Celebrare il Dio della storia, anche la nostra. Spunti per la Domenica della memoria

 
 

Da molti anni l’Alleanza Evangelica italiana promuove tra le chiese la celebrazione della Domenica della Memoria in prossimità del 31 ottobre, data che ricorda un momento significativo nella storia della chiesa: il semplice gesto del monaco agostiniano Martin Lutero di affiggere alla porta della chiesa di Wittenberg le 95 tesi. Nella grazia di Dio, questo evento mise in moto un ritorno nel cuore dell’Europa allo studio e alla predicazione delle Sacre Scritture.

Essa è però solo una data simbolica perché di ricordi simili la storia della chiesa è piena. La domanda è però quanto conosciamo questa storia, la nostra storia? Negli ultimi decenni si riscontra una fascinazione crescente nel mondo evangelico per la spiritualità cattolica, a causa di una linguaggio simile e vicino alle sensibilità evangeliche (ma con significati estremamente diversi) ma anche per la secolare storia e tradizione della Chiesa cattolico romana, che ha spinto alcuni addirittura alla conversione al cattolicesimo. 

Ma questa non è l’unica fascinazione. Le persone sono sempre alla ricerca di una narrazione più grande della quale sentirsi parte e trovano questa storia nelle spiritualità più diverse, in antiche forme di gnosticismo e nelle più moderne vicende del metaverso. È un bisogno antropologico fondamentale e iscritto nella nostra natura creata. Quando siamo attratti dalle numerose narrazioni che ci circondano, dobbiamo farci qualche domanda: siamo forse a digiuno della nostra stessa storia? Abbiamo dimenticato l’imperativo “Ricorda” che caratterizza il popolo del patto? “Ricordate questo giorno, nel quale siete usciti dall'Egitto, dalla casa di schiavitù; perché il SIGNORE vi ha fatti uscire di là, con mano potente”.

Certe fascinazioni sono il sintomo di una mancanza di conoscenza…e lo zelo senza la conoscenza inaridisce la fede. Quando pensiamo alla nostra storia cosa vediamo? La storia della nostra conversione? La storia della nostra chiesa locale? Del nostro movimento o denominazione? O vediamo la gloria di Dio all’opera nel mezzo della grande storia umana di cui noi siamo parte? 

Quando penso alla storia del popolo di Dio un senso di realistico privilegio mi avvolge che abbatte ogni altra fascinazione. Penso all’eternità nella quale essa ha origine, nei pensieri e nei piani misteriosi di Dio e questo pensiero mi rilancia in questa vita in vista dell’eternità. Questa storia è fatta di momenti gloriosi che mostrano la creazione di Dio nel suo perfetto splendore e momenti estremamente bui a causa del peccato illuminati solo dalla grazia di Dio. Essa coinvolge popoli e nazioni di ogni razza, lingua e tribù, un popolo che percorre i tempi, fatto di uomini e donne passati dalla morte alla vita, dalla schiavitù alla libertà, che un giorno in ginocchio piangeranno di gioia davanti alla maestà del loro Signore Gesù Cristo risorto, lodando le sue gesta meravigliose in nuovi cieli e su nuova terra.

È una storia fatta di momenti di estrema privazione e momenti di abbondanza e condivisione. La storia di uomini e donne che hanno saputo affrontare la persecuzione e il martirio anche quando erano tacciati di fanatismo; uomini e donne che hanno speso i loro talenti nella scienza, in politica, arte, istruzione per sottomettere ogni cosa a Cristo, servendo il prossimo. Un popolo che ha messo in evidenza la realtà totale del peccato dell’uomo ed esaltato la sola stupenda grazia di Gesù Cristo. Certamente questa storia è anche lastricata delle peggiori testimonianze e realizzazioni: errori, deviazioni ed abusi non sono mancati nella storia antica e moderna. Per questo è bene non idealizzare la storia e nemmeno avere una percezione “agiografica” della chiesa. Come sapeva bene Lutero, la chiesa è composta da peccatori giustificati per fede soltanto in Gesù Cristo soltanto.  

In questa schiera, in questa storia ci siamo anche noi! Quando Giuda nella sua lettera ai fratelli li esorta “a combattere strenuamente per la fede” unisce questo incoraggiamento alla rievocazione (Ora voglio ricordare v. 5) e incita il ricordo (Ma voi, carissimi, ricordatevi v. 17) dell’opera di Dio, della sua misericordia e del suo giudizio.

Non perdiamo questa opportunità di celebrare il Dio della storia e di conoscere e far conoscere la nostra storia. Facciamolo nelle nostre chiese e nelle nostre case, tra i nostri giovani, celebriamoLo pubblicamente. Un popolo senza storia è un popolo senza identità e senza futuro.

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