Con una doppia mossa Francesco chiude l’era Ratzinger. Per ora
Papa Ratzinger (1927-2022) è morto solo sette mesi fa, ma si può dire che ieri (1 luglio) la sua era sia definitivamente archiviata, almeno nelle intenzioni del papa regnante. Con una doppia mossa che farebbe invidiare un abile giocatore di dama, papa Francesco ha messo la parola fine ad una presenza ingombrante del suo pontificato. In quanto “papa emerito” che viveva in Vaticano (una situazione mai accaduta prima nella millenaria storia della chiesa cattolica), Ratzinger costituiva una spina nel fianco di Francesco, anche se silenziosa almeno all’esterno. Lontano anni luce per formazione teologica e idee sulla chiesa, Francesco gli aveva assegnato il ruolo del “nonno saggio”: un modo vezzeggiativo per dire che si trattava di un vecchio ricco di memoria ma privo di prospettive future.
Ratzinger è morto a fine 2022, ma ieri anche la sua ombra si è ulteriormente allontanata dal Vaticano. La prima mossa di Francesco è stata quella di spedire il suo segretario, mons. George Gänswein, a Friburgo (Germania) senza incarichi. Lontano da Roma, privato di responsabilità ecclesiastiche. L’ultimo screzio tra lui e Francesco era stata la pubblicazione il giorno dopo i funerali di Ratzinger del suo libro Nient'altro che la Verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI, Milano, Piemme 2023, in cui Gänswein aveva chiaramente parlato dei dissapori tra i due papi. Francesco non aveva gradito né la tempistica né i contenuti. Ora Gänswein, che ha solo 66 anni (un’età “giovane” per la chiesa di Roma), ha ricevuto il contraccambio che ha il sapore della vendetta mangiata fredda: un biglietto di sola andata e un futuro senza incarichi. La coabitazione con Ratzinger e il suo “inner circle” è finita.
Ma c’è stata un’altra mossa in controtendenza rispetto all’età ratzingeriana. Prima di diventare papa, Ratzinger era stato il potente Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede (ex Sant’Uffizio). Diventato papa, a difesa della dottrina cattolica al suo posto erano stati nominati i cardinali Müller (tedesco) e Ladaria (spagnolo). Diversi per temperamenti, ma entrambi “conservatori” come Ratzinger. Il primo era stato suo studente, il secondo era stato segretario del Dicastero ai tempi di Ratzinger. Due “fedelissimi”. Non sono mancate occasioni di frizione: Müller aveva detto che papa Francesco necessitava di un “inquadramento teologico” e, a fronte di questa “offesa”, era stato prontamente destituito dal papa. Ladaria, gesuita come Bergoglio, ha tenuto una posizione più defilata e guardinga, ma certamente non in linea con l’evoluzione del papato di Francesco.
Ora, guarda a caso proprio lo stesso giorno dell’allontanamento dell’ex-segretario di Ratzinger, anche Ladaria, nominato da Ratzinger al Dicastero, è stato salutato per motivi di anzianità. Al suo posto Francesco ha nominato l’argentino Víctor Manuel Fernández. Non molto conosciuto nei circoli teologici internazionali, Fernández è però un fedelissimo di papa Francesco. Si dice che sia stato il ghost writer di Evangelii Gaudium, il manifesto programmatico del pontificato, di Amoris Laetitia, l’esortazione che contiene aperture verso l’inclusione eucaristica di persone in stati di vita “irregolari”, e di Laudato Sì’, l’enciclica sui temi ambientali. Praticamente tutti gli assi portanti del magistero di Francesco sono stati scritti in consultazione con Fernández. Lui, all’indomani di Evangelii Gaudium aveva scritto un libro che presentava al mondo il nuovo corso papale: Il progetto di Francesco. Dove vuole portare la Chiesa, Bologna, EMI 2014. Ora, questo interprete del pensiero di Francesco e lontanissimo da quello di Ratzinger, diventa Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, il massimo organo per la promozione della dottrina cattolica. Francesco ha un fedelissimo e “giovane” teologo (62 anni) in una posizione che può portare avanti il suo “progetto” anche quando lui non ci sarà più. Nell’ottica di Francesco, davvero un bel colpo.
In due mosse, Francesco ha scaltramente dato una picconata alla “romanità” della chiesa identitaria interpretata da papa Benedetto e ha messo a segno un punto a favore della “cattolicità” della chiesa fluida attuale, quella dove sono “fratelli tutti”. Pur fragile fisicamente, Francesco non è mai stato così forte come ora.