Comunicare a distanza? Vantaggi e rischi del dialogo nell’era digitale
La vita sociale è sempre più caratterizzata dal digitale. Nessuno può negare la sua utilità perché consente di gestire flussi di informazioni di qualsiasi genere da un capo all’altro del mondo in tempo reale. Soggetti privati, aziende ed Enti si relazionano in tale maniera, avendone vantaggi di vario genere. Per certi aspetti si velocizza tutto: colloqui di lavoro, corsi scolastici ed universitari si fanno on line. Anche i contatti sono velocizzati con WhatsApp che consente, con brevi frasi ed emoticon, di scambiare notizie, foto, saluti ecc.
Sherry Turkle, sociologa e psicologa americana, ha scritto vari libri che illustrano l’impatto dei social nelle relazioni umane. Nel 2016 ha pubblicato La conversazione necessaria. La forza del dialogo nell’era digitale con Einaudi in cui prospetta anche i danni che i social causano nelle relazioni umane se il loro usa fa diminuire le conversazioni. Certamente fa bene a non demonizzare la tecnologia in quanto tale, ma denuncia che vi è una perdita di vere relazioni se non accompagnate da conversazioni reali. Basandosi su dati statistici, Turkle rileva che la tecnologia conquista sempre più spazio ed il rapporto a tu per tu è sacrificato.
La ricerca di Turkle illustra il problema: la perdita di dialogo interpersonale, vis-à-vis, sacrifica caratteristiche proprie dell’essere umano, determinando una vera e propria disumanizzazione, addirittura delle patologie. Chiusura in sé stessi, isolamento, “amici in comune” senza mai essersi conosciuti… c’è l’illusione di essere in contatto con tanti ma, in realtà, si è soli. Quante conseguenze negative si accumulano quando viene meno la conversazione tra coniugi, tra genitori e figli, tra fratelli della chiesa, tra amici? Sembra che sia in atto un processo evolutivo di disumanizzazione con perdita della valorizzazione dell’essere umano in quanto essere relazionale che conversa.
In prospettiva biblica, la conversazione è un dato insopprimibile dell’essere umano. La Genesi narra la creazione dell’uomo da parte di Dio che, imprimendo la sua “immagine e somiglianza”, rende Adamo ed Eva creature relazionali. Tra le persone create c’è legame, scambio, dialogo, comunione profonda. Occorre ricordare che l’essere umano non è qualcosa di astratto, né solo un insieme di cellule, né un’entità virtuale, ma una creatura corporale e sociale che necessita di interfacciarsi con altri. Innanzitutto, deve relazionarsi con Dio, con sé stesso, col prossimo e col resto del creato. L’incarnazione di Gesù Cristo è avvenuta in un corpo: la sua persona si è relazionata con gli altri, parlando, ascoltando, interagendo. Sulla scia della missione di Gesù, la chiesa si è da subito costituita come comunità di credenti-in-relazione: celebravano, mangiavano, pregavano, vivevano insieme. La fede cristiana insiste sulla tangibilità della relazione e quindi sulla inter-personalità della conversazione.
Cosa ci dice tutto questo sui rischi del dialogo disincarnato nell’era digitale? Nel fascicolo “Etica e internet”, Studi di teologia – Suppl. N. 5 (2007) ci sono alcune piste di riflessione che è bene tenere presente e che la ricerca di Turkle, per quanto utile, non contiene. Può sembrare strano, ma anche l’era digitale e la tecnologizzazione della comunicazione hanno una loro teologia. Ad esempio, l’eccessiva dipendenza dal dialogo disincarnato e a distanza mostra una enfasi “gnostica”, cioè il disprezzo della dimensione corporale della vita umana. Mostra anche un’antropologia “isolata” che favorisce combinazioni virtuali che non prendono sul serio l’unità di corpo-anima delle persone. La prossimità viene reinterpretata come meno impegnata ed impegnativa, sempre fluttuante ed episodica, e non pattizia.
Dunque, relazioni più liquide e sfuggenti che solide. Non è forse questo un grave rischio? Così facendo si sacrificano sull’altare pagano della post-modernità valori e prassi che, invece, dovrebbero essere custoditi e praticati. Relazionarsi di persona, dialogare, parlarsi, ascoltarsi, discutere con passione, confrontarsi … e farlo come persone incarnate nel contesto di una relazione: sono aspetti da non sottovalutare perché patrimonio del nostro essere umani. Insomma, è bene comunicare un’emozione con un emoticon, meglio con una carezza.