Dimmi come lavori e ti dirò chi sei. Il “buon lavoro” ad Avellino e Salerno
Che il lavoro abbia un ruolo importante nella vita lo sappiamo bene, ma la domanda è: come lavoriamo? Per alcuni il lavoro è una necessità, un mezzo di sopravvivenza o di soddisfazione dei propri bisogni. Per altri è l’unico mezzo per realizzare sé stessi.
Per altri un diritto da rivendicare. Per altri invece una sofferenza e una continua frustrazione. Ad ogni modo, il modo in cui lavoriamo dice molto di noi. Si potrebbe dire: “dimmi come lavori e ti dirò chi sei”.
Vero è anche che l’ambiente di lavoro, qualunque esso sia e ad ogni livello, porta con sé sfide da affrontare. E’ un mondo dove intrecciamo relazioni tra colleghi, responsabili, venditori e acquirenti, oltre che ad assorbire buona parte della vita. Poi è inserito in dinamiche economiche e culturali più ampie che lo rendono un’arena impegnativa. Davanti alle sfide che il lavoro ci mette davanti, come rispondiamo?
In genere, di lavoro nelle chiese evangeliche non si parla, se non nelle conversazioni dei corridoi dove semmai ci si lamenta dei propri problemi. Difficile trovare una cultura del lavoro evangelica insediata nell’insegnamento, nella pastorale, nel discepolato.
La tendenza è quella di subire il lavoro secolare o immergersi del tutto in esso. Oppure sognare di fuggire il lavoro secolare per dedicarsi al lavoro “a tempo pieno”, come se facendo il pastore o il missionario full-time si possa servire meglio il Signore e trovare l’idillio della vita.
Pur consapevoli che il lavoro è caratterizzato da complessità, la prospettiva biblica incoraggia ad abitare il lavoro in quanto una benedizione. Questa è stata l’enfasi posta nei due seminari “Buon lavoro” a cura dell’ICED di Roma tenuti a Salerno e ad Avellino (15 e 16 novembre) a cura di Liberato Vitale.
Il seminario è stato un momento di formazione e di edificazione per i partecipanti, anche per la messa a disposizione del fascicolo “Buon lavoro”, Studi di teologia – Suppl. N. 18 (2020) che approfondisce i contenuti presentati.
La fede evangelica può dire qualcosa sul lavoro? Sì! La visione biblica del mondo ha una buona notizia anche per il lavoro: esso è una benedizione di Dio per la nostra vita e, pur se rotto a causa del peccato, può essere vissuto alla luce della redenzione del Signore Gesù.
E’ quindi possibile abitarlo e viverlo in modo guarito nonostante tutti gli stress-test a cui ognuno di noi è sottoposto.
Presentando una cornice trinitaria, il seminario ha dato enfasi al lavoro perfetto di Dio Uno e Trino, archetipo di lavoratore per eccellenza. Il Dio della Bibbia è stato il primo lavoratore, lo ha dimostrato nella creazione del mondo e lo dimostra costantemente nella provvidenza.
Nella sua opera di salvezza, Dio Figlio ha compiuto l’opera (il lavoro!) della redenzione. Dio è sempre all’opera e a lavoro. Dio Spirito Santo opera (lavora!) costantemente.
Il lavoro è sempre qualcosa di buono e utile, visto che l’uomo e la donna sono stati creati ad immagine di Dio. Ne consegue che anche il lavoro di ognuno deve assomigliare, o comunque rimandare, a quel lavoro perfetto che Dio ha svolto e svolge. Non uguale ma qualcosa di simile.
A causa del peccato, tuttavia, questa benedizione è stata corrotta. Il lavoro è caratterizzato da “spine e rovi” e da “sudore della fronte”. Detto questo però, il lavoro non è una maledizione a cui non c’è rimedio. Cristo è venuto anche per redimere il lavoro. Il lavoro diventa per i credenti un campo di vocazione e di missione.
Esso è un luogo da abitare in modo responsabile: profeticamente, regalmente e in modo sacerdotale (1 Pietro 2,9).
Il seminario ha offerto piste per poter applicare il “buon lavoro” rilanciato dall’evangelo nelle situazioni difficili in cui tutti noi lavoriamo.
Come vuol dire essere profeti sul posto di lavoro e nel mondo del lavoro? Come essere “sacerdoti” con i colleghi? Come vivere la regalità negli affari, nelle relazioni e nella costruzione di un modo rinnovato di lavorare?
Queste sfide sono acute, soprattutto nelle città del meridione d’Italia dove il lavoro spesso s’interfaccia con il mondo del “nero” oppure si affloscia nelle presunte certezze del “posto fisso”. Può la fede evangelica ravvivare lavoratori e rilanciarne la produttività e la visione d’insieme?
Il seminario ha aperto delle finestre che vanno perseguite. Siamo stati incoraggiati a non essere passivi, fatalisti o disinteressati nei confronti delle problematiche del lavoro, ma a viverle con e per l’evangelo, integrando il lavoro nel mondo in cui viviamo la nostra fede.
La prospettiva evangelica offre la possibilità di vivere il lavoro in modo biblicamente equipaggiato. Ogni credente può vivere la vocazione lavorativa che il Signore dà senza essere sopraffatto dalle ingiustizie, storture e complessità che ci sono e che vanno affrontate.
Solo così è possibile vivere l’Evangelo in modo integro e avere una prospettiva diversa del lavoro guidato e benedetto da Dio.