Dieci anni di papa Francesco. Roma non è mai stata così “cattolica”
(Intervista a) Leonardo De Chirico
Sono passati dieci anni da quando Jorge Mario Bergoglio fu eletto papa e si affacciò dal balcone di San Pietro con il nome di Francesco. In occasione del decennale, Leonardo De Chirico è stato intervistato da Evangelical Focus e Protestante Digital. Questa è una versione italiana dell’intervista.
- Dieci anni dopo, quale sintesi possiamo fare del pontificato di Francesco?
Ci sono diversi punti di vista che potremmo prendere per valutare i 10 anni del suo pontificato. Eccone tre. Dal punto di vista globale, Francesco è stato eletto per distogliere l'attenzione della chiesa cattolica romana dall'occidente secolarizzato (dove il cattolicesimo romano è in declino) verso il Sud del mondo (dove in alcuni luoghi come l'Africa ha potenziale di crescita). I suoi 40 viaggi internazionali testimoniano la sua attenzione per i paesi africani e asiatici. Anche le nomine dei cardinali sono avvenute seguendo un criterio simile. Sotto Francesco il centro di gravità del cattolicesimo si è spostato verso il Sud del mondo.
Dal punto di vista dottrinale, le sue tre encicliche (es. Laudato si' e Fratelli tutti) e le sue esortazioni apostoliche (le più importanti sono La gioia del Vangelo sulla missione e Amor laetitia sulla famiglia) indicano uno spostamento del magistero cattolico verso una maggiore cattolicità (cioè inclusivo, coinvolgento, focalizzato su questioni sociali) e una minore “romanità” (cioè centrato sui tratti distintivi cattolici). Francesco ha abbassato i tradizionali marcatori di identità cattolica romana (sacramenti, gerarchia) affinché tutte le persone (praticanti, non praticanti, credenti, non credenti, persone con stili di vita "disordinati") siano incluse e sentano di "appartenere" alla chiesa. Quando Francesco parla di “missione” ha in mente questo senso di inclusione, a prescindere dai criteri evangelici. Sotto Francesco la Chiesa cattolica romana è diventata più “cattolica” che mai nella sua lunga storia. Tuttavia, nonostante la sua inclusività, le chiese cattoliche sono vuote e in Occidente i numeri sono in calo.
Dal punto di vista organizzativo, il papa ha avviato il processo “sinodale” per cui vuole che la sua Chiesa sia meno centralizzata e con più partecipazione dalle periferie. La Germania lo ha preso sul serio (forse troppo sul serio!) e il suo cammino “sinodale” avanza proposte come la benedizione alle relazioni omosessuali e l'ordinazione delle donne al sacerdozio. Entrambe le misure sono considerate dirompenti. Se, da un lato, Francesco sembra impegnato nella sinodalità, dall'altro il suo stile di guida appare accentratore, lunatico e imprevedibile.
- Sembra che il suo pontificato abbia evidenziato in modo particolare le differenze all’interno della Chiesa cattolica. In che misura la Santa Sede è più polarizzata che mai?
Ogni papa ha avuto i suoi nemici interni. Giovanni Paolo II non piaceva ad alcuni ambienti progressisti. Benedetto XVI veniva criticato ogni volta che parlava. Francesco ha ricevuto reprimende da cardinali, teologi e settori importanti del cattolicesimo romano, soprattutto negli Stati Uniti ma anche in Australia (ad esempio il defunto cardinale Pell) e Germania (ad esempio il cardinale Müller). Questi ambienti sono preoccupati per l'erosione dell'identità cattolica romana basata su dottrine e pratiche tradizionali che vengono sostituite con un tipo di mentalità dove siamo "tutti fratelli" e dove quasi tutto va bene. Qualche cattiva gestione da parte di Francesco nelle decisioni finanziarie e di leadership ha anche creato un'atmosfera di sfiducia in Vaticano.
- L’incerta situazione finanziaria della Banca Vaticana; questioni come il matrimonio tra persone dello stesso sesso; l'apertura del sacerdozio alle donne, ecc. Sembra che Francesco non abbia davanti a sé un pontificato facile. Quali sono le sfide principali su cui pensi si concentrerà?
Nel 2023 e nel 2024 convocherà il Sinodo sulla sinodalità e credo che questo sarà il banco di prova di tutto il suo pontificato. Alcune proposte provenienti non solo dalla Germania, ma da altre province cattoliche romane, vogliono apportare cambiamenti radicali su alcuni dei tradizionali segni identitari della Chiesa (ad esempio: visione della sessualità, accesso ai sacramenti, sacerdozio). Sfortunatamente, nessuno di loro indica che ci sia un movimento "evangelico" nella Chiesa romana. Tutti mirano a rendere la chiesa più “cattolica” ma non sono aperti a una riforma biblica. Francesco ha portato la sua Chiesa in un momento in cui è necessario prendere delle decisioni. Da buon gesuita, finora ha resistito a prendere decisioni, essendo più disposto ad attivare processi a lungo termine.
- Anche a livello politico, il pontificato di Francesco non è privo di sfide. Ha appena compiuto un viaggio nella Repubblica Democratica del Congo e nel Sud Sudan per chiedere la pace in due territori dove da decenni infuria la guerra. Lo abbiamo visto parlare dell'Amazzonia, del cambiamento climatico e della guerra in Ucraina. In che misura si va sempre più definendo il ruolo di mediatore internazionale del Vaticano?
Francesco è diventato il portavoce delle religioni del mondo su questioni come le migrazioni, l'ambiente e la pace, meno su questioni come la protezione della vita. Tutto questo nel contesto della sua comprensione del dialogo interreligioso. Il suo “Documento sulla fraternità umana” (2019) firmato con i leader musulmani incarna la sua insistenza sull'intera umanità fatta di “fratelli e sorelle” che sono chiamati a camminare, lavorare e pregare insieme a prescindere dalla fede in Cristo. Certo, il ruolo politico del Vaticano è diventato più rilevante e centrale; il suo profilo teologico ha perso ulteriormente il carattere distintivo cristiano.
- Per quanto riguarda i rapporti con le altre confessioni religiose, il pontificato di Francesco è segnato dalla mentalità “Fratelli tutti". Quali sono le implicazioni del suo rapporto con le altre religioni e cosa possiamo ancora aspettarci?
Francesco ha ridefinito senza mezzi termini cosa significa essere “fratelli e sorelle”. Ha esteso la “fraternità” a tutti coloro che vivono “sotto il sole”, cioè “l'unica famiglia umana”. Musulmani, buddisti, agnostici, atei, protestanti… sono tutti “tutti fratelli”. Questa è la sua interpretazione di ciò che il Vaticano II intendeva con la Chiesa come "sacramento dell'unità tra Dio e gli uomini" (Lumen Gentium 1). La ridefinizione di cosa significhi essere fratelli e sorelle è un tentativo di offuscare ciò che la Bibbia si aspetta che distinguiamo. La nostra comune umanità prende il posto della connotazione spirituale dell'essere “in Cristo” come fondamento della fraternità condivisa. Francesco spinge questo approccio non biblico nei suoi sforzi ecumenici e nelle sue iniziative interreligiose. Contrariamente a quanto pensa Francesco, non c'è motivo di stravolgere le parole chiare della Scrittura: la fraternità è una relazione condivisa da coloro che sono “in Cristo”. Inoltre, la prossimità biblicamente definita è più che sufficiente per promuovere l'impegno civico e la convivenza pacifica con tutti gli uomini e le donne. Gli evangelici dovrebbero essere consapevoli che quando Francesco parla di “unità” non ha in mente l'unità nel Vangelo, ma l'unità dell'intera umanità.