Tendenze della missione in Europa. Un rapporto pieno di spunti ma con un (importante) punto cieco
È piuttosto semplice per una chiesa evangelica stabilizzata in una zona residenziale, così come per una chiesa di nuova fondazione in una grande città, guardarsi attorno e vedere solo macerie e perdere così di vista l’orizzonte e il panorama ampio nel quale si svolge la sua vita e la sua missione.
La pandemia da COVID 19 in molti casi ha rafforzato questa tendenza introspettiva e autocentrata. Ogni chiesa locale ha certamente la sua specifica chiamata in un territorio preciso ma è anche coinvolta, spesso inconsapevolmente, in dinamiche ben più grandi, a cui essa ha in parte contribuito e dalle quali è in gran parte influenzata. Ogni chiesa dovrebbe mettere nella propria agenda, in modo intenzionale, momenti per interagire con altre chiese locali (nella propria denominazione o in seno all’Alleanza Evangelica Italiana per esempio), ma è chiamata anche a cercare occasioni di interazione più ampie al di fuori del proprio contesto locale e, ad un livello ancora più esteso, al di fuori del proprio contesto nazionale.
Questo “andare oltre i confini” aiuta la chiesa a tenere gli occhi sempre aperti alle dinamiche che coinvolgono il popolo evangelico nel suo complesso e alla provvidenza di Dio che si muove nella storia, offrendo opportunità di valutazione, ri-vitalizazzione e rinnovamento della propria visione in vista del compito primario della chiesa, che è la missione di Dio nel mondo.
Europe 2021. A missiological report, redatto dal missiologo britannico Jim Memory e reso disponibile dalla rivista VISTA è un ottimo strumento per aiutare le chiese a vedere la loro vita e il loro operato inserite nel contesto più ampio della missione in Europa, riconoscerne i cambiamenti e le ampie battaglie spirituali e culturali nelle quali anch’esse sono coinvolte.
Il report, nato inizialmente come parte di una revisione della strategia interna dell’agenzia missionaria European Christian Mission è stato poi riscritto per favorirne una diffusione maggiore, al fine di stimolare la discussione della chiesa e la riflessione sul proprio compito missionario. Si compone di quattro sezioni, due delle quali rivolte ad indagare il contesto generale e spirituale dell’Europa sociologicamente intesa e le ultime due sezioni sulle tendenze e i cambiamenti in atto nella visione e nella pratica della missione e le implicazioni di tutto ciò per la missione della chiesa nel 2021.
Pur nelle sue enormi differenze territoriali, il report cerca di identificare le questioni centrali e le tendenze che stanno modificando il volto dell’Europa e quindi il contesto della nostra missione. Esso offre una fotografia sintetica ma organica dell’Europa di questo secolo per ciò che riguarda la vita politica, sociale, ambientale e tecnologica, senza tralasciare gli aspetti della sua vita spirituale e religiosa. Proprio in questa seconda sezione (“Europe today: spiritual context”) emergono tre fattori che stanno contribuendo in modi diversi alla rievangelizzazione dell’Europa: la chiesa della diaspora, la fondazione di chiese e la giovane generazione di credenti. Tre elementi che hanno sempre caratterizzato la dinamicità della missione evangelica.
L' interazione con lavori come questo, però, offre alla chiesa evangelica italiana anche l’occasione per dare il proprio specifico contributo da una prospettiva particolare e per molti aspetti unica. È interessante notare ad esempio come nella sezione riguardante il contesto religioso e i trend in corso in Europa non emerga mai la consapevolezza che quando si parla di “chiesa” o di “cristiani” in Europa non si può non affrontare il tema del cristianesimo liberale, cattolico e ortodosso, oltre a quello evangelico. In tutto il documento, peraltro ben documentato, non c’è traccia del fatto che l’Europa sia la sede del Vaticano, dei vari patriarcati ortodossi ed è stata anche la culla della teologia liberale. La presenza dei cristianesimi liberale, cattolico e ortodosso non è un problema missiologico? Ci si può accontentare di usare le categorie di “chiesa” e di “cristiani” senza mostrare una comprensione della realtà religiosa europea? L’Europa è solo definita dalla “secolarizzazione” o non permangono importanti influenze del cattolicesimo, dell’ortodossia e del liberalismo? Non c’è nemmeno un cenno al “nominalismo cristiano” come un'altra questione importante da affrontare per la missione in Europa (argomento già trattato durante la Consultazione di Losanna che si tenne a Roma nel 2017 e al quale l’autore stesso prese parte).
Nonostante queste necessarie integrazioni, il lavoro è degno di nota e le ultime due sezioni del documento (“Trends in Mission” e “Implications for mission in Europe”) offrono moltissimi spunti di valutazione e rilancio per le chiese, le agenzie missionarie e le organizzazioni coinvolte in ministeri di vario tipo al fianco le une delle altre. Ad esempio, sulla scia del Patto di Losanna (1974) e dell’Impegno di Città del Capo (2010) la missione è vista non più come una attività di pochi professionisti, ma come la missione di Dio mediante tutto il suo popolo. Inoltre, benché il ruolo dei “missionari” sia ancora utile, la soggettività della missione sta nelle chiese locali in rete tra loro.
La chiesa che pensa di essere fuori da queste dinamiche o che non prende in seria considerazione l’Europa come proprio campo di missione rischia di restare chiusa in sé stessa, dimenticando che il proprio compito è quello di seminare il campo, per quanto malconcio possa apparire.
Lo scopo della missione della chiesa resta immutati nel tempo, qualunque sia il contesto: essere discepoli che seguono fedelmente Cristo in ogni sfera della propria vita e formare comunità di discepoli che insieme danno testimonianza fedele della vita, della morte e della risurrezione di Cristo. Ma questa missione si adempie fedelmente quando insieme riconosciamo che c’è un campo di missione. Europe 2021, offre una occasione, tra molte altre, per considerare in quali modi stiamo pensando e vivendo la missione e per incoraggiare la chiesa evangelica a pregare e agire con maggiore consapevolezza della posta in gioco.