Appunti di storia dell’AEI (I): i primi tentativi ottocenteschi
N.B. Quest’anno ricorrono i 50 anni dalla costituzione dell’Alleanza Evangelica Italiana (1974-2024). In questa serie di articoli verranno tratteggiati alcuni appunti in vista di una storia dell’AEI, ancora tutta da scrivere. Si tratta di tracce e spunti per fare memoria.
Pur essendo stata costituita nel 1974, di Alleanza Evangelica si era parlato in Italia sin dalla seconda metà dell’Ottocento. L’Alleanza Evangelica nacque nel 1846 nel pieno fermento spirituale e culturale dell’Ottocento. Il quadro teologico di riferimento fu quello dei “risvegli evangelici” che, dal Settecento in poi in vari contesti regionali, avevano rinnovato e rilanciato l’eredità della Riforma protestante. I punti cardinali della spiritualità risvegliata erano l’autorità biblica e il messaggio della salvezza per grazia soltanto, l’accento sulla conversione e l’enfasi sul risultante impegno di vita all’insegna della santificazione. Questo humus cristiano costituì il contesto in cui lo slancio unitario trovò nuovo impeto. Si trattava di vivere l’evangelo superando gli steccati che le tradizioni confessionali e le distinzioni denominazionali avevano la tendenza a creare, erigendo vere e proprie mura interne al mondo evangelico. Questa spiritualità aveva chiara la netta diversità rispetto al cattolicesimo romano del tempo, peraltro nella sua fase più reazionaria che avrebbe portati ai dogmi dell’immacolata concezione di Maria del 1854 e al dogma dell’infallibilità papale del 1870, e alle crescenti sirene del liberalismo teologico che, sulle suggestioni del “sentimento religioso”, stava minando alla base le convinzioni dottrinali della fede evangelica.
Proprio in quel contesto molti leader cristiani evangelici sentirono il bisogno di formare un fronte comune per esprimere “unità fra i singoli cristiani appartenenti a chiese diverse”. In un momento di rivoluzioni e di fratture, i fondatori dell’Alleanza Evangelica cercarono uno spazio per “fornire ai membri della Chiesa di Cristo l’opportunità di coltivare amore fraterno”. Si formò così, a Londra nel 1846, a seguito di un incontro di preghiera, la confederazione chiamata Alleanza Evangelica e venne redatta una base di fede che esprimesse le loro persuasioni come cristiani evangelici.
Il progresso dell’Alleanza Evangelica durante il XIX sec. fu significativo. Furono tenuti grandi assemblee nella maggior parte delle capitali d’Europa e d’America e l'Alleanza velocemente si affermò come organismo rappresentativo del cristianesimo evangelico risvegliato. Si trovò ad affrontare le differenze di opinione al suo interno riguardo la schiavitù, si mosse in favore delle minoranze protestanti perseguitate e promosse l’opera missionaria, oltre a schierarsi contro l’insorgenza del liberalismo teologico.
Il sogno dell’unità evangelica in Italia fu contemporaneo al sogno dell’unità nazionale. Con l’unità d’Italia, infatti, arrivarono molte missioni dall’estero e in questo contesto ci fu un uomo che comprese la necessità di promuovere l’unità evangelica in un contesto così fluido e dinamico. Paolo Geymonat, nato nel 1837 a Villar Pellice da una famiglia valdese, si era formato nell’ambiente risvegliato europeo avendo studiato presso la scuola di teologia di Ginevra. Terminati gli studi divenne pastore valdese e fu inviato a Firenze. Egli non fu immune alla persecuzione ed infatti, dopo la caduta della Repubblica Toscana nel 1849 e il ritorno del Granduca Leopoldo, venne incarcerato ed espulso. Dopo dei soggiorni a Torino e a Genova, tornò a Firenze dove svolse una funzione di ponte tra le varie componenti dell’evangelismo che si erano formate cominciando a propugnare l’unione delle chiese e ponendo di fatto le basi per la costituzione dell’Alleanza Evangelica in Italia.
In un documento scritto nel 1864, intitolato “Proposizione d’Alleanza Evangelica in Italia”[1] si legge: “L’esperienza di tre secoli ha dimostrato i fedeli delle varie denominazioni, che dal Padre celeste, per l’evangelo, bene scende in tutti una medesima vita spirituale, la quale in varietà di forma si soddisfa. Sorse pertanto il felice proposito di manifestare quell’unità pur rimanendo ciascuno nella sua chiesa. A tale oggetto nacque, non sono ancor vent’anni, l’Alleanza Evangelica. […] L’estendersi per l’Italia un ramo per l’Alleanza Evangelica dimostrerebbe a tanti (che non credono, similmente a Tommaso, se non aver veduto e toccato con mano) come la fede possa vivere nella libertà. Volesse Iddio che queste poche pagine con le quale mi provo a dilucidare il principio fecondo che porta unità di spirito e libertà con essa, servissero a dare spinta alla salutare impresa!”.
“Per avventura già mi sono eccessivamente inoltrato svolgendo da me il principio evangelico, e circoscrivendo in questa guisa la progettata alleanza. Chi son io per dire ora il da farsi? Ove le congregazioni evangeliche son diverse, esamineranno se tra loro, dandosi lo stesso fondamento della fede, gli stessi principi, vi sia luogo a raunanze ed operazioni comuni. Se da più parti poi venisse proposta riunione dei rappresentanti delle varie associazioni, in qualche città centrale, in questo modo si combinerebbe il da farsi. Mi astengo quindi da ulteriore discorso, in attesa che della parola uscitami dal cuore mi ritorni tosto o tardi, da qualche parte, un eco fraterno a significare che ormai nel bel paese, che non è più un deserto per la divina parola, nessuna voce evangelica, per debole che suoni, si disperda solitaria e priva di affetto. All’occorrente sarebbe sufficiente conforto sperare che in breve si renderà la volenterosa e unanime testimonianza di piena fede secondo il vangelo, in ogni provincia della penisola, da chiese, che volendo conoscere sul serio Cristo e Cristo crocifisso, non rinunzieranno con disprezzo alla successione de popolo martire, il quale, mentre piegava le ginocchia a Baal leggenti tutte di qua e di là dei monti, in un angolo elevato d’Italia, Iddio si serbò.”
L’auspicio di Geymonat non si realizzò così presto anche se nel 1891 lui stesso ebbe l’opportunità di inaugurare la nona conferenza internazionale dell’Alleanza Evangelica che si tenne a Firenze dal 4 al 12 Aprile 1891 a cui parteciparono anche molti italiani. Queste sollecitazioni furono riprese solo nel secondo dopoguerra quando lo scenario internazionale era completamente cambiato.
Nella sua fase iniziale, solo abbozzata, s’intrecciò con i primi passi di quel movimento evangelico unitario che prese piede in Inghilterra e che, da lì, pervase l’Europa intera. Poi, s’incagliò nelle diatribe dell’individualismo latino e nella mancanza di una visione d’insieme in grado di distinguere i punti essenziali da quelli secondari. Il risultato fu che i vagiti dell’Alleanza in Italia furono repressi sul nascere tra veti incrociati e diffidenze reciproche.
Occorre attendere i primi Anni Settanta del Novecento per vedere ripartire quella progettualità che avrebbe dato agli evangelici italiani una rete di collegamento e di servizio tanto agognata da Paolo Geymonat.
(continua)
[1] Pubblicato in Giacomo Ciccone (a cura di), Unità evangelica difficile ma possibile. Dal sogno di Paolo Geymonat alla costituzione dell’Alleanza Evangelica Italiana, , San Giovanni Teatino (CH), Evangelista Media 2014.