Come si interpreta la Bibbia? A 40 anni dalla Dichiarazione di Chicago sull’ermeneutica biblica (1982)
Il trittico è un’unica opera pittorica divisa in tre parti. Solitamente esso consiste in tre dipinti, uno centrale e due laterali che incernierati tra di loro illustrano una scena o dei personaggi. Difficilmente si troverà un trittico dove la pala centrale non ha nessuna relazione con le due laterali e viceversa. Anche quando a primo acchito le illustrazioni non sembrano aver nessun rapporto fra di loro, comunicando all’osservatore tre concetti differenti, il periodo, l’artista e il tema di fondo, le accomunerà reciprocamente dando un senso più profondo all’opera in toto.
Fuor di metafora, le Dichiarazioni di Chicago dell’International Council on Biblical Inerrancy possono essere equiparate ad un trittico della storia delle dichiarazioni evangeliche. La pala centrale, quella che di solito si nota prima e che dà più senso alle altre due, è la Dichiarazione sull’inerranza biblica del 1978; la pala di sinistra quella sull’ermeneutica del 1982, mentre quella di destra, del 1986, tratta dell’applicazione della Bibbia. Insieme compongono un’esposizione completa che aiuta gli evangelici stessi a definirsi e riconoscersi attraverso le loro affermazioni e negazioni, e traccia i dovuti confini con il liberalismo e la critica storica. Per il testo integrale di tutte e tre le Dichiarazioni, vedi Pietro Bolognesi (a cura di), Dichiarazioni evangeliche I. Il movimento evangelicale (1966-1996), Bologna, EDB 1997, pp. 132-145, 177-182, 316-338.
È in questa cornice che si colloca la seconda di queste dichiarazioni, appunto quella sull’ermeneutica biblica, sottoscritta esattamente quarant’anni fa al culmine di un congresso tenuto a Chicago dal 10 al 13 novembre del 1982. Dopo aver trascorso quattro giorni tra relazioni e contro-relazioni presentate da alcuni dei partecipanti (55 studiosi e 50 osservatori), venne formato un comitato redazionale composto da teologi riconosciuti che si erano spesi per la difesa della rivelazione, inerranza e infallibilità biblica: Carl F. Henry, J.I. Packer, Robert Preus, Earl Radmacher, Norman Geisler, Vern Poythress e Roger Nicole.
La dichiarazione consta di 25 articoli sottoscritti da 78 partecipanti. J. I. Packer, che dedicherà successivamente dei paragrafi esplicativi, evidenzia tre convinzioni necessarie per percorrere un tracciato esegetico fedele al messaggio biblico ed evitare sbandamenti: 1) “La Scrittura, l’insegnamento di Dio stesso per noi, è sempre vera e assolutamente affidabile”; 2) “L'ermeneutica è cruciale nella battaglia per l'autorità biblica nella chiesa contemporanea”; 3) “come la conoscenza dell'inerranza della Scrittura deve controllare l'interpretazione, vietandoci di scartare tutto ciò che la Scrittura dimostra di affermare, così l'interpretazione deve chiarire la portata e il significato di tale inerranza determinando quali affermazioni la Scrittura effettivamente fa”.
Nello specifico, quindi, l’ermeneutica può essere definita come lo studio dei parametri e dei principi da utilizzare per comprendere il testo biblico. In questo senso, il compito dell’esegeta è quello di comprendere in primis qual è il significato storico della Scrittura per poi passare al significato per i credenti del XXI secolo. Per permettere una corretta attualizzazione del messaggio biblico nella vita quotidiana dei figli di Dio, tre sono le tappe da percorrere: 1) l’esegesi, cioè comprendere cosa Dio tramite l’autore umano intendesse comunicare agli ascoltatori e lettori originali 2) l’integrazione con l’esegesi di altri testi biblici attinenti al brano in questione, in particolare, e all’intero testo biblico, in generale. 3) l’applicazione del testo interpretato nella vita del credente affinché i suoi pensieri e le sue azioni siano corretti e rediretti a Dio. È nella predicazione che interpretazione, integrazione e applicazione dovrebbero necessariamente incontrarsi, altrimenti “l’insegnamento biblico sarà frainteso e applicato erroneamente generando confusione e ignoranza riguardo a Dio e alle sue vie”.
Packer sottolinea che una fedele interpretazione non sarà magisteriale bensì ministeriale. Il che vuol dire che l’esegeta non si imporrà o modificherà il significato del testo ma si sforzerà, con l’aiuto dello Spirito Santo, di cogliere il significato intrinseco ed evidente del brano. Perciò, quattro sono i fattori da tenere imprescindibilmente presenti: a) “l’interpretazione deve attenersi al senso letterale, cioè al singolo significato letterario che ogni brano porta con sé”; b) “Il senso letterale di ogni brano va ricercato con il metodo storico-grammaticale, cioè chiedendosi quale sia il modo linguisticamente naturale di comprendere il testo nel suo contesto storico”; c) “L’interpretazione deve attenersi al principio dell’armonia del materiale biblico”; d) “L’interpretazione deve essere canonica, vale a dire che l’insegnamento della Bibbia nel suo complesso deve essere sempre considerato come il quadro entro il quale la nostra comprensione di ogni particolare passaggio deve essere raggiunta e in cui deve essere finalmente inserita”. A proposito di quest’ultimo, è di imprescindibile importanza avere le lenti cristologiche che permettono di collocare i singoli passi nella cornice della centralità di Gesù Cristo in tutto il canone scritturale.
Sono certo che i credenti evangelici che si interesseranno a sufficienza alla Dichiarazione da leggere i suoi 25 articoli, si identificheranno nelle sue affermazioni e negazioni. Essa non è stata pensata e redatta come confessione di fede di una specifica denominazione, data anche la varietà ecclesiale dei partecipanti, ma cerca, come le altre due del 1978 e 1986, di chiarire le basi, le direttrici e le questioni intorno al principio biblico del Sola Scriptura. La preghiera dei redattori, che diventa anche la nostra intercessione, è che “Dio utilizzi il risultato dei nostri sforzi diligenti per consentire a noi e agli altri di essere in grado di tagliare rettamente la parola della verità” (2 Timoteo 2,15).