Definire il cattolicesimo romano (VIII): una religione confusa e distorta

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Siamo arrivati al termine del tentativo di definizione del cattolicesimo romano da un punto di vista evangelico. La breve descrizione-valutazione dell’universo cattolico romano è stata la seguente:  

Il cattolicesimo romano è una deviazione dal cristianesimo biblico

consolidatasi nei secoli

riflessa nell’introiezione dell’istituzione imperiale romana

fondatasi su una teologia antropologicamente ottimista e su un’ecclesiologia abnorme

definitasi intorno al suo sistema sacramentale

animata dal progetto cattolico (universale) di assorbire il mondo intero

risultante in una religione confusa e distorta.

Dopo aver sciorinato, ancorché brevemente, i vari lati della definizione, è ora di chiudere il cerchio cercando di addivenire ad una conclusione per quanto provvisoria. Cosa si può dire quindi sul costrutto dottrinale, sul vissuto devozionale, sull’impianto istituzionale del cattolicesimo che, per quanto fenomenologicamente complessi, formano un tutt’uno? Si può dire che il cattolicesimo romano sia, evangelicamente parlando, una religione confusa e contorta. 

Il suo “principio formale” non è la sottomissione alla Scrittura soltanto, ma ad un’accezione della Parola di Dio in cui la Scrittura è a fianco della Tradizione della chiesa e finisce per essere sotto il magistero ecclesiastico. Non avendo la Scrittura come istanza ultima cui sottostare, il cattolicesimo non può che essere biblicamente confuso, contorto, ambiguo e, in ultima istanza, errato. Ogni suo uso della Scrittura, per quanto linguisticamente aderente alla Bibbia perché ne mutua le parole, è attraversato da una ribellione ad essa che ha introdotto e consolidato nel suo sistema un principio contrario alla Parola di Dio.

Il suo “principio materiale” non è la grazia di Dio soltanto che salva il peccatore in sé stesso perduto, ma un sistema sofisticato che fonde la grazia divina con le prestazioni della persona mediate dalla recezione dei sacramenti della chiesa. Il cattolicesimo parla di “peccato”, “grazia”, “salvezza”, “fede”. Usando queste parole, le impiega non secondo il loro significato biblico, ma piegandone il senso secondo il proprio sistema sacramentale. Le parole sono le stesse ma, non essendo sottoposto alla Scrittura, l’orizzonte del loro senso è gravido di deviazioni interne che le rendono foneticamente uguali e teologicamente diverse dalla fede cristiana.

La distorsione del cattolicesimo rispetto alla fede biblica si esprime in tanti modi. Alcuni di essi sono espliciti e palesi, come nel caso dei dogmi mariani privi di sostegno biblico, come nel caso dell’istituto del papato che è figlio dell’impero romano, come nel caso di devozioni che danno una patina di vago cristianesimo a credenze e pratiche pagane. Altri sono più sottili e sofisticati, come nel caso di “sviluppi” dottrinali che si sono sedimentati su basi che in principio erano sane e che le hanno trasformate in piattaforme scivolose. 

Si pensi al lascito trinitario della fede professata nei primi credi della chiesa cristiana. Come si esprime il documento “Orientamenti evangelici per pensare il cattolicesimo romano” (1999) dell’Alleanza Evangelica Italiana, “Il consenso dottrinale esistente tra cattolici ed evangelici sulla base della comune adesione ai credi e ai concili dei primi cinque secoli della chiesa cristiana non costituisce una base sufficiente per dichiarare che esista un accordo su tutti gli elementi essenziali del vangelo. Oltre a ciò, gli sviluppi dei secoli successivi in seno al cattolicesimo inducono a pensare che tale consenso sia più formale che sostanziale. Il discorso può essere esteso alle convergenze tra evangelici e cattolici che spesso si registrano su temi etici e sociali. Questa somiglianza di vedute ha origine nella grazia comune e nell’influenza sulla cultura che il cristianesimo ha avuto nel corso della storia. Dato che teologia ed etica non possono essere separate l’una dall’altra, non si può affermare di condividere la stessa etica ma non la medesima teologia. Pertanto, non essendoci unità nelle verità fondamentali del vangelo, anche l’accordo sulle questioni etiche, pur esistente sotto certi aspetti, è più formale che sostanziale” (n. 9). 

Non tutti i cattolici sono coerenti col loro sistema di riferimento ufficialmente scolpito nell’insegnamento del Catechismo della chiesa cattolica (1992) e vissuto nella prassi della Chiesa di Roma. Per questo, non tutto quello che il sistema cattolico prescrive è creduto e vissuto da tutti coloro che si rifanno in qualche modo all’identità cattolica. Queste persone, come tutte le donne e gli uomini, sono chiamati a tornare a Dio Padre che si è manifestato nella persona e nell’opera di Gesù Cristo nella potenza dello Spirito Santo per essere salvati e per re-imparare a vivere sotto l’autorità della Bibbia per la gloria di Dio soltanto.