Ma l’innario non è obsoleto?

 
La chiesa che si priva dell’innario fa una scelta che la impoverisce.
 

L’obiezione l’abbiamo sentita tutti. L’innario è obsoleto, non lo usa più nessuno. Fa tenerezza perché ricorda un passato che non c’è più, ma sarebbe impensabile riabilitarlo. Oggi le chiese cantano in modo diverso e l’innario non è più utile. E’ proprio così?

L’innario è un libro in cui sono raccolti i testi e gli spartiti di inni e cantici cristiani, ognuno associato ad un numero. C’era un tempo in cui le chiese evangeliche avevano in dotazione un innario contenente i canti in uso nei culti e nelle riunioni. I credenti che frequentavano il culto avevano l’innario con sé (insieme alla Bibbia) e lo consideravano come una risorsa da cui non separarsi mai. Con l’avvento della tecnologia fatta di proiettori o di schermi gigante, le chiese si sono via via adeguate a proiettare i testi dei canti, mettendo l’innario chi in soffitta, chi portandolo in discarica. Inoltre, con la dilatazione del ruolo dei conduttori del canto (pardon, “worship leader”), la scelta dei canti è sempre meno riconosciuta come prerogativa della congregazione riunita e sempre più appannaggio del liturgo di turno. Per queste ragioni e per altre, l’innario appare un oggetto da museo, più che risorsa per la chiesa di oggi. Oltre all’innario stanno scomparendo anche le copie cartacee della Bibbia, sostituite nel migliore dei casi da app, ma nel peggiore dei casi rimpiazzate da testi biblici anche questi proiettati che le persone non sanno più riferire al loro contesto canonico. 

Senza voler essere passatista e nostalgico, vorrei spendere due o tre parole a favore dell’innario quale libro, quale oggetto fisico, quale sussidio per il canto personale, famigliare e della chiesa. 

Innanzi tutto, l’innario è una raccolta non casuale né raffazzonata di canti, ma, se ben fatto, è una teologia cantabile. Se segue un ordine teologico che rispecchia una confessione di fede cristiana, l’innario è uno strumento al servizio del consolidamento della fede: ci sono inni alla Trinità, altri che esaltano la persona e l’opera di Cristo, il ruolo dello Spirito Santo, la missione della chiesa, la responsabilità della vita cristiana, le occasioni speciali. E’ una teologia cantabile a disposizione di tutti e sempre consultabile. Cantare inni in modo randomizzato e senza una raccolta coerente da cui sono presi può portare alla frammentarietà della fede e alla sua parcellizzazione in micro-parti senza connessione col tutto. Al contrario, consultare un innario immette in una visione teologica unitaria e composita, ricca e varia, in cui ogni dottrina della fede cristiana e ogni momento della vita cristiana possono essere cantati.

In secondo luogo, l’innario raccoglie canti di diverse epoche storiche e di diversi stili musicali. Dà voce alla cattolicità musicale della chiesa. Si incontrano gli inni della tradizione della Riforma, quelli dei risvegli, quelli moderni, quelli contemporanei. Insomma, c’è il respiro della chiesa storica che soffia nelle pagine dell’innario e che invita a cantare le lodi di Dio in forme e stili diversi. Il canto randomizzato tende ad essere piatto sulla contemporaneità (in genere di provenienza USA) e selettivo nello stile (in genere country-melodico). Quello dell’innario preserva la varietà e dà voce allo spessore della tradizione musicale della chiesa evangelica. 

Infine, l’innario aiuta a cantare in tutte le circostanze della vita. Quando si fa la propria meditazione, quando si fanno i culti in famiglia, quando ci si ritrova per la preghiera nelle case, quando si partecipa al culto, in occasione di incontri speciali … l’innario offre sempre opportunità di canto. E’ uno strumento di alfabetizzazione dossologica e di condivisione della lode.

Questo non vuol dire che la tecnologia sia sbagliata o che occorra opporre l’innario al proiettore. Significa solo che prima di buttare al macero l’innario bisogna pensarci bene. Non è solo un ingombrante supporto cartaceo. E’ uno scrigno di sapienza biblica e di storia spirituale che ha un valore altissimo per nutrire la fede e per cantarla alla gloria di Dio. La chiesa che si priva dell’innario fa una scelta che la impoverisce. 

(continua) 
“Se non si può cantare, la teologia è sbagliata” (9/11/2022)

Questa serie precede e accompagna l’uscita dell’innario Stupenda grazia, Caltanissetta, Alfa & Omega 2022, adottato anche dalle Chiese evangeliche riformate battiste in Italia.