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Seoul chiama Italia (III). Il mondo digitale

Il mondo in cui viviamo è cambiato radicalmente negli ultimi decenni. L’esponenziale avanzamento tecnologico a cui stiamo assistendo è senza precedenti e ha cambiato inesorabilmente questa epoca. Ogni aspetto della vita quotidiana è costellato dalla pervadente e costante presenza di strumenti digitali che ci accompagnano da quando ci svegliamo a quando ci addormentiamo, sia che siamo sul posto di lavoro, sia che dobbiamo svagarci o comunicare con gli altri; e forse più che in ogni altra epoca il rapidissimo progresso tecnologico sta sollevando delicate questioni in ambito etico, filosofico, sociale e chiaramente anche teologico.


Proprio per questo, in occasione del Quarto Congresso di Losanna tenutosi a Seul dal 22 al 28 settembre è stata data grande enfasi alla questione dell’utilizzo degli strumenti digitali. Nell’elenco delle tre sfide su cui la chiesa evangelica globale deve focalizzarsi per affrontare il presente e il futuro presentato da Michael Oh durante la plenaria serale del martedì, accanto alle due “d” di disciple making e disciple maturing, c’è anche la “d” di digital


Per Michael Oh, la chiesa deve maturare la consapevolezza che il mondo di oggi è sempre più digitale e che essa deve utilizzare tutti gli strumenti tecnologici a sua disposizione, altrimenti correrà il rischio concreto di “perdere” la prossima generazione. Il digitale non è necessariamente l’unica strada da intraprendere, ma nessuno può ignorarlo. Farlo sarebbe un grave errore, così come abbandonarsi ad esso in maniera acritica. 


Per questo è urgente che la chiesa evangelica globale costruisca una coscienza rinnovata riguardo la natura della tecnologia, affinché ogni credente sappia orientare la propria risposta alle sfide della nuova rivoluzione industriale sulla base di una sana visione del mondo cristiana fondata sulla saggezza biblica. 


Sarebbe riduttivo relegare la tecnologia a mero strumento per raggiungere degli scopi. In realtà la tecnologia, inclusa quella digitale, è qualcosa di più: rappresenta un’espressione della creatività insita nell’essere umano fatto ad immagine di Dio. 


Tuttavia, il peccato, condizionando ogni aspetto della vita umana, ha rovinato sia l'uso della tecnologia che lo stesso processo di avanzamento tecnologico. Le conseguenze devastanti del peccato sono evidenti in diversi ambiti, basti pensare agli effetti disastrosi causati dall’inquinamento globale o alle ansie provocate dall’abuso dei social.

Per questo è necessario che la chiesa abiti correttamente il mondo dei media e abbia contezza non solo dei rischi ma anche delle grandi potenzialità che un uso corretto della tecnologia digitale può offrire. La corsa affannosa ad utilizzare acriticamente l’ultima novità tecnologica non potrà che portare al rischio concreto di idolatrare la cosa creata al posto del Creatore.


I mezzi offerti dalla rivoluzione digitale possono servire alla chiesa per catalizzare le connessioni e per sviluppare efficienti processi di discepolato, anche e soprattutto nei confronti della Generazione Z. In ambito sociale, infatti, la digitalizzazione ha acuito parecchio il divario tra generazioni, opponendo tra loro dei varchi che rendono complessa la comunicazione e la comprensione reciproca. 


Come affermato nella relazione di Denise-Margaret Thompson il 95% della Gen Z nel mondo ha uno smartphone; molti di loro hanno vissuto male la pandemia e oggi soffrono di salute mentale, motivo per cui la Gen Z ha alti tassi di suicidio. La maggior parte di loro è atea, ma sono assetati delle cose che Gesù ha insegnato riguardo le relazioni e la trasparenza.


Con umiltà, mansuetudine ed amore, la chiesa deve entrare in contatto con il mondo della Generazione Z anche usando quegli strumenti digitali che tanto sono centrali nelle loro vite.


Losanna ha parlato da sempre della complessità della società e delle persone che la vivono. Ha sempre dichiarato che la condivisione del Vangelo è semplice, comprensibile anche da un bambino, ma non semplicistica.


Il Vangelo è semplice ma anche potente. Può parlare al cuore di persone che vivono contesti sociali complicati o che che vivono in un’epoca complicata come questa. Ogni cristiano deve abitare la società digitale confidando nell’eterno Dio che è potente a salvare anche la Generazione Z.


Infine, come affermato all’articolo VII della Dichiarazione di Seul, la chiesa deve svolgere anche in questo tempo il suo ruolo profetico nel mondo digitalizzato. Facile da dire, meno facile da realizzare.

Ad esempio, al Congresso c’era un Digital Discovery Center che metteva in mostra tante iniziative in corso nel mondo digitale. Tra queste, c’era un’applicazione dell’intelligenza artificiale che funge da “guida spirituale” per le persone in ricerca.

Ecco: nell’entrare nel mondo digitale, quali sono i confini da non superare? Si può delegare all’intelligenza artificiale il ruolo di guidare la ricerca? Un altro spunto: al congresso con 5000 partecipanti non c’era un solo banco di libri. Bene l’attenzione al mondo digitale, ma possibile che questo significhi eliminare i libri cartacei?


La chiesa globale cosa saprà dire in merito all’uso delle nuove tecnologie in tenera età e alle implicazioni sullo sviluppo cognitivo dei bambini? Cosa dirà sull’impatto negativo dei social media sugli adolescenti in particolare riguardo alla mercificazione del corpo femminile, ai disturbi alimentari e al bullismo? Cosa potrà dire in riferimento allo sviluppo delle capacità relazionali tra gli adolescenti? Cosa avrà il coraggio di dire in merito al progressivo abbandono delle modalità tradizionali della cultura? Come dichiarato da Michael Oh, continuiamo ad essere una voce profetica per la nostra generazione, dichiarando verità bibliche e praticando azioni bibliche. 

Della stessa serie:

Chiara Lamberti, “Seoul chiama Italia (I). La sfida delle nuove generazioni” (7/10/2024)

Damaris Marletta, “Seoul chiama Italia (II). Il lavoro come missione” (11/10/2024)


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