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Missione fa rima con Medioevo. Le missioni che hanno cambiato l’Europa

Quali sono le prime immagini che ci vengono in mente quando pensiamo alla missione? Difficilmente il primo pensiero va ai monaci alto medievali che, senza mezzi e con poche certezze, si muovono in un’Europa piena di culti pagani, superstizioni mitologiche e usanze idolatriche. Eppure, la storia della missione proviene anche da quella lontana stagione dove si sono sovrapposti e alternati modelli di missione differenti tra loro che in misura diversa hanno contribuito all’evangelizzazione dell’Europa pagana.

Anche per questo motivo, la serata conclusiva del modulo di teologia storica proposto dalle chiese evangeliche Brecce di Roma si è incentrata sulle missioni e le figure di alcuni missionari che, durante l’alto medioevo, hanno contribuito all’annuncio dell’evangelo tra le popolazioni barbariche. Il testo di riferimento è stato il fascicolo “Letture medievali (VI-XI secolo)”, Studi di teologia N. 67 (2022). Grazie al lavoro di questi uomini coraggiosi e zelanti, la cultura di molti popoli e stata impattata per sempre portandone ancora oggi il segno. In particolare

Con la fine dell’Impero Romano d’occidente, annunciare il vangelo divenne una necessità che si spostava oltre i suoi confini. Dal centro di Roma, nel V secolo, partirono, mandati da Gregorio Magno, 40 monaci che avrebbero cambiato la storia dell’Inghilterra allora abitata dagli Angli e dai Sassoni. La missione fu forse la prima pianificata ed organizzata nei dettagli dai tempi dell’apostolo Paolo. Gregorio Magno aveva origini patrizie e una carriera politica alle spalle. Divenuto monaco, Gregorio visse una vita devota e zelante occupandosi non solo del benessere di Roma in un momento di crisi politica, ma anche di evangelizzare le aree non ancora raggiunte.

La missione con a capo Agostino, che in seguito sarebbe divenuto il primo vescovo di Canterbury, ebbe un enorme successo vedendo la conversione di migliaia di angli. La visione dei missionari fu quella di predicare ai re, i quali a loro volta, avrebbero, con il loro esempio, indirizzato i sudditi al cristianesimo. Gregorio Magno, seppur da lontano, curò la missione con uno scambio epistolare continuo con i monaci inviati e suggerendo per loro una struttura ecclesiastica di tipo episcopale che mirasse al continuo allargamento con la nomina di nuovi vescovi ogni qual volta l’area di influenza cristiana si allargava e stabilizzava.

Prima di questa missione strutturata ed organizzata, si era sviluppato il movimento missionario irlandese sul modello diverso, ma ugualmente efficace di Patrizio. Patrizio, nato in Inghilterra, passò gli anni della sua giovinezza in Irlanda dove era stato portato come ostaggio dopo essere stato rapito. Lì si convertì al cristianesimo e, sebbene fosse riuscito a scappare in Francia, decise di tornare nella terra dove era stato prigioniero per annunciare il vangelo e convertire quella popolazione in seguito ad una visione che egli interpretò come una chiamata ineludibile.

La sua opera missionaria fatta di una predicazione semplice, ma strettamente ancorata alla Parola di Dio, trasformò l’Irlanda che alla fine della vita di Patrizio poteva definirsi a maggioranza cristiana. Avendo lui come esempio, altri monaci partirono dall’Irlanda verso la Scozia e l’Europa continentale. Columba si occupò dell’evangelizzazione della Scozia, istituendo diverse “case missionarie” che erano luoghi di formazione per i convertiti e di partenza verso altri territori pagani per coloro che si formavano. Con questo modello fatto di continuo slancio verso nuove terre, la Scozia fu evangelizzata completamente. Dalla seconda generazione di monaci irlandesi partì Colombano che si spinse fino in Francia, Svizzera per approdare infine a Bobbio, sull’appenino emiliano, dove poté applicare la sua Regola, stilata sul modello di quella di Benedetto da Norcia.

A partire dall’Inghilterra fu anche Bonifacio che all’inizio del VI secolo si occupò di evangelizzare i germani devoti al culto del dio Thor. Pur con tanti aspetti positivi, questa missione accentuò alcune devianze esistenti in modo embrionale come, ad esempio, la sottomissione alla struttura ecclesiastica papale.

A muoversi in equilibrio tra Roma e Bisanzio invece furono Cirillo e Metodio, fratelli originari di Tessalonica, che furono inviati ad evangelizzare i popoli slavi. La loro grande eredità è quella di aver inventato, per poter rendere comprensibile la Bibbia e la liturgia, l’alfabeto divenuto poi quello cirillico. Questa invenzione ha permesso a migliaia di persone di leggere e alfabetizzarsi con la Parola di Dio nella lingua a loro conosciuta. Il loro non fu solo un esercizio letterario, ma il loro contributo ebbe un grande valore teologico nel considerare la traducibilità della Parola di Dio e di allontanare l’idea che solo alcune lingue privilegiate (ebraico, greco, latino) fossero le lingue della chiesa.

Il valore di queste missioni è inestimabile. Le religioni pagane preesistenti in effetti non sono mai più tornate in auge e il cristianesimo, nonostante sia poi diventata una realtà nominale che ha necessitato della Riforma alla fine del Medioevo, ha prevalso sul paganesimo.

I modelli missionari furono i più diversi e disparati. Alcune missioni ebbero una precisa organizzazione, altre furono caratterizzate dall’assoluta incertezza e alimentate dal solo zelo appassionato, altre ancora furono più legate al papato o ai poteri politici del tempo, ma tutte furono pensate con lo scopo di convertire le popolazioni dagli idoli a Cristo formando altri che potessero andare a predicare verso nuovi orizzonti. La storia delle missioni trova nel Medioevo un passaggio fondamentale che la memoria evangelica non può dimenticare.


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