È stata la mano di Dio. Una storia “evangelica” senza vangelo

 
 

È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino è il film del momento. Uscito nelle sale cinematografiche il 24 novembre, sta adesso spopolando sulla piattaforma online Netflix. Il film era attesissimo ancor prima della sua uscita per la vittoria del Leone d’argento alla 78ª Mostra di Venezia e per la fama del regista già vincitore del premio Oscar con La grande bellezza. 

Pare che il film stia conquistando gli spettatori e la critica, tanto da essere nominato per gli Oscar, anche e soprattutto perché, nonostante il tocco riconoscibile del regista, rappresenta un cambio di rotta per la sua carriera. La trama, infatti, rispetto a tutte le altre, racconta la vicenda personale di Sorrentino e della tragica perdita di entrambi i genitori da adolescente attraverso, ovviamente, espedienti cinematografici e di racconto che mescolano la realtà con il vero-simile. 

Non mi intendo di cinema e non saprei dare giudizi attendibili, ma ho trovato il film d’impatto e sono stata colpita dal suo essere una storia “evangelica” senza vangelo, “messianica” senza il Messia, una storia di promessa di salvezza senza salvezza

Sullo sfondo c’è la Napoli degli anni ’80 ed una tipica famiglia allargata napoletana. Il protagonista, Fabietto Schisa, è un adolescente alle prese con le sue prime esperienze nel mondo e con una grande passione per il Napoli, la squadra di calcio. 

Nonostante la spensieratezza apparente della famiglia e l’innocenza con cui il ragazzo ha guardato ai rapporti familiari fino ad allora, iniziano a diventare apparenti anche per lui le crepe tipiche di ogni famiglia. Nonostante ciò, riesce sempre ad essere distratto dalla promessa dell’arrivo di un “salvatore”: infatti, Diego Armando Maradona forse sarà acquistato dal Napoli! 

Per Fabietto, la sua famiglia e l’intera città, Maradona è la promessa che qualcosa sta cambiando e che migliorerà le loro vite. Maradona è effettivamente l’eroe della storia; quando il fratello di Fabietto, rifiutato ad un provino, sta vivendo il momento di massimo sconforto, Maradona appare in una macchina per le strade di Napoli fermando il tempo ed ogni altro dolore non solo per i due fratelli, ma per l’intera città; quando i genitori toccano il fondo del loro matrimonio con un furibondo litigio dovuto al tradimento del padre, il telefono squilla, le voci sono confermate, Maradona è stato acquistato dal Napoli: ecco che il trauma passa in second’ordine! Quando uno zio viene arrestato per frodi, Maradona sta segnando i due goal della vita contro l’Inghilterra. Uno con la mano, l’altro schivando tutti i suoi avversari. L’attenzione è tutta sul grande campione che, a detta dei protagonisti, sta riscattando la sua nazione e Napoli.

Il clou della storia arriva quando i genitori di Fabietto decidono di passare un fine settimana nella nuova casa di Roccaraso, ma il ragazzo rifiuta l’invito solo perché preferisce andare a vedere Maradona giocare al San Paolo. È qui che accade il peggio! I genitori muoiono entrambi quella notte per una fuga di gas. Fabietto è salvo! A salvarlo è stato Maradona! 

Oltre a guardare il film è stato interessante ascoltare le interviste al regista, il quale ha più volte ribadito che per lui Maradona ha davvero un’aura soprannaturale e ha rappresentato qualcosa di speciale nella sua vita. 

Nonostante ciò, però il film risulta tragico e drammatico poiché proprio quando Maradona consegna lo scudetto al Napoli, la tragedia, il dolore e l’angoscia sono così forti che la tv accesa resta sullo sfondo a casa di Fabietto. Non c’è consolazione nella tragedia di perdere i genitori. Il “salvatore” non salva davvero, la promessa di un “messia” per l’intera città non rimuove né la tragedia né le sue conseguenze. La “buona novella” che si narra tra i vicoli che riguarda le gesta di Maradona, in realtà non ha alcun impatto e nessuna efficacia. I miracoli calcistici del genio del pallone non migliorano la situazione. 

Il vero sentimento finale del film è il senso di abbandono, di vuoto, di incapacità di andare avanti. Il protagonista sperimenta varie soluzioni, come le vacanze, le prime esperienze sessuali, amicizie sui generis, l’interesse per l’arte. Nulla però colma il vuoto ed il film si conclude con un Fabietto che prende un treno per scappare dal suo dolore alla ricerca di un nuovo futuro a Roma.

Sembra una storia estrema, lontana dalla nostra esperienza; eppure, è la storia di tutti noi. Piccoli e grandi tragedie accadono nella vita di ognuno di noi e la differenza sta solo nel capire a quale Dio abbiamo affidato la nostra vita, a quale Vangelo crediamo, a quale redentore ci rivolgiamo quotidianamente. Ogni essere umano è stato creato per cercare il suo Creatore; eppure ottenebrati dal peccato “abbiamo mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili” (Romani 1,23).

Sappiamo che i nostri cuori sono fucine d’idoli, come rilevato da Calvino, ed il pericolo di affidarci a fantocci e divinità vuote è sempre presente per credenti e non credenti. Grazie a Dio una storia diversa è già stata narrata nella sua Parola: una storia che parla di Gesù Cristo, il vero Messia, e della sua reale capacità di salvare e di portare avanti vite anche spezzate dal dolore senza il continuo bisogno di scappare dalla realtà, ma rifugiandoci in Lui e essendo da Lui rilanciati nella vita.