Agostino era cattolico o protestante?

 
 

La domanda può sembrare bizzarra, ma non lo è. Agostino era cattolico o protestante? Da un lato, i Riformatori e la teologia evangelica si considerano per molti aspetti come “agostiniani”. Dall’altro, è altresì evidente che la chiesa di Roma considera Agostino un campione del cattolicesimo. Non a caso, la bolla Exsurge Domine di Leone X in cui condanna le tesi dell’agostiniano Martin Lutero citano Agostino contro Lutero. Più avanti Lutero citerà Agostino contro il papa. Nel corso dei secoli è sempre stata vivo il convincimento che chi avesse avuto Agostino dalla sua parte, avrebbe vinto la discussione contro l’altro.

A confrontarsi su questa domanda in una gradevolissima e profonda conversazione sono stati due patrologi: Giovanni Hermanin de Reichenfeld, cattolico, docente all’Istituto Patristicum Augustinianum di Roma[1] e Bradley Green, evangelico, docente alla Union University di Jackson, Tennessee[2]. Il dialogo è avvenuto nell’ambito del “Rome Scholars and Leaders Network” che dal 12 al 17 giugno ha visto coinvolti 25 studiosi/studenti evangelici nell’approfondimento di un’analisi evangelica del cattolicesimo presso l’ICED di Roma.

Se è vero che Agostino viene considerato dalla maggior parte dei Riformatori l’autore patristico per eccellenza, tanto che la Riforma magisteriale nella sua interezza può essere vista come una rinascenza moderna dell’agostinismo e il superamento del tomismo medievale quale cornice di riferimento, è a Benjamin Breckinridge Warfield (1851-1921) che bisogna guardare per avere una lettura teologicamente matura di Agostino in ottica evangelica.

Warfield è lo studioso evangelico moderno che, nell’ambito dei suoi studi di storia del dogma che lo portano a scrivere importanti contributi su Tertulliano, Calvino e la Confessione di Westminster, offre una penetrante analisi di Agostino disseminata in vari saggi, e pur tuttavia impregnata di una visione d’insieme considerevole.

Innanzi tutto, Warfield riconosce in Agostino la compresenza di più anime teologiche che lo rendono un teologo intrinsecamente complesso. Nell’analisi del teologo di Princeton, in Agostino è sicuramente presente il seme dal quale l’albero del cattolicesimo romano è nato (al punto da chiamarlo il “fondatore” del cattolicesimo), ma anche la linfa che ha nutrito alcuni movimenti anti-gerarchici e mistici del Medioevo in opposizione all’istituzione romana. Il pensiero di Agostino quindi è attraversato da correnti apparentemente contrastanti che danno luogo ad appropriazioni profondamente diverse di aspetti, temi ed enfasi della sua opera: dal blocco sacramentale-istituzionale tipico del cattolicesimo allo spiritualismo monastico.

A ciò si aggiunga che, secondo Warfield, Agostino è anche il lievito da cui è cresciuta la pasta della Riforma protestante, costituendone la principale influenza patristica. Dunque, la sua teologia è innervata da una complessità intrinseca da cui possono risultare molteplici orientamenti. Quando ci si avvicina ad Agostino il rischio di unilateralità interpretativa o di riduttivismo ermeneutico è alto se ci si accontenta di misurarsi con un “pezzo” soltanto del suo pensiero.

Per fare i conti con la complessità di Agostino, Warfield suggerisce una metafora brillante: “Due figli combattono nel grembo della sua mente: la sua dottrina della Chiesa che aveva ricevuto dai suoi predecessori e a cui lui diede precisione e vitalità tali da renderla stabile e la sua dottrina della grazia che gli apparteneva interamente”. La compresenza di questi due “figli”, entrambi legittimi nel pensiero di Agostino ma teologicamente estranei l’uno all’altro, risultò in un problema teologico profondo che ebbe bisogno di mille anni per trovare una soluzione. Per Warfield, l’ecclesiologia di Agostino è una figlia che lui ricevette per così dire in adozione dalle tendenze sacramentaliste, papiste ed imperiali già presenti nella patristica precedente e a cui lui diede ulteriore linfa; d’altro canto, “il figlio del suo cuore” è la dottrina della grazia, “il suo più grande contributo al pensiero cristiano”. E’ come se la struttura della sua teologia non fosse “completa”, anche se “ciò che ha costruito lo edificò per durare”. 

Fu la Riforma protestante del XVI secolo, un movimento di recupero e di rinascenza dell’agostinismo, che sciolse il conflitto tra l’ecclesiologia e la teologia della grazia a favore di quest’ultima. Infatti, secondo Warfield, con la Riforma si verificò “il trionfo finale della dottrina della grazia di Agostino sulla dottrina della chiesa di Agostino”. La Riforma fece emergere la dottrina della grazia quale cardine della teologia ricomprendendo l’ecclesiologia al suo interno e, così facendo, superando la romanità cattolica che su quella ecclesiologia aveva costruito il suo sistema istituzionale e sacramentale. Warfield può sostenere che “l’agostinianesimo della grazia rappresenta nel senso più autentico il vero Agostino. Non è allora forzato sostenere che “il vero Agostino fu l’Agostino della dottrina della grazia”.[3]

Il dialogo da Hermanin e Green ha riconosciuto la complessità del pensiero di Agostino e le tensioni presenti in esso, tanto che, ancora oggi, la domanda se il padre della chiesa possa essere ascritto più al protestantesimo che al cattolicesimo non è peregrina.

[1] Si veda il suo recente volume The Spirit, the World and the Trinity: Origen’s and Augustine’s Understanding of the Gospel of John, Turnhout, Brepols 2021.
[2] Cfr. “Augustine” in B.G. Green (ed.), Shapers of Christian Orthodoxy. Engaging with Early and Medieval Theologians, Downers Grove, IVP Academic 2010, pp. 235-291. Più recentemente Augustine of Hippo. His Life & Impact, Fearn, Christian Focus 2020.
[3] Su questo rimando al mio “Letture patristiche (II-III secolo)”, Studi di teologia N. 61 (2019) pp. 49-64.