Henri Blocher legge i sacramenti cattolici (I). La critica alla causalità sacramentale

 
 

“Decano dei teologi evangelici europei, Henri Blocher non ha bisogno di molte presentazioni. L’occasione per misurarsi di nuovo con la sua opera è offerta dalla pubblicazione del secondo volume sulla chiesa e sui sacramenti: La doctrine de l’Église et des sacrements, tome 2, Charols, Excelsis; Vaux-sur-Seine , Edifac 2024, pp. 361. Da lungo tempo attesa, l’ecclesiologia e la sacramentologia del teologo parigino si confermano all’altezza della notoria profondità del suo pensiero. 

Come già fatto per il primo volume sulla chiesa (recensito in tre parti: la prima, la seconda e la terza), l’attenzione sul secondo sarà anch’essa concentrata sulla valutazione che Blocher riserva alla sacramentologia cattolica. Il libro contiene anche una trattazione della concezione dei sacramenti della teologia riformata e di quella delle chiese di professanti o battistiche. Ovviamente, vale la pena leggerlo tutto per apprezzare non soltanto la lettura critica che Blocher riserva al cattolicesimo, ma anche alla concezione riformata, soprattutto riguardante il pedobattesimo.

Blocher inizia il volume con un’analisi della concezione cattolica del sacramento. Mentre riconosce che si tratta di un’opzione ben codificata nel magistero romano, non si nasconde che, nelle stesse facoltà di teologia cattolica, nell’ultimo secolo la versione “tradizionale” è stata soggetta a interpretazioni e versioni molto discordanti. Non si tratta tanto di questo o quel particolare, quando della diversa concettualità con cui è avvicinata: non più tanto e solo quella aristotelico-tomista con cui è stata costruita, quanto quelle prese in prestito dalla filosofia di Heidegger, dalla psicanalisi di Lacan, dalla teologia “misterica” di O. Casel o dalla teoria degli atti linguistici di Austin e Searle. Questo per dire che la sacramentalità cattolica, pur conservando uno zoccolo duro “romano” ancora legato ad un certo meccanicismo causativo, ha anche una sua vitalità “cattolica” che le permette di non limitarsi alla mera ripetizione di formule ed argomentazioni passate, ma di ampliarle a letture influenzate dalle teorie dei segni, dei simboli e dei significati desunte da correnti moderne di pensiero. Un esempio di questa dinamica interna della teologia sacramentale cattolica è, per Blocher (p. 11, 15-20, 37-40), rappresentata dall’opera di F. Schillebeeckx, Cristo sacramento dell’incontro con Dio (ed. orig. 1960 ; ed. it. 1963) che rilegge la sacramentalità in ottica personalista.

Per Blocher, al cuore della sacramentalità cattolica sta il ruolo causativo nell’amministrazione della grazia, cioè “l’efficacia reale dell’operazione sacramentale” (p. 13). La causa è connessa al segno. Mentre nella patristica e nel primo Medioevo la relazione tra causa e segno è stabilita ma ancora fluida, è Tommaso d’Aquino a imprimere sulla teologia cattolica il concetto di “efficacia causativa”. Celebre è la sua frase “significando causant” (Summa Theologiae III, qq. 60-65). In funzione anti-protestante, il Concilio di Trento sposa questa definizione e la scolpisce nei suoi canoni che anatemizzano chi non la fa propria. Nella linea tomista-tridentina, è Cristo che agisce attraverso un “altro Cristo” (il sacerdote) mediante il segno che causa l’amministrazione della grazia contenuta e conferita dal segno.

Blocher mette in guardia dalla tentazione di avere una visione “magica” della sacramentalità cattolica (p. 20). Non esiste un meccanismo impersonale che prescinda totalmente dalla disposizione e dalla cooperazione di ciascuno (prete, fedele) e dall’assenza di “ostacoli”. Tuttavia, pur riconoscendo il ruolo della fede dei soggetti, è la concezione sacramentale della chiesa stessa in quanto prolungamento di Cristo (p. 25) a sopperire alle lacune dell’uno o dell’altro e a garantire l’efficacia del sacramento. Come le nature umane e divine sono unite in Gesù Cristo, è l’umanità dell’elemento ad essere congiunta alla “divinità” della grazia conferita dalla chiesa, nell’unità del sacramento. Come già sostenuto nel primo volume sulla chiesa, per Blocher la comprensione cattolica della chiesa come estensione dell’incarnazione è un tratto distintivo dell’intero impianto cattolico, compresa la concezione della sacramentalità.

Da fine esegeta qual è, Blocher passa in rassegna i testi biblici che la teologia cattolica legge in chiave sacramentalista, notando che nessuna evidenza s’impone circa la plausibilità di questa lettura. Inoltre, essa inverte le proporzioni bibliche circa la relazione tra interiorità e esteriorità (la prima è più importante della seconda) ed è in aperta contraddizione con testi biblici quali 1 Corinzi 1,17, Romani 14,17 ed Ebrei 9-13. In più, il Nuovo Testamento non associa mai i sacramenti all’azione di Cristo stesso, ma a quella dei discepoli mandati da Cristo. In altre parole, non è Cristo che battezza o che amministra la Cena (come crede il cattolicesimo), ma sono i discepoli incaricati di farlo nel suo nome. Cristo battezza di Spirito Santo (questo sì) ma comanda alla chiesa di battezzare in acqua e amministrare la Cena.

Il sistema sacramentale cattolico, così infarcito di efficacia causativa, risulta essere una copia dei sistemi pagani dei riti di passaggio associati alla nascita, adolescenza, matrimonio e morte (p. 35). Minimizzando l’impatto del peccato, il cattolicesimo si è aperto a forme sincretistiche e a compromessi strutturali con forme pagane di religiosità “naturale” (pp. 36-37).

Sulle teorie di causalità implicate nella sacramentologia cattolica, Blocher mostra consapevolezza delle sfumature presenti tra quella tomista già richiamata (“significando causant”), quella “occasionale” di Bonaventura e Duns Scoto, della “morale” di Melchor Cano, quella “dispositiva intenzionale” di L. Billot. Sono tutte variazioni sul tema della causalità che non eliminano il problema di fondo: per il cattolicesimo la grazia è fatta scaturire da un atto della chiesa. 

La concezione cattolica eleva l’incarnazione a principio metafisico che deve riprodursi per essere efficace, perde di vista l’unicità del sacrificio della croce “una volta e per sempre” per la redenzione, infrange il “tutto è compiuto” della croce, deroga dalla celebrazione di Dio soltanto e della sua gloria (come già notato da Calvino), mette in discussione la giustificazione per fede soltanto (senza le opere), eleva la chiesa a dispensatrice di grazia invece di considerarla al servizio di Dio nella Parola predicata e nella celebrazione della parola visibile (pp. 43-45). Insomma, la sacramentologia cattolica eleva la chiesa a “mediatrice” della grazia e si pone in contrasto radicale con la comprensione evangelica del messaggio biblico.

P.S. sui temi della sacramentalità si notano evidenti affinità tra la riflessione di Blocher esposta nel libro e quella di P. Bolognesi, “La questione sacramentale”, Studi di teologia N. 62 (2019) a cui rimando volentieri per ulteriori approfondimenti.

(continua)