Sorpasso evangelico (sui cattolici) in America centrale. E non accade solo lì
Ci sono più evangelici che cattolici in America centrale. Un articolo di Christianity Today riporta recenti studi da cui si evince che l’America Centrale, da sempre considerata a maggioranza cattolica, ha visto recentemente la popolazione che si autodefinisce evangelica superare quella che si riconosce nel cattolicesimo. Più di un terzo della popolazione di Guatemala, Honduras, El Salvador, Nicaragua, e Costa Rica si definisce evangelica o appartenente a chiese non denominazionali, mentre fino almeno agli anni 70 il cattolicesimo era la religione di maggioranza. I cattolici si sono dimezzati negli ultimi 50 anni: erano il 60% allora, ora sono sotto il 30%.
Alcuni osservatori hanno attribuito questo cambiamento ai conflitti interni e alle difficoltà della Chiesa Cattolica che appoggia ideologicamente ora i settori tradizionalisti (destra) ora quelli rivoluzionari (sinistra) lasciando sgomenta la società. Altri parlano della capacità della fede evangelica di generare una reale trasformazione che riorienta la vita in contesti sociali difficili.
Non tutti gli osservatori sono benevoli nei confronti della crescita del movimento evangelico e molti ne denunciano le conseguenze nelle scelte politiche più conservatrici che i governi adottano. Sta di fatto che anche le voci più critiche non possono fare a meno di notare che la crescita sia dovuta a pratiche socialmente positive. I leader evangelici, infatti, vivono con le loro famiglie nelle comunità e le servono senza distinzione tra clero e laici, ne incontrano i bisogni pratici e reali generando senso di comunità e vicinanza. Una particolare menzione viene fatta riguardo all’uso dei media che gli evangelici sembrano aver imparato ad usare con padronanza per veicolare il messaggio del Vangelo.
I numeri dicono tanto, ma non tutto. Ora che gli evangelici sono la maggioranza del continente centro-americano, ci saranno conseguenze nella società, nella politica, nella cultura, nell’economia? I cambiamenti si vedranno anche sul piano strutturale o rimarranno una verniciatura “spiritualista” senza grandi conseguenze sulla vita centro-americana? Si avvieranno processi di formazione e di maturazione verso vissuti di cristianesimo biblico integro? E poi, che dire della piaga del vangelo della prosperità , così diffusa anche in Centro-America, che dissemina una versione deviante di fede evangelica?
Questo per dire che non è tutto oro quello che luccica. Detto questo, sono da registrare almeno due dati:
1. Gli evangelici crescono erodendo il numero dei cattolici. Ciò accade in America Centrale ma accade in tutto il mondo. A dispetto della strategia ecumenica di papa Francesco e del cattolicesimo che tende a bloccare l’emorragia dei cattolici nominali verso le chiese evangeliche, esse crescono per “conversione” di ex-cattolici alla fede. Non sorprende che il papa e l’establishment ecumenico stigmatizzino questi fenomeni come “proselitismo”, bollandoli come brutti e cattivi. Di fatto, però è la dinamica della fede evangelica a risultare attrattiva verso persone per cui il cattolicesimo risulta essere un involucro vuoto o riempito di pratiche e credenze in cui non si riconoscono più.
2. Curiosamente, mentre emergono questi dati sulla crescita degli evangelici in Centro-America, in un articolo sul numero di marzo di Confronti (“Tramonto del protestantesimo?”), il teologo valdese Fulvio Ferrario si chiede se il protestantesimo storico (non evangelicale) a livello globale sia in una fase di declino irreversibile. Riconosce la crescita degli evangelicali a tutte le latitudini del mondo e osserva il pendio scivoloso in cui il protestantesimo storico si trova. Chissà se l’analisi di questi dati porterà a qualche riflessione critica ed auto-critica. I dati che vengono dal Centro-America sono dentro una tendenza crescente che vede lo spostamento verso l’evangelicalismo del baricentro spirituale del cristianesimo e verso il sud del mondo quale centro geografico dello stesso.