Non il carnevale, ma la “coscienza cristiana”. Una storia brasiliana
Sì, c’è il carnevale con i suoi festeggiamenti chiassosi ed ammiccanti, ma ci sono anche dodicimila persone sotto un tendone nel centro di una città brasiliana che ascoltano una predicazione evangelica. Così appare una serata di febbraio a Campina Grande, città di mezzo milione di abitanti nel nord-est del Brasile. Nel pieno della settimana carnevalesca, la conferenza Consciência cristã (coscienza cristiana) è un’alternativa evangelica al carnevale. Spalmata su quattro giorni, offre un programma ricco fatto di seminari, incontri per giovani, conferenze plenarie, più stand di case editrici (presente anche quella delle Assemblee di Dio) e organizzazioni evangeliche varie. Il clima è festoso ed accogliente, tanti giovani (le scuole sono chiuse perchè è carnevale). La sera è il momento clou della conferenza dove svariate migliaia di persone partecipano al programma, mentre durante la mattina e il pomeriggio le decine di eventi sono tenuti nei teatri e in edifici ecclesiastici evangelici.
Giunta alla 25° edizione, la conferenza Consciência cristã è partita come iniziativa locale di un pastore desideroso di non avere solo un atteggiamento negativo e polemico nei confronti del carnevale, ma di proporre un evento che potesse catalizzare l’attenzione dei credenti evangelici (in crescita qui come in altre parti del Paese) e della città. Oggi la conferenza ha il patrocinio del Comune e dello stato del Paraíba, oltre ad avere numerosi sponsor in aziende locali e non solo. Il budget annuale (reso pubblico nel corso di una serata) è di circa 300.000 euro, raccolto da donazioni e da contributi vari e speso in logistica e pubblicità. In città ci sono manifesti e bandiere della conferenza. La televisione locale trasmette le sessioni, mentre molta attenzione è dedicata dall’organizzazione ai social.
L’imprinting della conferenza è evangelico-riformato. Si capisce che l’anima riformata dell’evangelismo brasiliano ha costruito una rete diffusa e capillare fatta non solo di chiese (presbiteriane, congregazionaliste, battiste), ma anche di associazioni di categoria (imprenditori, insegnanti, lavoratori), scuole (di diversi ordini e gradi), case editrici, iniziative missionarie locali e nazionali. La conferenza ha visto negli anni il contributo di diverse personalità brasiliane tra cui Augustus Nicodemus, Davi Charles, Hernandes Dias Lopes, ed è stata aperta anche al contributo internazionale (spesso di predicatori nord-americani). In passato sono passati da qui Don Carson, Conrad Mbewe, Paul Washer e molti altri.
Per la prima volta in 25 anni, delle sessioni pomeridiane e una plenaria sono state dedicate ad una lettura evangelica del cattolicesimo. Qui nel nord-est del Brasile, la presa cattolica romana sulla società è ancora relativamente forte. Inoltre, sembra esserci un fenomeno di attrazione al cattolicesimo che coinvolge giovani intellettuali che lasciano la fede evangelica (o quello che hanno sperimentato della fede evangelica) in cerca di un’identità (quella cattolica) che a loro appare più solida. Tutto ciò è accompagnato da una certa politicizzazione della religione che vede i “conservatori” (cattolici ed evangelici) trovarsi su un fronte comune non sempre avendo chiaro quali sono le condizioni di questa co-belligeranza. Gli evangelici fanno una certa fatica poi a differenziarsi sul piano dottrinale. Per queste e altre ragioni, è importante che il discernimento evangelico sul cattolicesimo sia stato promosso in un evento di popolo come la conferenza Consciência cristã.
Più in generale, la conferenza è un interessante indicatore di alcuni fenomeni. Quando le chiese evangeliche crescono, si affacciano alla piazza pubblica. Lo devono fare in modo collaborativo e con una visione anche culturale. La crescita evangelica è non solo misurabile con l’aumento del numero dei credenti e di chiese, ma anche con lo sviluppo di reti imprenditoriali che prendono iniziative nei campi educativi, sociali, accademici, ecc. e che creano eventi di popolo che riflettono la presenza evangelica in città. Quando il numero diventa consistente ed è sostenuto da una visione ampia, essa può provare a promuovere un’alternativa alle pratiche culturali maggioritarie (in questo caso: il carnevale).
In fondo, sembra di sentire l’eco di Atti 13, quando la chiesa di Antiochia, fedele alla Parola e ormai una realtà solida, fa sì che l’identità cristiana non passi più inosservata, ma spinga ad un esercizio di creatività linguistica: nasce, infatti, il nome di “cristiani”. Nel piccolo, è quanto è accaduto anche a Campina Grande.