Omosessualità, transessualità, queer … tutto dipende dalla teologia del corpo
[Questo articolo è stato già pubblicato il 5 gennaio 2021. In occasione del periodo estivo, la redazione di Loci Communes ha scelto di ripubblicare articoli che ritiene rilevanti, alternandoli a nuovi. Buona lettura!]
Tesine per la discussione presentate in occasione di un seminario organizzato dalle Congregazioni Pentecostali a Misterbianco (CT) il 22/6/2019.
1. Dio ha creato esseri spirituali (angeli), esseri vegetali e animali, ma ha creato l’uomo e la donna (esseri umani) “a sua immagine e somiglianza” (Genesi 1,26). L’uomo e la donna, creati ad immagine e somiglianza di Dio, sono creature umane (non vegetali, non animali) corporee (non angeli), cioè la loro identità di creature è legata al loro corpo creato. Non esiste identità umana fuori dal corpo, senza il corpo, a prescindere dal corpo. Contro la tentazione gnostica (che considera il corpo un mero involucro) o post-umana (che considera il corpo un limite da superare), noi siamo il nostro corpo: siamo certamente più del nostro corpo (anima, spirito, cuore), ma non siamo meno del nostro corpo.
2. Dio ha creato l’uomo e la donna “maschio e femmina”. L’essere maschio e femmina è una distinzione sessuale ed è un tratto distintivo binario. Il sesso del corpo (femminile o maschile) è un dato biologico, simbolico e funzionale stabilito e dato da Dio al concepimento. Non è un flusso incerto e liquido. Non è un dato da inventare o cambiare. E’ un dono di Dio! Non ci sono identità umane altre (LGBTQ+) che non siano maschio e femmina.
3. Il nostro essere corpi sessuati è il filtro attraverso cui la nostra comune umanità è vissuta da uomini o da donne. L’essere maschio o femmina “colora” le nostre percezioni, sensazioni, interpretazioni ed esperienze del mondo.
4. Uomo e donna hanno uguale dignità davanti a Dio e l’uno verso l’altro e, allo stesso tempo, sono diversi nel loro sesso e quindi nel loro modo di essere persone. Sono uguali e diversi allo stesso tempo.
5. La relazione sessuale tra esseri umani (unione corporale) si svolge dentro una cornice pattizia (patto di vita matrimoniale) tra un uomo e una donna (Genesi 2,24). L’unione tra corpi avviene con chi è altro da sé. Come all’interno della Trinità, il Padre si relaziona al Figlio e allo Spirito Santo e vice versa (uguali per natura, diversi come Persone), la donna si relaziona all’uomo (uguale per natura, diversa come persona). La relazione sessuale tra “omologhi” è la ricerca di un altro sé, non di un altro da sé.
6. Il peccato ha alterato la direzione della creazione. La rottura dell’alleanza ha comportato uno stravolgimento dell’ordine creato: in questo campo, l’accettazione del corpo è diventata soggetta a contestazioni; il dono del sesso ricevuto viene rifiutato e idolatrato; la stabilità del sesso viene scambiata con una fase temporanea e nelle disponibilità dell’individuo di cambiare; i traumi subiti e le influenze negative interiorizzate portano le persone a mettere in discussione il dono della vita sessuata ricevuta; la relazione erotica s’infiamma tra persone dello stesso sesso (Romani 1,27). Noi viviamo in questa situazione segnata dal peccato. Tuttavia, nessuno è scusato davanti a Dio (Romani 1,20; 2,1). Tutte le storie vanno ascoltate con attenzione ed empatia, ma nessuno può dire per autogiustificarsi: “sono nato così” (LGBTQ+) come scusa per non accettare la verità di Dio su di lui/lei e per rigettare l’invito al cambiamento secondo la Parola di Dio.
7. Lo sconvolgimento del peccato non è solo rinvenibile nei fenomeni dell’omosessualità, transgenderismo, queer, post-umanesimo, ecc., ma anche nel vissuto malato di ogni mascolinità e femminilità. In quanto peccatore, nessuno di noi è “sessualmente normale”: la nostra mascolinità e femminilità sono distorte (adulterio, fornicazione, autoerotismo, ecc.) e tutti siamo chiamati a ricevere guarigione e liberazione dalle distorsioni del peccato. Il problema è di tutti!
8. Per quanto radicale l’effetto del peccato sia, esso non può alterare la struttura della creazione (Romani 1,20) che rimane quella che Dio ha voluto che sia: le opere di Dio si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo (Romani 1,20) e, per quanto soggette alla “vanità” del peccato (Romani 8,20), non sono per questo abrogate o annullate. La legge di Dio sulla creazione rimane.
9. Il corpo è così importante che il Figlio di Dio si è incarnato in una persona (Filippesi 2,7-8), cioè un corpo umano, per portare salvezza al mondo. La salvezza non viene da angeli o da spiriti, ma dal Figlio di Dio incarnato: il Signore Gesù Cristo, nato da donna, diventato uomo per noi. Nel culmine della sua missione, Gesù ha dato il suo corpo per noi. La resurrezione di Gesù Cristo è il segno che il corpo è riportato in vita e glorificato come “primizia” della resurrezione dei corpi di tutti (1 Corinzi 15,20). Anche noi risorgeremo con un corpo spirituale e vivremo l’eternità in questi corpi di resurrezione (1 Corinzi 15,42-44; Romani 8,11). A differenza del corpo della vita terrena, il corpo della resurrezione non avrà connotazioni sessuali (Marco 12,25).
10. Uno dei segni della rigenerazione divina in noi (e quindi della conversione a Cristo e dell’opera santificatrice dello Spirito Santo) è la cura del nostro corpo e cioè: “possedere il proprio corpo in santità e onore, senza abbandonarsi a passioni disordinate” (1 Tessalonicesi 4,4-5). Infatti, “il corpo non è per la fornicazione, ma è per il Signore, e il Signore è per il corpo” (1 Corinzi 6,13). La fede in Gesù Cristo riporta a vivere la propria corporeità, riconoscendo il corpo come dono, accettandolo nei suoi limiti, curandolo in modo disciplinato, spronando a ricercare un’identità personale guarita e relazionalmente sana. “I nostri corpi sono membra di Cristo” (1 Corinzi 6,15). La persistente immoralità nel trattare il corpo è un cedimento al disastro operato dal peccato e un segno di carnalità.
Dunque, nella nostra cultura profondamente segnata da sacche di machismo e femminismo, ma anche dallo gnosticismo e dal post-umanesimo, secondo 1 Pietro 2,9 siamo chiamati ad essere:
un popolo di profeti: dobbiamo dire pubblicamente la verità di Dio sull’uomo e sulla donna, con saggezza e profondità, costi quello che costi, anche se è un messaggio controcorrente che può urtare o essere recepito come retrogrado. E’ la verità di Dio che prevale: noi non possiamo nulla contro la verità; quello che possiamo è per la verità (2 Corinzi 13,8).
un popolo di sacerdoti: dobbiamo essere “prossimo” a tutti coloro che combattono contro la loro identità o che sperimentano vissuti malati e distorti della loro sessualità. Dobbiamo ascoltare, avvicinare, non creare ostacoli culturali, parlare della guarigione di Dio e pregare per loro. Piuttosto che giudicare e scappare, dobbiamo parlare a e restare con le persone a cui parliamo della verità di Dio.
un popolo regale: dobbiamo essere un esempio di vissuti di mascolinità e femminilità guarite. Non basta parlare della guarigione di Dio se non siamo in un cammino di guarigione noi stessi. Non basta essere “prossimi” verso gli altri se non siamo prossimi a Dio e quindi indirizzati verso un cammino di guarigione. Il compito regale significa anche partecipare al dibattito pubblico con umiltà e fiducia, tenendo alta la parola della vita, con umiltà e coraggio.
Per approfondire:
Aa.Vv., “Mascolinità e femminilità”, Studi di teologia NS XIV (2002) N. 28; AaVv, “Omosessualità”, Studi di teologia –Suppl. N. 2 (2004); AaVv, “Unioni civili”, Studi di teologia – Suppl. N° 12 (2014); AaVv, “Genere/Gender”, Studi di teologia – Suppl. N. 13 (2015); AaVv, “Post-umanesimo”, Studi di teologia – Suppl. N. 14 (2016); LDC, “Omosessualità” e la relativa bibliografia nel Dizionario di teologia evangelica, a cura di P. Bolognesi, L. De Chirico, A. Ferrari, Marchirolo (VA), EUN 2007, pp. 509-511; L. De Chirico, “Comunità profetica, sacerdotale e regale. Profili di etica pubblica per la chiesa”, Studi di teologia (2017/2) N. 58, pp. 87-97; John Stott, “Unioni omosessuali?”, Tempi di restaurazione (2010/2) pp. 12-20.