Vito Mancuso e la sua etica (fallace) per giorni difficili
Abbiamo bisogno di etica, ma dove trovarla? Vogliamo sia libertà che valori, ma come non scadere nel relativismo? Abbiamo tutti coscienza della crisi ecologica, ma come affrontarla? Tutti registriamo discriminazioni ed ingiustizie, ma come combatterle?
Tutte questi interrogativi mostrano che la domanda di etica è alta, che se ne abbia coscienza o meno. Il teologo cattolico Vito Mancuso prova a prendere di petto questi temi nel libro Etica per giorni difficili, Milano, Garzanti 2022. Sono tempi difficili, i nostri, e sono tempi che chiedono di essere vissuti eticamente. Mancuso ritiene che senza una buona etica non ci sia salvezza né per il pianeta né per l’umanità. Questa è la sua preoccupazione.
Quale è la sua proposta? Mancuso fa appello a una maggiore responsabilità personale. A sostegno cita alcuni filosofi del passato che fecero appello all’impegno responsabile e contrasta fortemente Nietzsche che ha contribuito alla relativizzazione della religione, della politica e del capitalismo. Suggerisce inoltre alcuni ingredienti che ritiene importanti per una buona etica: l’istruzione, l’amore per la natura, l’igiene, la meditazione introspettiva. Emerge la fiducia nell’essere umano riprendendo l’assunto di Immanuel Kant secondo il quale è possibile raddrizzare il legno storto in rettitudine.
Sembra una prospettiva antica, di tipo naturalistica e filosofica che, per quanto possa essere interessante, fino ad ora non ha prodotto i risultati sperati. Non sembra errato sperare in un mondo migliore ed in una esistenza più umana. Un teologo cattolico (anche se laico e per molti aspetti poco allineato al cattolicesimo tradizionale) non poteva che fare appello alla responsabilità umana perché la sua teologia prende le mosse dal motivo natura–grazia, ritenendo quest’ultima un’aggiunta alle capacità e facoltà umane. Per la cultura cattolica l’umanità ce la può fare a risolvere i problemi: la grazia è intrinseca a tutti (benché indebolita dal peccato) e può trovare la massima espressione nei sacramenti della chiesa e nelle sue prassi.
Da un teologo, mi sarei aspettato una proposta teologica e non umanistica. Invece, anche il teologo si accoda al coro umanistico che vede una pletora di filosofi, politici e pensatori che ci dicono: trova in te stesso la soluzione, aumenta l’impegno, risolvi i problemi da solo o, al massimo, con i tuoi simili. Domanda: è sufficiente il richiamo alla responsabilità? Ma di chi? Alla scelta umana? Ma orientata da cosa? All’impegno personale? Ma in vista di quale progetto di vita buona?
L’unica risposta adeguata al male presente in noi e nel mondo viene dall’alto, da Dio e non dal basso. I Riformatori del XVI secolo, basandosi sull’autorità della Sacra Scrittura, reimpostarono la risposta alla domanda di etica. Essi compresero che non si poteva rimanere solo sul piano naturale. Bisognava aprire le finestre della Parola di Dio per vedere la luce di Dio.
Nel saggio “L'insostituibile funzione critica dell'etica cristiana”, Studi di teologia) André Bieler scrive che ci troviamo di fronte ad un confitto di due morali. Quella che si rifà a Dio ed alla Sua volontà e la morale che l’umanità si crea per auto-governarsi, immaginando di poter realizzare in modo autonomo ed al di fuori del progetto divino la sua piena umanità.
L’appello alla responsabilità prospettato da Mancuso va certamente considerato. Tuttavia, senza aprire la prospettiva alla visione biblica del mondo che ci decentra nella nostra arroganza e ricentra tutto a partire da Dio e dalla sua Parola, temo che rimanga un appello retorico come tanti ce ne sono stati nel passato. Senza il Vangelo che trasforma l’intera vita e ponendo fiducia nell’umanità auto-definita e auto-diretta, il richiamo alla responsabilità rischia di essere vuoto come problematici sono stati tutti i tentativi di fare leva sulle facoltà umane a partire da presupposti umanistici. Mancuso dice bene che senza etica non c’è futuro. Ma la fiducia nella responsabilità umana non ha futuro e quindi la sua proposta etica è fallace. Il futuro, così come il passato, il presente e l’eternità, è di Dio e per affrontare i tempi incerti è meglio costruire l’etica partendo dall’affidabilità di Dio piuttosto che appoggiarsi sul nostro impegno soltanto. Se i teologi non ci ricordano questo e invece si uniscono al coro umanistico, a cosa servono?