Dio è sessista?

 
 

Dio è sessista? La domanda suona stonata e fuori luogo; eppure, nella sensibilità contemporanea, sempre più spesso, non solo viene posta, ma risulta avere anche una risposta positiva. Non è infatti difficile imbattersi in sostenitori dell’idea che i sistemi religiosi, e tra questi anche il cristianesimo, abbiano contribuito a generare e mantenere sistemi culturali fondati sulla discriminazione delle donne. Il ragionamento va avanti così: insieme all’abbattimento del patriarcato, bisognerebbe auspicare anche la fine delle religioni.

Alcune autrici, si pensi a Michela Murgia, pongono problemi rispetto alla figura maschile di Gesù e dell’identificazione di Dio come maschio, scegliendo forme di spiritualità lontane dal cristianesimo biblico. Altri ancora hanno problemi con la chiesa o l’istituzione del matrimonio e i presunti ruoli marginali che le donne sarebbero costrette a vivere in questi ambiti.

Prendere questa domanda sul serio e avere una chiara idea di quale sia il piano di Dio per le donne e di quale sia il ruolo della donna nell’ordine creazionale, diventa una questione apologetica di rilievo per la visione cristiana del mondo. A questo proposito il volume di Kathleen Nielson, Dio e le donne. Domande difficili, meravigliose verità, Porto Mantovano, Coram Deo 2024, può essere utile. Il libro, di provenienza nord-americana, prova a rispondere alle domande più scomode sul ruolo della donna nella Parola di Dio. 

La creazione della donna dopo l’uomo in Genesi, le pratiche abominevoli usate verso le donne che chiunque incontra scorrendo l’Antico Testamento, alcuni passi ostici della legge mosaica, il doppiopesismo usato verso le donne quando si tratta di relazioni sessuali, il corpo che le donne portano e il peso che questo assume ed ha assunto nelle diverse società, il significato della sottomissione nel matrimonio e il divieto di assumere ruoli pastorali nella chiesa, sono alcuni temi “scottanti” toccati. 

Per Nielson, troppo spesso, nei discorsi sul sessismo si guarda indietro e si pensa ai tristi tempi antichi in cui le religioni dominavano la società e le donne erano maltrattate, abusate e discriminate, rendendo questa realtà un paradigma per immaginare un futuro ateo e conseguentemente roseo per le donne. Invece, probabilmente, il problema è che non si torna abbastanza indietro guardando alla storia. Per parlare di femminilità, infatti, secondo l’autrice bisogna tornare alla creazione, quando tutto fu creato secondo la perfetta volontà di Dio e ogni ordine fu istituito con saggezza. 

Considerando quanto la Bibbia insista sulla differenza dei due generi creati in principio, si evince che è una realtà non eludibile e che l’accento sulla femminilità e sulla mascolinità non sono costrutti culturali posticci. Maschio e femmina furono creati entrambi a immagine di Dio, ma diversi, e nonostante la diversità, entrambi furono considerati “molto buoni”. Partendo da qui, ogni possibilità discriminatoria, abusante, svilente per le donne viene spazzata via. 

Ovviamente non ci si può fermare a questo punto del racconto biblico e in Genesi 3 si trova l’inizio di ogni abuso e discriminazione. Benché nella storia spesso si sia fatto leva sul fatto che la donna sia stata sedotta dal serpente per giustificare un pregiudizio verso debolezza e la mancanza morale delle donne, l’autrice sottolinea come entrambi, l’uomo e la donna, siano venuti meno alle loro chiamate e siano caduti insieme.

Eva fu sedotta nei suoi desideri e Adamo venne meno nel suo ruolo di leader. Da quel momento il peccato ha inquinato tutte le relazioni uomo-donna e la donna, ogni donna, in quanto creata femmina, porta il peso del giudizio di Dio per il suo peccato: “Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà”.

Nonostante questo pesante giudizio sulla donna (e sull’uomo), il primo seme di speranza arriva già in Genesi 3,15 dove, con la maledizione del serpente, viene annunciata la nascita di un bambino che avrebbe posto fine a tutta la sofferenza. La speranza viene attraverso una donna!

Nonostante tutta la decadenza, la sofferenza, le brutture della storia umana successiva, questo barlume di grazia non è mai venuto meno nella storia del popolo di Dio. Nonostante le leggi e le pratiche stridenti per le nostre orecchie contemporanee, l’autrice mostra come il popolo di Dio scelto nell’AT, a prescindere dalle cadute e deviazioni, avesse leggi e usanze che si differenziavano dagli altri popoli nel trattare le donne. Il Dio della Bibbia, il Dio trino e creatore del cielo e della terra, non ha mai inteso generare un sistema di svalutazione della donna, e, anzi, ha donato leggi che mostrano la sua grazia per l’intera umanità composta da maschi e femmine. 

Per quanto il cristianesimo sia associato al patriarcato, la figura di Gesù stesso apre a un modo nuovo e rivoluzionario di pensare alle donne e al loro ruolo nella società. Per la Nielson, oltre i pregiudizi, la Bibbia racconta la storia della grazia di Dio. Il suo popolo è formato indistintamente da uomini e donne che, nelle loro differenze, possono godere dello stesso status di figli di Dio quando credono in Cristo.

Questo non semplifica i rapporti uomo-donna inquinati dal peccato, né invita a ignorare le differenze, ma spinge a vivere le proprie vite di uomini e donne guardando a Cristo. Le chiese possono essere state o essere tutt’ora un ambiente dove si vivono femminilità schiacciate e sfigurate. Ciò non è da imputare al cristianesimo in sé, ma alla scarsa recezione del messaggio biblico da parte dei credenti. Il libro non è solo apologetico (per i non credenti), ma è una catechesi per tutti gli evangelici affinchè impariamo dalla Bibbia un modo virtuoso di vivere la femminilità e la mascolinità.