Dopo le dimissioni dell’arcivescovo Welby. Due riflessioni sulla chiesa d’Inghilterra

 
 

La notizia è arrivata attutita in Italia, tradizionalmente poco interessata all’attualità religiosa internazionale, ma ha fatto clamore nel mondo anglofono. L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, capo della chiesa d’Inghilterra e primate della comunione anglicana nel mondo, si è dimesso. Il motivo riguarda il comportamento omissivo nei confronti di un abusatore seriale che per decenni ha distrutto vite di bambini che frequentavano i campi estivi di un’organizzazione ecclesiastica anglicana. In sostanza, Welby, pur conoscendo bene il tizio e pur essendo venuto a conoscenza dei crimini da lui commessi, non lo ha denunciato alle autorità giudiziarie, ma ha tenuto un comportamento omertoso. Quando un’indagine indipendente ha reso pubblici i misfatti pochi giorni fa, l’opinione pubblica si è giustamente indignata e la posizione dell’arcivescovo ha iniziato a traballare sino a dover rassegnare le dimissioni.


Due commenti a caldo.

1. Lo scandalo degli abusi sessuali sui minori ha dapprima investito la chiesa cattolica: dall’Irlanda alla Germania, dagli Stati Uniti al Canada, dall’Australia alla Spagna (ma non ancora all’Italia), sono emersi decenni di abusi su soggetti vulnerabili. Il papato di Benedetto XVI è stato travolto anche dallo tsunami da esso generato. Poi è stata la volta delle grandi chiese protestanti: quella luterana in Germania, ad esempio. Poi è stata la volta delle chiese evangeliche: da denominazioni come la Southern Baptist Convention a chiese specifiche come Hillsong a Sydney. Gli abusi e la cultura di omertà sono stati tollerati in modo trasversale, dando una pessima testimonianza al mondo intero. All’inizio si poteva pensare che il fenomeno riguardasse solo o principalmente il mondo cattolico, ma non è così. Tutti o quasi i settori della cristianità sono implicati in modi diversi. Nessuno può dirsi innocente. La credibilità delle istituzioni ecclesiastiche e dello stesso messaggio cristiano sono stati minati, con il risultato di far aumentare in modo esponenziale lo scetticismo diffuso e il distacco crescente (ad esempio, visibile nella caduta libera della pratica religiosa e nel fenomeno del “de-churching”). 


Nello specifico del caso inglese, Welby è un arcivescovo che era stato eletto in quota evangelico-carismatica, vicino alla chiesa Trinity Brompton (quella del corso Alpha, per intenderci). Ciò per dire che proveniva dagli ambienti evangelicali. Il suo operato si è concluso con le dimissioni a seguito di questa tragica omissione. Non si può dire che il suo bilancio precedente sia stato evangelicamente sostenibile. Infatti, Welby è stato l’arcivescovo che ha facilitato il riconoscimento delle unioni omosessuali nella chiesa d’Inghilterra e, recentemente, di tutte le relazioni “stabili” anche se non matrimoniali. Per molti evangelici anglicani, si è trattato di un cedimento a posizioni contrarie alla Bibbia e ai documenti storici dell’anglicanesimo. Il risultato è che la comunione anglicana è spaccata e anche la chiesa d’Inghilterra è spezzata. Il suo è stato l’epilogo drammatico di un ministero pessimo.


Dagli Anni Settanta, per la precisione dal 1977 a Nottingham, anche su incoraggiamento di John Stott, gli evangelici anglicani hanno provato a entrare nelle dinamiche dell’istituzione ecclesiastica scalando le posizioni della gerarchia: questo per influenzare da dentro la chiesa d’Inghilterra. Risultati? Gli evangelici hanno avuto l’arcivescovo di Canterbury George Carey (1991-2002), sotto il quale, peraltro, la chiesa d’Inghilterra ha introdotto il pastorato femminile (non proprio una posizione tipica della fede evangelica storica) senza per questo imprimere una svolta evangelica alla chiesa. Poi è stato il turno di Welby, evangelico carismatico, con i risultati disastrosi già accennati. Si può dire allora che le dimissioni di Welby sono anche l’occasione per gli evangelici della chiesa d’Inghilterra di rivedere il senso della loro appartenenza ad una chiesa che è tutto e il contrario di tutto: cattolica, liberale, carismatica, evangelica, in balia di ogni corrente alla moda… evidentemente senza la possibilità di essere riformata. Tornerà attuale l’appello del 1966 di Martyn Lloyd-Jones di lasciare la chiesa d’Inghilterra di aprirsi ad un cammino ecclesiale diverso?


2. La dimissione di Welby ha rimesso in moto anche il meccanismo di selezione del successore. E qui si entra nei meandri delle discipline di una chiesa che è intrecciata allo stato nella forma dell’“establishment” anglicano. Per un evangelico medio, leggere che il Primo Ministro della Gran Bretagna riceve una rosa di nomi da cui deve sceglierne uno da presentare al Re perché quest’ultimo lo nomini, fa entrare nel mondo dell’anglicanesimo che è figlio di una storia prima di tutto politica, poi nazionale oltreché ecclesiastica. Ora, il Primo ministro britannico attuale, Keir Starmer, è un ateo confesso. Il Re Carlo III è un universalista pan-religioso. Cosa c’entrano due non credenti o miscredenti con la nomina di un leader della chiesa? Ad un osservatore evangelico esterno, il sistema mostra tutta la sua assurdità. Un ateo sceglie il candidato affinché un mistico/pluralista lo nomini! Siamo davvero fuori da ogni benché minimo criterio di plausibilità biblica.


In un tempo in cui il regime di cristianità ammantava tutta la società, si poteva dare per scontato che tutte le persone fossero “cristiane” in qualche modo. Il mondo è cambiato e la situazione attuale dell’Inghilterra ne è uno spaccato rilevante. Forse le tragiche dimissioni di Welby potranno essere l’occasione per gli evangelici anglicani inglesi di mettere in discussione il sistema dell’“establishment” alla radice per aspirare ad un modello di chiesa che sia più prossimo all’insegnamento della Bibbia: la chiesa è indipendente dallo stato e viceversa. Pertanto, nel riconoscimento dei pastori e conduttori, lo Stato non deve avere alcun ruolo. Punto. Più che puntare ad avere posti di potere in una istituzione ecclesiastica sempre più indifendibile, non potrebbe essere questo il contributo che gli evangelici anglicani potranno dare in questa fase confusa ed incerta?