Kyra Karr (1984-2015), una vita per la gloria di Dio
Ricordare la vita di grandi uomini e donne di Dio o di avvenimenti che hanno segnato il corso della storia del Suo popolo è una sana abitudine evangelica, che coltiva la memoria per orientare il futuro. Anche nel recente passato ci sono anniversari di cui è necessario rinnovare il ricordo, non tanto per la levatura della persona che si ricorda ma per l'eredità che ha lasciato e che siamo tenuti a non disperdere. C'è una memoria che è particolarmente vicina al mio cuore, il cui messaggio può renderla vicina al cuore di molti altri. È un’eredità preziosa perché ha Cristo al centro.
Cinque anni fa, la notte del 13 agosto, due giorni prima del suo rientro a Roma, il Signore ha tolto alla sua famiglia, alla sua chiesa e ai suoi affetti più cari una donna che per i canoni odierni non aveva nulla di straordinario. La cultura postmoderna dà risalto a storie di imprese eroiche, talenti straordinari o vite segnate da scelte di autoaffermazione e rivendicazioni personali. La vita di Kyra Lynn Karr (1984-2015) non aveva nulla di tutto ciò, eppure aveva molto di più. Kyra aveva creduto in Gesù Cristo come suo unico Signore e Salvatore a soli nove anni, e ciò ha fatto la differenza nella sua intera, appassionata e breve vita. Sposa e madre giovanissima a soli 24 anni lasciò il suo paese natio per seguire la chiamata di Dio a Roma, assieme a suo marito Reid e alla loro prima figlia Nolyn, per mettersi al servizio della chiesa evangelica italiana affinché la città di Roma potesse conoscere l'Evangelo di Cristo. Vissuta tra la Virginia e la Georgia, non aveva altro alle spalle che una laurea in lingua italiana e quelle prime esperienze professionali e di vita che una donna così giovane può aver fatto. Chi ha avuto il privilegio di viverle accanto in quei successivi sei anni può certamente dire che il profumo di Cristo l’accompagnava e che la gloria di Dio la seguiva.
Kyra mise al servizio di Cristo tutto ciò che aveva. Come la vedova al tempio (Mc 12,41-44), Kyra non aveva molto e non sapeva come Dio avrebbe usato quel poco che aveva, ma non trattenne nulla per sé. Le sue costanti preghiere, le sue incessanti energie, il suo raggiante sorriso, il suo tempo ordinato, la sua casa ospitale, il suo tenero italiano, le sue mani creative; ogni cosa è stata messa al servizio di Dio e Cristo nei suoi piani l’ha moltiplicata. Un piccolo quadro occupava la parete d’ingresso della sua casa romana: “Bisogna che Lui cresca e che io diminuisca”. Queste parole dell’evangelista Giovanni (3,30) sono state quanto di più vero nella vita di Kyra e dovrebbero essere il segno della vita di ogni cristiano.
Kyra, accanto a suo marito Reid, si pose fin dal primo giorno al servizio della chiesa locale con grande umiltà e sottomissione senza grandi pretese, riconoscendo che l’opera di Dio nella città di Roma cominciava da lì. Inviati in Italia dall’International Mission Board (IMB), hanno vissuto all’insegna dello spirito che l’apostolo Paolo esprimeva nella lettera ai Romani: “desidero vivamente vedervi per comunicarvi qualche dono, affinché siate fortificati; o meglio, perchéquando sarò tra di voi ci confortiamo a vicenda mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io” (1,11-12). Per mezzo della stima che Kyra nutriva per il popolo di Dio, Egli ha fatto cose grandi.
Oggi nel quartiere di S. Paolo a Roma, dove lei viveva, che prende il nome dall’omonima Basilica, sorge una chiesa evangelica a testimonianza del messaggio dell’Evangelo che l’Apostolo Paolo predicava. La Kyra Karr Foundationoggi raccoglie questa preziosa eredità sostenendo la formazione di giovani leader italiani e la fondazione di chiese evangeliche in Italia.
Kyra ha amato profondamente la città di Roma, desiderava che l’Evangelo raggiungesse tutti, fino agli ultimi. La sua casa era limitrofa alla Cristoforo Colombo una strada tristemente nota per lo sfruttamento sessuale che la anima ogni sera e i cui effetti distruttivi lei poteva osservare di persona. Kyra desiderava capire come portare la Buona Notizia di Cristo in modo efficace alle donne schiave di questa piaga: fu allora coinvolta nello studio del tema, nella preghiera costante di poter prendere seriamente l’invito che l’Impegno di Città del Capo fa alla chiesa, nelle uscite serali per la strada insieme ad altri fratelli e sorelle per incontrare le donne. Grazie a tutto ciò oggi la sua chiesa locale è coinvolta in modo stabile in questa iniziativa, attraverso il progetto Schiavitù mai Più e desidera crescere nella visione e coinvolgere altri.
Sono trascorsi cinque anni dalla sua morte, ma come per la morte di Lazzaro, possiamo dire “… è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio sia glorificato”.