Riappropriarsi del dovere di educare e d’istruire
Pare molto lontano il tempo in cui in Europa l’istruzione apparteneva a pochi. Dalla Riforma protestante in poi l’istruzione popolare e il diritto all’educazione universale hanno fatto il loro corso. Nonostante ci siano ancora molti – troppi – bambini nel mondo che non riescono ad accedere ad una istruzione elementare, essa rimane comunque uno degli obiettivi prioritari dei governi del nostro tempo (4° obiettivo dell’Agenda 2030). Nelle nostre società democratiche occidentali, che garantiscono a tutti i bambini il diritto a ricevere un’istruzione, è quasi scontato per una famiglia media, con uno o più figli in età scolare, procedere alla loro iscrizione in una scuola pubblica.
In Italia alcune famiglie invece (circa il 10 %) scelgono una scuola privata paritaria, mentre solo 1000 famiglie circa sulla popolazione nazionale scelgono l’istruzione parentale per i propri figli (dati MIUR). Spesso queste scelte avvengono solo in seguito ad una esperienza deludente di un sistema o di un altro inizialmente provato. Altre volte una scelta consapevole non avviene per mancanza di una informazione plurale e diffusa circa questo diritto. Molti genitori sono nell’ignoranza riguardo la propria responsabilità di scegliere tra opzioni diverse, e a questo si aggiunge una consolidata cultura della delega e la mancanza di un vero pluralismo educativo nel nostro Paese.
L’accento va posto proprio sulla parola responsabilità. La responsabilità di educare e d’istruire i figli è regolata dalla Costituzione italiana al Titolo II dove si afferma che “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti” (art. 30); “L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento” (art. 33) e “L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria” (art. 34). L’obbligo è stato poi alzato a 10 anni nel 2006 (296/2006 Art.1 comma 622).
La legislazione italiana, riconoscendo il primato della famiglia nell’educazione dei propri figli, riconosce anche la responsabilità di scelta dei genitori su come adempiere questo obbligo. Lo scenario allora si allarga e si prendono in considerazione anche possibilità nuove. Si può accedere quindi alla scuola statale aperta e gratuita per tutti, scegliere una scuola privata legalmente riconosciuta o no, che si caratterizza per una specificità di tipo pedagogico o religioso, oppure scegliere di educare direttamente i propri figli attraverso quella che è definita come istruzione parentale, che assume le forme e le sembianze più variegate, in forma individuale o in forme associate.
Lo Stato italiano, insomma, riconosce una realtà che lo precede. La legge, infatti, ribadisce un principio perfettamente biblico, in quanto a educazione e libertà di insegnamento, e riconosce tale compito come priorità e responsabilità delle famiglie (Dt 6,4-9, Sal 78,4). La cultura assistenzialista, però, per quanto gli educatori si sforzino a volerla superare, è in realtà insita nella natura stessa del sistema scolastico italiano che ha incoraggiato le famiglie, soprattutto quelle più povere, a delegare in maniera quasi automatica il compito dell’istruzione allo Stato, limitando di fatto anche la loro scelta consapevole nell’espletare questo compito così importante ed essenziale. Anche la libera impresa e l’associazionismo nel campo educativo ne hanno risentito, diventando quasi nulle e inesistenti sul fronte evangelico.
Come genitori evangelici, a prescindere dal tipo di scelta che compiamo, siamo chiamati da Dio a riappropriarci non solo del dovere di educare in famiglia, ma anche d’istruire scegliendo responsabilmente la strada che vogliamo far percorrere ai nostri figli, in coerenza con le nostre convinzioni più profonde, sulla base dei bisogni specifici dei nostri figli e del contesto nel quale ci troviamo, in fedeltà alla chiamata che il Signore rivolge ad ogni famiglia nello specifico. Il mandato culturale affidatoci da Dio alla creazione, inoltre, ci spinge ad essere intraprendenti, a desiderare di vedere ampliato l’orizzonte e le possibilità educative dei nostri figli e nipoti, ci incoraggia a realizzare forme di associazionismo tra genitori che siano di supporto gli uni agli altri nell’affrontare il compito dell’istruzione e che siano promotrici di una cultura e una visione del mondo biblica.
Quando nel XVI secolo il riformatore Martin Lutero si pronunciò affinché si aprissero scuole popolari per insegnare ai giovani a leggere e scrivere, si rivolse da un lato ai Principi che avevano la responsabilità e il potere amministrativo di mettere in essere un’opera simile, ma nel medesimo tempo si rivolse ai padri e alle madri sollecitandoli ad assumere la propria responsabilità, che tanto a lungo avevano abbandonato. Anche oggi, di fronte alle dinamiche in corso nel mondo della scuola, alle spinte universaliste e omologatrici, vogliamo riconoscere l’importanza di questa responsabilità, riappropriarcene e incoraggiare altri a fare lo stesso, essendo padri e madri presenti, partecipi e intraprendenti nel percorso d’istruzione dei nostri figli?