Atanasio e l’incarnazione del Verbo
Se Gesù non fosse stato vero uomo e vero Dio, il cristianesimo sarebbe tutt’altra cosa rispetto a quello che è il suo profilo biblico e che è stato testimoniato dalla chiesa fedele durante la storia. Più radicalmente ancora, se Gesù non fosse stato il Figlio di Dio incarnato, la fede sarebbe vana. Nel corso dei primi secoli della chiesa, la verità dell’incarnazione del Figlio di Dio in Gesù Cristo fu sostenuta e difesa con particolare forza da Atanasio (295 – 373 d.C.). Ed è proprio Atanasio che è stato il soggetto del quarto appuntamento del modulo di teologia storica “Una così grande schiera di testimoni” intrapreso dalle chiese Breccia di Roma e Breccia di Roma S. Paolo per valorizzare l’eredità storica della fede evangelica.
Il contesto della vita di Atanasio è particolare per diverse ragioni. La grande persecuzione (303 d.C.) era appena finita, la libertà religiosa era stata riconosciuta da Costantino (Editto di Milano 313 d.C.). In quel periodo, però, c'era un vecchio dibattito che era ancora al centro di accalorate discussioni. Gesù Cristo era della stessa sostanza del Padre (Homoousios), come sostenevano i credenti fedeli, o era di una sostanza simile al Padre (Homoiousios), come sosteneva Ario e le correnti devianti?
La questione può apparire marginale, ma la differenza tra le due concezioni è abissale. Per dirimerla fu convocato il concilio di Nicea (325 d.C.) e fu redatto il Credo Niceno. Tuttavia, anche se il concilio aveva affermato la consustanzialità del Padre e del Figlio, nella chiesa le idee ariane continuarono a circolare. Atanasio ebbe una vita carambolesca perché fu al centro di continui rovesciamenti di fronte: subì molteplici esili e innumerevoli accuse da parte di ariani e pagani. Per difendere la sana dottrina di Cristo e su Cristo, Atanasio pagò un prezzo personale altissimo.
Oltre al fatto che Atanasio fu il primo a identificare gli stessi 27 libri del Nuovo Testamento che continuiamo a usare oggi, durante la sua vita Atanasio continuò ad affermare e a lottare per il riconoscimento della divinità di Cristo. Nella sua opera più importante L'incarnazione del verbo pose le basi dell'ortodossia dottrinale che è diventata parte della confessione evangelica della fede.
Ecco alcuni spunti tratti da quest’opera importante:
Capitolo 4: La rivelazione della divinità del Verbo mediante i miracoli
Il 18° paragrafo del capitolo IV dimostra come il Verbo e la Potenza di Dio operino nelle sue azioni umane scacciando i demoni, e con i miracoli che ha compiuto. Gesù stesso afferma la propria divinità in Marco 3,25 quando afferma che "se una casa è divisa in parti contrarie, quella casa non potrà reggere", in relazione al suo potere sui demoni. I suoi miracoli di guarigione dimostrano visibilmente il suo potere sugli effetti fisici di un mondo decaduto sui suoi esseri creati.
Capitolo 5: La redenzione mediante la morte
Il 20° paragrafo del capitolo V dimostra il suo dominio sul peccato e sulla morte. “Poiché doveva essere pagato il debito di tutti (ed egli doveva assolutamente morire, come ho detto sopra, ed era venuto sopratutto per questo), dopo aver dimostrato la sua divinità con le opere, offrì infine il suo sacrificio per tutti consegnando alla morte il suo tempio in nome di tutti per renderli indipendenti e liberi dall’antica trasgressione e mostrarsi così superiore anche alla morte, mostrando il suo corpo incorruttibile come primizia della risurrezione di tutti”.[1]
Capitolo 6: La risurrezione di Cristo e il dono della incorruttibilità
Il 27° paragrafo del capitolo VI dà conforto al credente in questo: “Una volta, prima della divina venuta del Salvatore, tutti piangevano i morti come se fossero perduti; mentre da quando il Salvatore ha risuscitato il suo corpo, la morte non fa più paura, ma tutti quanti credono in Cristo la calpestano, come se non fosse nulla, e preferiscono morire piuttosto che rinnegare la fede in Cristo, perché veramente sanno che morendo non periscono, ma continuano a vivere e divengono incorruttibili mediante la risurrezione”.[2]
Poiché l'umanità fu creata perfettamente a immagine di Dio e poi corrotta a causa dell'ingresso del peccato, l'unica soluzione era che l'Immagine stessa di Dio si incarnasse e restaurasse la natura caduta dell’umanità. Il Redentore doveva essere veramente umano per soffrire e simpatizzare, ma allo stesso tempo doveva essere veramente divino per soddisfare il giudizio e assicurare il perdono eterno.
Se questo non è il Cristo in cui crediamo, allora siamo abbandonati a noi stessi, cercando di soddisfare il giudizio eterno di un Dio onnipotente basandolo sui nostri meriti umani peccaminosi. Atanasio ci incoraggia a trovare gioia nel Cristo della Bibbia che è Dio e uomo, l'unico capace di pagare il prezzo dei nostri peccati essendo il mediatore divino che ha portato le conseguenze dei nostri peccati una volta per sempre. La domanda che dobbiamo porci è: in quale Cristo crediamo? Il Cristo, vero uomo e vero Dio della Bibbia o il Cristo che è solo un buon esempio per l’umanità?
Questa è una sua frase celebre: “Infatti egli divenne uomo affinché noi fossimo partecipi della natura divina; egli si rivelò mediante il corpo affinché noi potessimo avere un’idea del Padre invisibile; egli sopportò la violenza degli uomini affinché noi ereditassimo l’incorruttibilità”.[3]
Atanasio è stato un padre della chiesa che ha speso la vita per difendere la dottrina biblica ed è stato pronto a pagare un prezzo alto per il suo Signore, vero uomo e vero Dio.
Articoli precedenti:
“Per entrare nel mondo dei Padri bisogna avere un mazzo di chiavi” (20/1/2022)
“Difensivi e offensivi. L’apologetica dei Padri della chiesa” (23/2/2022)
“Tertulliano, il padre della dottrina della Trinità” (23/3/2022)
[1] Atanasio, L’incarnazione del Verbo, Roma, Città Nuova 2005. pp.73-74
[2] Ibid., pp. 85-86.
[3] Ibid., p. 129.