Santi nel mondo (III). La famiglia puritana

 
 

“Sei proprio un puritano!” Quante volte abbiamo sentito questa esclamazione in tono contrariato? Spesso per affermare che quell’atteggiamento o quel punto di vista considerati retrogradi, fuori dalla realtà o addirittura oscurantisti? La verità è che c’è molto fraintendimento sul termine “puritano” e su chi fossero davvero i puritani. Nel suo libro Santi nel mondo. Il vero volto dei puritani, Caltanissetta, Alfa&Omega 2017, Lelan Ryken apre una finestra sulla realtà dei Puritani e su come provavano a vivere l’Evangelo in modo integrale in ogni ambito della vita.

Nell’immaginario comune italiano, non c’è traccia del contributo sociale puritano; forse si sottovaluta con superficialità, o non si ha idea di quello che ancora noi oggi possiamo imparare delle loro riflessioni sociali e delle aree più private come per esempio la famiglia.

Nella riflessione puritana della famiglia primeggiava lo scopo di dare la gloria a Dio, dal momento che questa stessa è istituita da Dio, così come affermava William Perkins: “il matrimonio fu creato da Dio stesso affinché fosse la sorgente d’ogni altro genere di vita nella società e nella chiesa” (p. 136). L’impegno familiare era visto come fondamentale per i Puritani perché una buona società è tale se le famiglie svolgono il loro compito educativo. Tuttavia, bilanciavano bene la vita sociale con l’importanza della realizzazione personale di ogni membro della famiglia. 

Quando analizziamo la visione puritana della famiglia non dobbiamo scendere a conclusioni affrettate. Le famiglie dell’epoca vivevano le loro sfide, come le vivono le famiglie di oggi. La famiglia era un dono di Dio “affinché gli infiniti problemi che questo mondo ci riserva potessero essere alleviati dal conforto e dall’aiuto reciproci” (p. 137).

Se oggi nel parlare di famiglia (ma non solo), la tendenza è quella di appiattire o ignorare i ruoli e togliere completamente dal quadro l’idea di un esercizio differenziato di autorità, nelle famiglie puritane la differenza dei ruoli era realtà ben definita, che non veniva fraintesa e che non ledeva la dignità della moglie, del marito e nemmeno dei loro figli, anzi favoriva il buon andamento di tutti e il loro benessere nelle sfide di tutti i giorni. 

Il marito/padre era il “capo responsabile” di quanto accadeva, colui che deve accertarsi del corretto andamento della famiglia perché strettamente collegato all’assunzione di responsabilità, guidata dall’amore per Dio e per la sua famiglia. 

La moglie/madre a sua volta era parte attiva in una comunione di aiuto reciproco, con ruoli diversi, certamente, che non ne sminuivano la dignità. Per usare le parole di Samuel Torshell “le donne sono capaci dei più alti conseguimenti e della più grande gloria che un uomo possa conquistare” (p.142) a dimostrazione che la diversità di ruoli e non impediva alla moglie di istruire il marito nemmeno nelle questioni religiose o, quando necessario, nel riprenderlo per i suoi peccati.

Era una sana comprensione della “teologia del patto” che garantiva i giusti equilibri familiari, era quella relazione con Dio che accresceva il senso di responsabilità dei genitori per i propri figli: in ambito spirituale, ma anche materiale. Infatti, sia l’assistenza materiale che l’educazione spirituale erano ugualmente importanti. I genitori puritani nel fornire l’istruzione, o assicurarsi che i propri figli imparassero una professione, non mancavano di assicurarsi della loro salute spirituale e che diventassero così membri rispettabili e utili alla società. 

Il loro modello di educazione, grazie ad una sana dottrina del peccato, anticipa alcune teorie pedagogiche del nostro tempo: l’importanza dell’apprendimento precoce, il principio per cui i genitori insegnano più con l’esempio che con le parole e che l’educazione dei genitori deve essere bilanciata tra la riprensione e guida positiva. Insomma, la famiglia puritana era paragonata ad una “piccola chiesa”, dove il culto a Dio era parte della vita quotidiana e per questo ne modellava ogni minimo aspetto, così da renderla luogo di benedizione per ogni membro al suo interno e per la società in cui era inserita.

Per noi oggi è una sfida e allo stesso tempo sarebbe una benedizione cogliere questa riflessione puritana sulla famiglia, così da essere benedizione per i membri delle nostre famiglie e per la società in cui viviamo, ma soprattutto adempierne allo scopo principale: rendere gloria a Dio.

(continua)

Della stessa serie:
“Santi nel mondo (I). Si può imparare qualcosa dai Puritani?” (1/11 2022)
“Santi nel mondo (II). I Puritani e la vita per la gloria di Dio” (16/11/2022)