“Cancel culture” (III). Solo Dio se la può permettere davvero
Per ovviare ai rischi della “cancel culture” è stata opportunamente redatta la “Dichiarazione di Philadelphia” (2020), un documento in cui si evidenziano i pericoli della dittatura del politicamente corretto e dello “stato di censura” imposto a chi si discosta dal pensiero unico stabilito dalla “polizia culturale” che ha il potere. Tra i firmatari della Dichiarazione anche importanti personalità evangeliche USA come Russell More e Al Mohler. La società libera e plurale è quella in cui la circolazione di idee e di opinioni non dà luogo a criminalizzazioni penali e a svergognamenti mediatici, ma si traduce in un confronto rispettoso anche se aspro. Nella società plurale co-esistono visioni del mondo diverse. La base manichea della “cancel culture” è la divisione del mondo tra “oppressori” e “oppressi”, ma la sua visione fallace è di voler trasformare gli oppressi in oppressori, senza creare le condizioni per una convivenza civile tra tutti. Una schematizzazione del mondo in buoni e cattivi è falsa; un ribaltamento di ruoli è illusorio se gli oppressi di oggi diventano gli oppressori di domani. In fondo, siamo tutti oppressi-oppressori e dobbiamo imparare a vivere valorizzando spazi di libertà e dignità per tutti. Semmai, dobbiamo cercare la libertà da Chi ce la può donare.
La “cancel culture” pretende di eliminare le opinioni, i simboli identitari e i pezzi di memoria che contravvengono all’ortodossia culturale del momento. Così facendo rischia di dare libero corso all’instaurazione di un regime d’intolleranza. Guardando al tema da un altro punto di vista, forse si può espandere la riflessione e provare ad imbastirla dal lato di Dio. Se si guarda al tema biblico della salvezza decretata dal Padre, eseguita dal Figlio e applicata dallo Spirito Santo, forse si può dire che l’unico che ha i titoli e l’autorità e l’autorevolezza per “cancellare” qualcosa è proprio Dio stesso.
Nel descrivere la salvezza portata da Gesù Cristo, la Bibbia dice che, sulla croce, Lui ha “cancellato” il documento a noi ostile (Colossesi 2,14), cioè la legge che ci inchioda inappellabilmente al nostro peccato contro Dio. Prendendo il posto dei peccatori, Lui perfetto e innocente, Gesù Cristo si è sostituito ai credenti, cancellando la loro condanna (Romani 5,1). La cancellazione divina riguarda i nostri peccati: la loro rilevanza penale è annullata grazie al sacrificio sostitutivo di Cristo. Nel giorno del compimento finale e della consumazione del disegno di salvezza, la cancellazione riguarderà anche gli effetti devastanti del peccato. Gesù, infatti, “asciugherà ogni lacrima” (Apocalisse 7,17), togliendo di mezzo non solo la certificazione penale della condanna, ma anche le conseguenze nefaste del peccato. Nel frattempo, la “cancel culture” divina riguarda anche la soppressione dalla memoria di Dio dei nostri peccati: “Non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità” (Ebrei 10,17). Il documento legale è cancellato, gli effetti del male saranno tolti, il ricordo del peccato è soppresso! Questa sì che è “cancel culture” in grande stile: in Cristo Gesù le cose vecchie sono superate, ecco sono diventate nuove (2 Corinzi 5,17). Gesù è l’innocente che si è immedesimato a tal punto da prendere il posto dei peccatori: Lui è diventato oppresso per liberare gli oppressi dall’oppressore maligno e dal suo regno del male. Questa è la rivoluzione d’amore e di giustizia più grande che ci possa essere. La “cancel culture” umana trasforma gli oppressi in oppressore e non spezza la spirale del male; quella divina salva gli oppressi e dà loro una nuova vita.
C’è un risvolto della medaglia alla “cancel culture” divina. Chi non è credente, chi non è nato di nuovo, rimane sotto il documento che lo condanna, non vedrà nessuna rimozione del male (e per l’eternità!) e i suoi peccati saranno ricordati per sempre nel tormento senza fine. Se non si è beneficiari della “cancel culture” divina, si annegherà nel pianto e nello stridor dei denti dell’inferno. Può essere non politicamente corretto ricordarlo, ma è il risvolto della “buona notizia” dell’evangelo biblico. Per chi crede, il Dio Trino applica la sua “cancel culture” relativa al peccato. Per chi non crede, l’ira di Dio rimane su lui/lei e il male sarà la sua eterna e terribile compagnia.