Una super-religione ci salverà? Intorno ad un libro di Marco Ventura
Una certa vulgata della secolarizzazione ci dice, talvolta in tono allarmato tal altra in tono trionfale (dipende da chi la presenta), che la religione sta scomparendo dal mondo. In realtà, a livello globale, l’85% della popolazione si identifica con una religione e il restante 15% ne è comunque impattato a vario titolo (anche quando la combatte). Dunque, la religione non sta evaporando; sta però cambiando, adattandosi alle sfide del nostro tempo e diventando una sorte di super-religione. Questo è il punto da cui parte Marco Ventura nel suo libro Nelle mani di Dio. La super-religione del mondo che verrà, Bologna, il Mulino 2021, pp. 190.
Per osservare la trasformazione della religione di ieri nella religione di oggi, Ventura usa la metafora delle mani di Dio all’opera nel mondo. Dio ha almeno tre mani: quella armata in cui le religioni svolgono un ruolo per la pace; quella invisibile in cui le religioni operano nel campo dello sviluppo; quella aperta in cui le religioni plasmano il futuro. Dall’intreccio delle tre mani nasce la super-religione “più grande delle singole religioni che ingloba” (p. 35) e che “sembra capace di abitare ovunque” (p. 38). Questa super-religione può chiamarsi “spiritualità”, “belief”, “identità spirituale” o altro secondo l’acronimo RSSI (religious, secular and spiritual identities). In ogni caso, sembra “un’unica grande casa” capace di abbracciare non solo il mondo tradizionale delle fedi, ma anche la religione civile, la religione dei diritti, la religione intesa come retaggio storico della cultura, la religione inclusiva e sinonimo di comune umanità, ecc.. Il libro è uscito prima dell’enciclica “Fratelli tutti” di papa Francesco che s’iscrive di diritto a questa super-religione, anzi la interpreta in modo coraggioso o spaventoso, a seconda dei punti di vista.
Sulla violenza delle religioni, esiste una “ambivalenza strutturale” di cui sono portatrici anche se questa ambivalenza è disconosciuta da chi ritiene che le religioni siano intrinsecamente violente o, al contrario, pacifiche. La super-religione spinge per fare della religione lo spazio di cooperazione economica, sociale e politica, di promozione e protezione dei diritti umani, di prevenzione dei conflitti e di risoluzione pacifica delle controversie. In molti discorsi sul dialogo inter-religioso questa aspettativa è parte integrante della visione di chi lo promuove. Uno pensa di dialogare su temi religiosi, ma si ritrova in una narrazione che tende ad appiattire le differenze in funzione di altri obbiettivi, quali la prevenzione dei conflitti dentro un’unica super-religione.
Un’altra mano religiosa ha che fare con lo sviluppo economico: una sorta di “mano invisibile” del mercato (Adam Smith) colorata con tonalità religiose. Le religioni sono fattori economici di grande rilevanza che competono con altre fonti di senso, come la scienza, la tecnologia. Talvolta queste si trasformano in veri e propri “vangeli della prosperità” che promettono ricchezze a chi ne segue i dettami. Contro chi pensa all’economia come a un campo asettico ed impenetrabile rispetto alle religioni, la super-religione intreccia libertà religiosa e libertà d’impresa, aprendo “mercati” e immettendovi risorse umane e capitali sociali.
Per queste e altre ragioni ben evidenziate nel libro, la super-religione è un attore importante nel mondo contemporaneo. Forse, nel contesto della secolarizzazione, la religione non è più un elemento stabile, ma “intermittente” e cangiante, eppure presente.
Nella mia limitata esperienza pastorale ho incontrato tracce di super-religione sul mio cammino. Quando la Prefettura della mia città convocò improvvisamente un “tavolo inter-religioso”, fu un modo per trattare la “mano” violenta delle religioni per accertarsi, con intenzioni securitarie, di mappare il territorio da parte delle autorità civili e di polizia per tracciare una linea tra comunità di fede “buone” e “cattive”. Poi fu la volta dei “tavoli” di dialogo dove, però, era facile scambiare il confronto con un’aspettativa di “comunione” tra le religioni in nome della pace e dell’accettazione di tutti i credi come validi. Quest’attesa era testimoniata dall’incoraggiamento dato a pregare insieme tra esponenti religiosi o a manifestare insieme forme di spiritualità. Così facendo, si sarebbe data una rappresentazione plastica alla super-religione dei buoni, pacifici e tolleranti. E’ sempre opportuno favorire gli scambi e risolvere insieme i problemi, ma a quale prezzo spirituale per la fede evangelica? La preghiera comune, l’appiattimento dei credi e il livellamento delle storie non sono necessari per dialogare.
A livello globale, non è difficile intravedere l’avvolgimento della super-religione nelle attività degli organismi internazionali. Talvolta i tavoli sulla libertà religiosa sono intrecciati a quelli sulla prosperità e sullo sviluppo che, a loro volta, spingono ad azioni “spirituali” (come la preghiera comune). Papa Francesco è un campione della super-religione. Quali sono le soglie della super-religione da presidiare? Qualunque sia la risposta, il libro di Ventura è un buon punto da cui partire.