[11]. Durante l’annuncio del vangelo alle altre persone, chiunque siano e qualunque sia il contesto, dovremmo immedesimarci nella prospettiva altrui, senza sostenerla, per capire i punti di contatto e i punti di distanza della persona e mettere in crisi il modo di pensare altrui per mostrare Cristo all’altro.[12]

Un ulteriore aspetto positivo che possiamo notare, il quarto della nostra analisi, è la preoccupazione del LifeComp per il declino dell’empatia dimostrato da alcuni giovani in uno studio americano. Da un punto di vista cristiano Gesù è la persona empatica per eccellenza, lo si nota nelle interazioni sociali evangeliche; le nostre chiese hanno il compito di educare i giovani (e non solo) all’empatia per migliorare sensibilmente le relazioni di discepolato e l’edificazione fraterna tra i credenti. Paolo si è fatto tutto a tutti (1 Corinzi 9,22) ed è solo in questo modo che potremo entrare veramente in relazione con i non cristiani portando la buona notizia di Gesù nel mondo.

Parlando di comunicazione il LifeComp ricorda che essa è basata su sei elementi fondamentali: il messaggero, il messaggio, il ricevente, il contesto, il codice[13] e il canale[14]. L’annuncio cristiano dovrebbe sempre tenere conto di questo. Pur dovendo e volendo mantenere saldo e immutato il messaggio (ossia la Parola di Dio), tutti gli altri elementi fondamentali possono variare. Io non sono Billy Graham; annunciare ai giovani è diverso di annunciare agli anziani; parlare di Dio in un bar nel 2023 o farlo dal pulpito nel 1690 è differente; predicare in italiano o in inglese è differente; un messaggio scritto è differente da uno orale. Sarebbe bene che non solo i predicatori ricordassero questi aspetti dal pulpito, ma ciascuno di noi in ogni momento della sua vita quotidiana.

Un sesto elemento positivo è riscontrabile nella frase seguente: “I cittadini hanno bisogno di sviluppare la loro capacità di co-partecipare alle attività collettive”[15]. La collaborazione nelle attività ecclesiali è il vero punto di forza della famiglia cristiana, ma sempre più siamo sfidati a non essere cristiani solitari nelle nostre iniziative. Le singole chiese locali, inoltre, sono sfidate a non restare isolate dal contesto in cui vivono e dalle altre chiese locali per poter fare rete, edificarsi vicendevolmente e rendere più efficace la loro azione. “Le persone che sono volenterose nel collaborare lo sono anche nel trovare compromessi e innovare”[16]; la vita cristiana non permette compromessi sul vangelo, ma è necessario essere creativi sulle modalità operative di attuarlo.

Nel tema della collaborazione si riscontra un settimo elemento condivisibile, ossia il rispetto di sensibilità differenti provenienti da visioni del mondo differenti. Sicuramente in un’ottica di libertà religiosa questo aspetto dell’autorità civile è condivisibile da un punto di vista biblico.

Infine, pare condivisibile l’aspetto di “equa condivisione dei compiti, risorse e responsabilità in un gruppo”[17]. Anche la chiesa è un gruppo sociale e non possiamo ritornare a una divisione non biblica tra laici e clero, ma dobbiamo condividere il peso e le difficoltà della vita comunitaria come parte attiva. Ognuno dovrà farlo nei limiti e nei doveri imposti dal proprio ruolo per gli specifici aspetti della vita ecclesiale, ma nessuno potrà esimersi dalle responsabilità davanti a Dio per ciò che accade nella vita di chiesa.[18]

(continua)

[1]European Commission, Joint Research Centre, Sala, A., Punie, Y., Garkov, V., et al., LifeComp: the European Framework for personal, social and learning to learn key competence, Publications Office of the European Union, 2020, https://data.europa.eu/doi/10.2760/302967, p. 44. Il testo del documento è in inglese e non ne esiste una traduzione ufficiale italiana.

[2]L’empatia sembra ricalcare nel LifeComp lo schema utilizzato per l’autoregolazione nell’area personale, ma rivolgendosi ora all’altro e non a se stessi.

[3]Ibid., p. 48.

[4]Ibid., p. 52.

[5]Confessione di fede battista del 1689, 26.1

[6] LifeComp, p. 44.

[7]Ibid., p. 48.

[8]Ibid., p. 53.

[9]Ibid., p.54

[10]Ibid., p. 45.

[11]Ibid., p. 46.

[12]Mi riferisco qui al far oltrepassare la “linea della disperazione” di Francis Schaeffer in Il Dio che esiste veramente. Tim Keller dice, inoltre: “Ogni cultura include alcune aree di sovrapposizione tra le proprie credenze e le credenze cristiane. Queste credenze cristiane (le dottrine “A”) avranno molto senso per i membri di quella cultura. Altri saranno abbastanza offensivi (le dottrine “B”). È importante distinguere le dottrine “A” di una cultura dalle dottrine “B” perché conoscere quali sono provvede una chiave per un confronto convincente. Questo accade quando basiamo un argomento per le dottrine “B” direttamente sopra le dottrine “B”. (Timothy Keller, Center Church Europe, Franeker, Uitgeverij Van Wijnen 2014, p. 117; di prossima pubblicazione la traduzione italiana del testo con il titolo Chiesa al centro, La Casa della Bibbia)

[13]“Il sistema di regole che permette a un messaggio di essere formulato” (LifeComp, p. 48).

[14]“Connette il messaggero al ricevente fisicamente e psicologicamente permettendo alla comunicazione di avvenire” (Ibid.).

[15]Ibid., p. 52.

[16] Ibid.

[17]Ibid., p. 55.

[18]Non si vuole qui abolire la distinzione tra “ufficiali e soldati” (Confessione di fede battista del 1689, 26.8), ma la riuscita o il fallimento della vita di una chiesa locale non può essere attribuita esclusivamente all’uno o all’altro gruppo.