Parthenope. Oltre il film di Sorrentino

 
 

Non si può negare che la città di Napoli stia vivendo un suo rinascimento. Per qualche motivo, la sua bellezza, la sua intensità e le sue note contraddizioni stanno diventando sempre più attraenti per chi di Napoli non è. Riempitasi di strutture ricettive, la città ogni giorno vede arrivare in massa migliaia di turisti pronti ad immergersi in un mondo che non somiglia a nulla fuori da Napoli. 


A contribuire a questo rinascimento sicuramente sono anche le opere di molti artisti che di questa città hanno provato più volte a fornirne un ritratto. Il film Parthenope di Paolo Sorrentino è solo l’ultima opera in termini cronologici (si pensi al film E’ stata la mano di Dio, 2021) ad inanellarsi in questa lunga scia, ma la sua risonanza a livello nazionale, e non solo, sta offrendo molti spunti di riflessione e strascichi di polemiche. 


Il film Parthenope è complicato da interpretare e lascia un sapore amaro in chi lo guarda. Il noto tratto sorrentiniano fa muovere la non-trama su piani diversi e paralleli che però spesso si sovrappongono, in un intreccio vorticoso che restituisce emozioni forti e permeanti prima ancora che riflessioni consapevoli.


Le chiavi di lettura e le interpretazioni dell’opera cinematografica sono molteplici e tutte plausibili. Secondo il regista, infatti, le sue opere sono un dialogo aperto con lo spettatore: chi guarda può colmare di senso quello che vede. 


Per raccontare la sua città d’origine, il regista ha scelto l’espediente della personificazione della città in una donna seguendone il percorso di vita attraverso il ricordo ormai adulto della stessa. 


Se si tralasciano gli aspetti della vita di Parthenope-donna, che pure hanno suscitato interesse perché interpretati come percorso non semplice di emancipazione di una donna dalla seconda metà del secolo scorso in poi, ci si può spostare sul piano di Parthenope-Napoli e quello che emerge è una riflessione sulla città che lascia tanti interrogativi.


Napoli-Parthenope è una città dalla potenza seduttiva dirompente. Chiunque le posa gli occhi addosso non può fare a meno di restarne incantato, attratto, interessato. Non è solo bella, ma anche piena di intelligenza e contenuto. E’ anche tormentata dalla continua ricerca di senso e identità. La Napoli che nasce nel mare di Posillipo e che passa la sua infanzia affacciata sul golfo godendone lo splendore, ha già in sé i germi della corruzione. A battezzarla è infatti o’ comandante, figura assimilabile all’armatore monarchico Achille Lauro, che negli anni ‘50 aveva governato la città instaurando un modello di politica personalistica basato sulla corruzione e sulla confusione amministrativa che di Napoli sono forse il tratto più noto. 


In seguito, Parthenope-donna subirà il trauma della perdita del fratello e, accavallandosi con il trauma del terremoto per Parthenope-Napoli, lascerà la casa della sua famiglia d’origine, una volta residenza ricca e aristocratica, ora diventata un cumulo di macerie. Le ferite della città non vengono risanate, ma ci si vive sopra con la caratteristica rassegnazione napoletana. Il racconto prosegue con una Parthenope-Napoli che vede la sua bellezza provata man mano che si confronta con l’oscenità della criminalità organizzata di cui è costretta a guardare le pratiche abominevoli e con rapporti promiscui che intrattiene con una religiosità superstiziosa, corrotta e ingannevole. Scene fortissime del film mostrano una Napoli aberrante e oscura che contrastano con quella di Posillipo piena di luce e vitalità.


Parthenope-Napoli non si lascia afferrare da nessuno. Vive una vita libera e spregiudicata che provoca effetti irreversibili in chiunque abbia a che fare con lei. Nessuno la dimentica, eppure lei non offre mai nulla e proprio chi la ama di più è costretto a sfuggirle, lasciarla, allontanarsi da lei. 


L’unico ambiente sano in cui Parthenope esprime a pieno la sua identità è quello intellettuale dell’università, dove viene presa in considerazione e apprezzata per le sue doti intellettuali piuttosto che per la sua bellezza seducente e inafferrabile. Parthenope mostra un’intelligenza vivace e brillante piena di potenziale. Nonostante ciò, la vita intellettuale viene a più riprese interrotta e corrotta da incontri con la Napoli decadente e decaduta. 


Il racconto, per quanto estetizzato ed esasperato, è lo sguardo che molti hanno sulla città, soprattutto di chi da Napoli è andato via e continua ad osservarla da lontano con amore ma anche con amarezza. Guardando alla città attraverso le lenti di Sorrentino, sembrerebbe plausibile pensare a una rinascita e ad un cambiamento attraverso la cultura veicolato da quella parte della città da sempre caratterizzata da grandi pensatori e brillanti intellettuali. Sembrerebbe essere quella la via di fuga e l’uscita dal tunnel delle aberrazioni degradanti per la città.


A giudicare dalle cronache recenti però, più che di un rinascimento turistico o culturale, Napoli ha bisogno, come ogni altro posto del mondo, di una riforma radicale. La città, infatti, mentre si gode la sua rivalutazione e una ritrovata vitalità, continua a essere luogo di crimini efferati, soprattutto tra i più giovani. Sorrentino ne tratteggia bene gli idoli, le difficoltà e ne esalta alla massima potenza tutta la bellezza e la potenzialità, ma non esprime quale potrebbe essere il motore per allontanarsi dai primi e valorizzare le seconde.


La presenza evangelica a Napoli è più capillare che in altri posti d’Italia e la nascita di molte chiese evangeliche dalla seconda metà dell’800 in poi mostra l’apertura e la disponibilità della città. Eppure, come sottolineato da Sorrentino, la napoletanità spesso è un tratto culturale totalizzante capace di resistere ad ogni forma di cambiamento e che anzi “napoletanizza” ogni possibile nuovo slancio. 


Da napoletana trapiantata altrove, mi auguro per Napoli una riforma in città che ne esalti i pregi e che ne ridimensioni i tratti abominevoli. La testimonianza evangelica deve avere l’ambizione di non essere sopraffatta da una cultura seducente, ma interpretare lo slancio e la speranza di una riforma evangelica. Non è guardandosi dentro che Parthenope potrà cambiare. Una riforma secondo il Vangelo può farlo.